per capirci

GIACOMO 1, 2-4

Fratelli, considerate come motivo di gaudio perfetto le diverse prove alle quali voi potete essere esposti, sapendo che la fede messa
alla prova produce la pazienza. E' necessario però che la pazienza compia perfettamente l'opera sua, affinché voi siate pure perfetti ed
integri, senza mancare in niente.(Giacomo 1; 2-4)

Emmanuel

sabato 17 ottobre 2015

Sulla formazione del canone del Nuovo Testamento e l'autorità della chiesa


Propongo a tutti i fratelli di questo nostro spazio, una riflessione riguardo la formazione del canone del Nuovo Testamento e il ruolo che la chiesa primitiva ebbe in tale circostanza.
Sappiamo bene che questo è solo uno dei numerosi motivi di scontro con i credenti cattolici. Secondo l'insegnamento cattolico infatti, il canone sarebbe stato fissato dalla Chiesa primitiva, l'unica che poteva stabilire se un libro fosse ispirato o meno. Quindi il Nuovo Testamento sarebbe il prodotto delle decisioni prese dalla comunità cristiana. In altre parole, l'autorità delle Scritture deriverebbe dall'autorità della Chiesa. La fissazione ufficiale del canone, sia dell'Antico Testamento che del Nuovo, risalirebbe al Concilio di Trento (dal 1545 al 1563).
Secondo l'insegnamento riformato invece, l'autorità delle Scritture è interna a loro stesse, ovvero non deriva dal riconoscimento di soggetti terzi, ma deriva direttamente da Dio e dal suo autore: lo Spirito Santo. Perciò alla comunità cristiana spetta il solo compito di "riconoscere" quali siano i libri divinamente ispirati.
Con lo scopo di riflettere su questo tema, che spero possa risultare interessante, e al tempo stesso rispondere all'accusa che viene rivolta ai cristiani riformati, ovvero che non possiamo non riconoscere l'autorità della chiesa (cattolica) se non vogliamo rigettare il Nuovo Testamento (che secondo loro oggi abbiamo grazie a loro), riporto quanto scrisse Calvino nell'opera Istituzioni di Religione Cristiana. Buona lettura.
P.S. Spero che si possa sviluppare una discussione pacata e mansueta, come lo Spirito richiede, specie se vorranno intervenire credenti cattolici.

CAPITOLO VII - LA SCRITTURA CI DEVE ESSERE CONFERMATA DALLA TESTIMONIANZA DELLO SPIRITO SANTO, AFFINCHÉ NE TENIAMO PER CERTA L'AUTORITÀ: ED È STATA UNA EMPIETÀ MALEDETTA AFFERMARE CHE ESSA È FONDATA SUL GIUDIZIO DELLA CHIESA

