Se il vostro pastore non predica il ravvedimento e la conversione a Cristo per entrare nel regno di Dio e anche si rifiuta di chiamare il peccato con il suo vero nome, predicando e mettendo in guardia le persone da esso, sappiate che si tratta in realtà di un agente di Satana sotto mentite spoglie, incaricato dal diavolo in persona per sedurre quante più anime possibili, col fine ultimo di mandarle in perdizione per tutta l'eternità. Il ravvedimento è il cuore dell'evangelo. È infatti una dottrina fondamentale: “Perciò, lasciando l'insegnamento elementare intorno a Cristo, tendiamo a quello perfetto, e non stiamo a porre di nuovo il fondamento del ravvedimento dalle opere morte e della fede in Dio” (Ebrei 6:1). Purtroppo però, oggigiorno il ravvedimento costituisce il pezzo mancante del vangelo moderno, che è un altro vangelo, e coloro che lo predicano sono sotto la maledizione di Dio, secondo che è scritto: “Ma quand'anche noi, quand'anche un angelo del cielo vi annunziasse un vangelo diverso da quello che v'abbiamo annunziato, sia egli anatema. Come l'abbiamo detto prima d'ora, torno a ripeterlo anche adesso: Se alcuno vi annunzia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema” (Galati 1:8-9).
La Scrittura ci ha messo più volte in guardia e ci ha anche esortati a vegliare sempre per non cadere vittime dei falsi profeti e dottori degli ultimi tempi. Il bisogno di avere discernimento spirituale è cruciale proprio perché costoro sorgeranno di mezzo a noi (Atti 20:30 ; 2 Pietro 2:1), avendo nell'esteriore l'apparenza di pecore ma essendo dentro dei lupi rapaci (Matteo 7:15), si sono intrusi in mezzo a noi (Giuda 1:4), per introdurre di soppiatto le loro eresie di perdizione (2 Pietro 2:1). Addirittura possono fare “gran segni e prodigî da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti” (Matteo 24:24). Costoro sono dei “falsi apostoli, degli operai fraudolenti, che si travestono da apostoli di Cristo. E non c'è da maravigliarsene, perché anche Satana si traveste da angelo di luce. Non è dunque gran che se anche i suoi ministri si travestono da ministri di giustizia; la fine loro sarà secondo le loro opere” (2 Corinzi 11:13-15).
Il pericolo è aggravato dal fatto che negli ultimi tempi molti “non sopporteranno la sana dottrina; ma per prurito d'udire si accumuleranno dottori secondo le loro proprie voglie e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole” (2 Timoteo 4:3-4). Questa condizione è simile a quella vissuta dal profeta Geremia ai suoi tempi: “Cose spaventevoli e orride si fanno nel paese: i profeti profetano bugiardamente; i sacerdoti governano agli ordini de' profeti; e il mio popolo ha piacere che sia così. E che farete voi quando verrà la fine?” (Geremia 5:30-31). Sono veramente tanti oggi a spalancare le porte e dare il benvenuto, nonché ad abbracciare il messaggio falso ed ingannevole predicato dai falsi ministri del Vangelo.
Grazie a Dio, non solo il Signore ci mette in guardia dai falsi ministri (apostoli, profeti, pastori, evangelisti e dottori), ma ci mostra anche nella Sua Parola come riconoscerli e distinguerli dai veri ministri del Vangelo.
Innanzitutto i falsi ministri minimizzano e banalizzano il peccato, mentre quelli veri predicano il ravvedimento e condannano il peccato che è “la violazione della legge” (1 Giovanni 3:4). Esortare le persone a ravvedersi dai loro peccati e a tornare a Dio è parte integrale del messaggio che un uomo di Dio deve predicare. Prendiamo ad esempio il profeta Michea. Egli contrastò con il suo ministerio i falsi profeti e sacerdoti del suo tempo che amavano il male e avevano in odio il bene, sviando quindi il popolo da Dio: “Ma, quanto a me, io son pieno di forza, dello spirito dell'Eterno, di retto giudizio e di coraggio, per far conoscere a Giacobbe la sua trasgressione, e ad Israele il suo peccato” (Michea 3:8). Infatti non è un caso che tutti i profeti mandati da Dio predicassero il ravvedimento: “ho continuato a mandarvi ogni mattina tutti i miei servitori i profeti per dirvi: - Convertitevi dunque ciascuno dalla sua via malvagia, emendate le vostre azioni, non andate dietro ad altri dèi per servirli...” (Geremia 35:15) ed anche: “Eppure l'Eterno avea avvertito Israele e Giuda per mezzo di tutti i profeti e di tutti i veggenti, dicendo: 'Convertitevi dalle vostre vie malvage, e osservate i miei comandamenti e i miei precetti, seguendo in tutto la legge che io prescrissi ai vostri padri, e che ho mandata a voi per mezzo dei miei servi, i profeti'” (2 Re 17:13).
Il ravvedimento rimane sempre un elemento essenziale anche negli scritti del Nuovo Testamento. Giovanni Battista predicava il ravvedimento (Matteo 3:1-2). Gesù predicava il ravvedimento (Matteo 4:17). Pietro e Paolo predicavano il ravvedimento (Atti 2:38 ; 3:19 ; 26:20). Nelle sette lettere indirizzate alle Chiese dell'Asia Minore, Gesù continuò ad evidenziare l'importanza del ravvedimento (Apocalisse 2:5,16,21-22 ; 3:3,19). Chi è davvero pio e devoto non eluderà il problema reale del peccato, ma continuerà a battere sull'argomento, esortando duramente le persone a ravvedersi dai loro peccati, ad abbandonare le loro vie malvagie e a convertirsi dalle loro opere infruttuose.
Invece i falsi profeti e dottori attenuano la gravità del peccato. Di loro dice il Signore: “Dicono del continuo a quei che mi sprezzano: 'L'Eterno ha detto: Avrete pace'; e a tutti quelli che camminano seguendo la caparbietà del proprio cuore: 'Nessun male v'incoglierà'” (Geremia 23:17) ed anche: “La mia mano sarà contro i profeti dalle visioni vane e dalle divinazioni menzognere; essi non saranno più nel consiglio del mio popolo, non saranno più iscritti nel registro della casa d'Israele, e non entreranno nel paese d'Israele; e voi conoscerete che io sono il Signore, l'