1. Prima di continuare è necessario inserire a questo punto alcuni avvertimenti riguardo alla autorità della Scrittura, non solo per preparare i cuori a portarle riverenza, ma per togliere ogni incertezza e dubbio. Quando si dia per certo che la dottrina insegnata è parola di Dio, nessuno risulterà sì audace, a meno di essere del tutto insensato e addirittura dimentico di ogni umanità, da osar rigettarla come se non vi si dovesse prestar fede. Dio però non parla ogni giorno dal cielo e non ci sono che le Scritture in cui egli ha voluto manifestare la sua verità per farla conoscere fino in fondo; esse possono aver pieno valore presso i credenti se questi tengono per certo e sicuro che esse sono scese dal cielo, quasi vi ascoltassero Dio parlare per bocca propria. L'argomento è degno di essere trattato più a lungo e pesato più accuratamente; ma i lettori vorranno scusare se mi preoccupo di seguire il filo del discorso che mi son proposto anziché trarre tutte le deduzioni da questo argomento particolare. Errore comune e assai pericoloso è quello di attribuire alla Sacra Scrittura tanta autorità quanta gliene attribuisce la Chiesa per unanime consenso, quasi la verità eterna ed inviolabile di Dio fosse fondata sulla fantasia degli uomini. Questa è infatti la domanda che fanno, beffandosi dello Spirito Santo: chi ci renderà certi che questa dottrina sia proceduta da Dio; Chi ci garantisce che sia pervenuta sana e intera fino al nostro tempo? Chi ci persuaderà ad accettare un libro e respingerne un altro senza contraddizione, se la Chiesa non ne dà la regola infallibile? E così concludono che tutto il rispetto dovuto alla Scrittura e la facoltà di scegliere tra i libri apocrifi dipende dalla Chiesa. Questi sacrileghi infami aspirando in questo modo a creare una tirannia smodata sotto il nome di Chiesa, non si preoccupano di invischiare nelle assurdità se stessi e quelli che li vogliono ascoltare. Vogliono solo averla vinta su questo punto. la Chiesa può tutto. Ora se le cose stanno così, che accadrà alle povere coscienze alla ricerca di una certezza di vita eterna, se tutte le promesse datene hanno come sola base e garanzia il beneplacito degli uomini? Quando si dirà loro che la Chiesa ha così deciso, si potranno accontentare di questa risposta? D'altra parte a quali ironie e derisioni degli increduli sarà esposta la nostra fede e quanto dubbia sarà considerata se essa è ritenuta non avere altra autorità che quella prestatale dalla buona grazia degli uomini?
2. Questi imbrogli sono rimessi a posto da una sola parola dell'Apostolo allorché afferma che la Chiesa è fondata sogli Apostoli e sui Profeti (Ef. 2:20) . Se il fondamento della Chiesa è rappresentato dalla dottrina che ci hanno lasciata i profeti e gli apostoli, occorre che tale dottrina risulti certa prima che la Chiesa cominci ad esistere. Non si tratta di cavillare dicendo sebbene la Chiesa tragga la sua origine e la sua fonte dalla parola di Dio, permarrà, tuttavia, sempre il dubbio riguardo alla apostolicità e profeticità di una dottrina, fintantoché la Chiesa non sia intervenuta. Se la Chiesa cristiana in ogni tempo è stata fondata sulla predicazione degli Apostoli e sui libri dei Profeti ciò significa che la validità di questa dottrina ha preceduto la Chiesa, la quale su di essa è edificata; così come le fondamenta precedono l'edificio. È dunque vana fantasticheria attribuire alla Chiesa il diritto di giudizio sulla Scrittura, come se ci si dovesse tenere a quello che gli uomini hanno stabilito per sapere se è parola di Dio oppure no. La Chiesa, ricevendo la Sacra Scrittura e garantendola con il suo riconoscimento non la autentica, quasi fosse stata, prima di allora, dubbia o contestata; ma riconoscendola come pura verità del suo Dio la venera e la onora com'è necessario per dovere di pietà.
Riguardo alla domanda di quelle canaglie, da che cosa e come saremmo noi persuasi che la Scrittura è proceduta da Dio se non ci valiamo della decisione della Chiesa, è come se qualcuno ci chiedesse come facciamo a discernere la luce dalle tenebre, il bianco dal nero, il dolce dall'amaro. Infatti la Scrittura è in grado di farsi riconoscere per virtù potente e infallibile, così come le cose bianche o colorate mostrano il loro colore e le cose dolci o amare il loro sapore.
3. So bene che si ha l'abitudine di citare la parola di sant'Agostino, secondo cui egli non crederebbe all'Evangelo se l'autorità della Chiesa non ve lo inducesse. Ma dal contesto è facile comprendere quanto sia sciocca e perversa questa interpretazione. Il santo Dottore doveva combattere contro i Manichei i quali pretendevano che si prestasse fede ai loro sogni, senza discutere, in quanto possedevano la verità senza però dimostrarlo. Dato che per appoggiare il loro maestro Mani si servivano dell'Evangelo, sant'Agostino domanda loro che atteggiamento terrebbero se si trovassero a discutere con qualcuno che non credesse allo stesso Evangelo e quali argomenti utilizzerebbero per convincerlo. Poi aggiunge: "Quanto a me, non crederei affatto all'Evangelo senza esservi spinto dall'autorità della Chiesa ". Con questo egli vuol dire che quando era ancora pagano ed estraneo alla fede forse non sarebbe stato condotto ad abbracciare l'Evangelo, come verità certa di Dio se non fosse stato vinto dall'autorità della Chiesa. Ora non c'è da meravigliarsi se qualcuno, non avendo ancora conosciuto Gesù Cristo, tiene conto degli uomini. Sant'Agostino dunque non afferma che la fede dei figli di Dio sia fondata sull'autorità della Chiesa e non intende dire che la certezza dell'Evangelo dipenda da essa; vuol solo ricordare che gli increduli non potranno essere indotti a lasciarsi vincere da Gesù Cristo se non ne saranno spinti dal consenso della Chiesa. Lo conferma poco dopo dicendo: "Quando avrò lodato ciò che credo e mi sarò beffato di ciò che credete, o Manichei, cosa dovremmo fare se non abbandonare quanti ci invitano a conoscere cose certe ma poi vogliono si accetti quel che è incerto? Ci conviene piuttosto seguire quanti ci esortano a credere prima di tutto quel che possiamo anche comprendere, affinché essendo fortificati nella fede comprendiamo alla fine quello che avevamo creduto. E questo non per mezzo degli uomini ma in quanto Dio confermerà e illuminerà interiormente le nostre anime".
Ecco le parole esatte di sant'Agostino, da cui appare chiaramente che mai egli pensò di sottomettere la nostra fede ai desideri degli uomini stornandola dall'unico fondamento della Scrittura. Egli ha voluto solamente mostrare che quanti non sono ancora illuminati dallo Spirito di Dio sono indotti dal rispetto per la Chiesa ad una certa qual docilità, in vista di ricevere l'annuncio di Gesù Cristo attraverso l'Evangelo; e in tal modo l'autorità della Chiesa è come un'apertura per condurre gli ignoranti e prepararli alla fede nell'Evangelo; come anche noi affermiamo. E d'altronde vediamo che sant'Agostino pretende una ben altra fermezza nella fede, di quella che si potrebbe ricavare da una decisione umana.
Non nego del resto che egli spesso opponga ai Manichei l'autorità della Chiesa desiderando affermare la verità della Scrittura da essi negata. A questo tende il rimprovero rivolto a Fausto, appartenente a quella setta, perché non si sottomette alla verità evangelica, così ben fondata e salda, così famosa e accertata e accettata per continua successione dal tempo degli apostoli.
Ma mai e in nessun modo egli pretende che la venerazione per la Scrittura dipenda dal volere o dal giudizio degli uomini. Egli menziona il consenso universale della Chiesa solo per mostrare l'autorità che la parola di Dio ha sempre avuto. Se qualcuno ne desidera una più ampia esposizione legga il suo trattato: Dell'utilità del credere dove troverà che egli ci ordina di essere creduli, vale a dire facili ad accettare quanto gli uomini ci insegnano, solo per darci come una introduzione ad andare più avanti e ad informarci più a fondo, come lui stesso dice. Ma poi non vuole ci si limiti all'opinione così raggiunta, ma ci si fondi su una conoscenza certa e ferma della verità.
4. Dobbiamo ricordarci quanto ho detto dianzi: mai avremo fede stabile nella dottrina finché non saremo convinti, senza ombra di dubbio che Dio ne è l'autore. Per questo la prova decisiva dell'autorità della Scrittura è comunemente tratta dalla persona di Dio che in essa parla. I profeti e gli apostoli non si vantano affatto del loro acume, del loro alto sapere, di tutto quanto procura credito agli uomini, né insistono su argomenti naturali; ma per sottomettere tutti gli uomini e renderli docili mettono avanti il nome sacro di Dio.
Resta ora da vedere come discernere, non in base ad opinioni superficiali ma alla verità, se il nome di Dio non è chiamato in causa erroneamente o alla leggera. Se vogliamo preoccuparci delle coscienze, e far sì che non siano travagliate continuamente da dubbi e questioni superficiali, né incespichino o siano turbate, è necessario che le garanzie di cui abbiam detto siano cercate più in alto delle ragioni, dei giudizi o delle congetture umane: vale a dire siano cercate nella testimonianza segreta dello Spirito Santo.
Quando volessi discutere questa causa con ragioni e argomentazioni potrei proporre parecchi motivi per dimostrare che se c'è un Dio in cielo, da lui provengono la Legge ed i Profeti. Quand'anche i più grandi e i più abili saggi del mondo si levassero contro e applicassero tutto il loro intelletto per sostenere il contrario, tuttavia, a meno di essere incalliti in una totale impudenza, si strapperà loro il riconoscimento di segni manifesti che mostrano come Dio parli attraverso la Scrittura e che di conseguenza la dottrina contenutavi è celeste. E vedremo che i libri della Sacra Scrittura superano di molto in eccellenza tutti gli altri scritti, tanto che se ci avviciniamo con occhi puri e sentimenti integri, subito ci apparirà la maestà di Dio e domerà ogni audacia nel contraddirla, costringendoci ad obbedirle.
Tuttavia quanti si sforzano di sostenere la fede nella Scrittura per mezzo di dispute invertono l'ordine. l: vero che ci sarà sempre di che sconfiggere i nemici: e per quanto mi riguarda, sebbene io non sia dotato di abilità e facondia quanto sarebbe desiderabile, tuttavia dovessi condurre questa disputa con i più abili spregiatori di Dio che desiderano essere considerati sottili ragionatori e polemisti tanto forti da rovesciare la Scrittura, penso che non mi sarebbe difficile abbattere il loro orgoglio. E se fosse utile refutare tutte le falsità e le malizie non avrei grande difficoltà a mostrare che tutte le vanterie preparate di nascosto sono solamente fumo.
Ma quand'anche avessimo mantenuto la sacra parola di Dio contro ogni critica e calunnia dei malvagi, non vuol dire che per questo avremmo impresso certezza di fede nei cuori, come la pietà richiede; perché i profani pensano la religione consista solamente in opinioni. E non volendo credere scioccamente e alla leggera domandano si provi loro per mezzo della ragione che Mosè e i Profeti sono stati ispirati da Dio a parlare. A questo io rispondo che la testimonianza dello Spirito Santo è più eccellente di ogni ragione e pur essendo Dio solo testimone di se stesso nella Parola, tuttavia questa Parola non otterrà fede alcuna nei cuori degli uomini se non sarà suggellata dalla testimonianza interiore dello Spirito. [i necessario dunque che lo stesso Spirito che ha parlato per bocca dei profeti entri nei nostri cuori e li tocchi al vivo onde persuaderli che i profeti hanno fedelmente esposto quanto era loro comandato dall'alto. Questo rapporto è espresso benissimo da Isaia quando dice: " Il mio spirito che riposa su te e le mie parole che ho messe nella tua bocca e nella bocca della tua progenie non verranno mai meno," (Is 51:16) . C'è della brava gente che vedendo gli increduli e i nemici di Dio blaterare contro la Parola sono dispiaciuti di non aver in mano una prova efficace per chiudere loro immediatamente la bocca. Ma sbagliano nel non considerare chiaramente che lo Spirito è chiamato " sigillo " e " arra " per confermare la nostra fede; mentre i nostri spiriti non fanno che ondeggiare nei dubbi e nelle inquietudini finché non siano illuminati.
5. Sia dunque chiaro questo punto: riposa sulla Scrittura con ferma sicurezza solo chi è stato illuminato dallo Spirito Santo. Sebbene essa rechi in se le sue credenziali per essere ricevuta senza contestazione e senza essere sottomessa a prove o discussioni, tuttavia essa ottiene il credito che merita per la testimonianza dello Spirito. Sebbene infatti essa abbia nella propria maestà di che essere venerata, tuttavia incomincia a toccarci veramente quando è suggellata nei nostri cuori dallo Spirito Santo.
Illuminati dalla virtù di lui, non più in base al nostro giudizio né a quello degli altri riteniamo la Scrittura essere da Dio; ma sopra ogni giudizio umano riteniamo per certo che essa ci è stata data dalla stessa bocca di Dio, attraverso il ministero degli uomini; come se contemplassimo in essa con i nostri occhi l'essenza di Dio. Non cerchiamo argomenti o verosimiglianze su cui fondare il nostro giudizio, ma ad essa sottomettiamo il nostro giudizio e la nostra intelligenza come ad una realtà che esula dalla necessità di essere giudicata. Non come gente abituata a ricevere con leggerezza cose che non conosce e che dopo averle conosciute se ne dispiace, ma certissimi di avere in essa la verità inoppugnabile. Non come gli ignoranti, abituati a lasciar vincolare il loro spirito dalle superstizioni, ma perché sentiamo apparire in essa la forza palese della divinità, dalla quale siamo attirati ed infiammati ad obbedire scientemente e volontariamente con maggior efficacia che in base alla volontà o alla scienza umana. A buon diritto dunque Dio afferma, per mezzo di Isaia, che i profeti con tutto il popolo gli sono testimoni sufficienti (Is. 54.13) lo perché essi sapevano che la dottrina loro annunciata veniva da lui e non lasciava posto a dubbi o discussioni.
Si tratta dunque di una convinzione che non chiede motivazioni e tuttavia di una conoscenza fondata su un'ottima ragione, cioè che il nostro spirito vi si riposa con fiducia e sicurezza maggiore che su ogni altro argomento; questo sentimento in definitiva non può che essere generato da una celeste rivelazione. Non dico nulla di diverso da quanto ciascun credente esperimenta in se: ma le parole sono molto inferiori alla dignità dell'argomento e non sono sufficienti per spiegarlo bene. Mi astengo dal trattarne più a lungo perché l'occasione si offrirà di parlarne di nuovo altrove. Per il momento accontentiamoci di sapere che non c'è vera fede all'infuori di quella che lo Spirito Santo suggella nei nostri cuori. Ogni uomo docile e modesto si accontenterà di questo.
Isaia promette a tutti i figli della Chiesa, quando essa sarà stata rinnovata, di essere discepoli di Dio. È un privilegio particolare che Dio ha preparato per discernere i suoi eletti tra il genere umano. Qual è infatti l'inizio della vera scienza se non una prontezza e un franco coraggio nel ricevere la parola di Dio? È necessario udirlo dalla bocca di Mosè, secondo quanto è scritto: " Chi salirà al cielo o scenderà negli abissi? La parola è nella tua bocca " (De 30.10) . Se Dio ha voluto riservare ai suoi figli questo tesoro di intelligenza nascosto, non bisogna stupirsi né trovare strano di vedere tanta stupidità e scempiaggine nel popolo comune: chiamo popolo comune i più esperti e intelligenti, fino a che non siano incorporati nella Chiesa. Per di più Isaia dopo aver affermato che la dottrina dei profeti sarà incredibile non solo per i pagani ma anche per i Giudei i quali pure volevano essere ritenuti famigliari con Dio, nello stesso tempo ne espone la causa: il braccio di Dio non sarà rivelato a tutti (Isa 53.1) . Così quando saremo turbati vedendo l'esiguità del numero dei credenti, ricordiamoci che i misteri di Dio non sono compresi che da coloro ai quali è dato.
G. Calvino, Istituzioni della  religione cristiana (1559). Libro I. Versione italiana

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ciao

per tutti coloro che mi vogliono bene un invito a riflettere

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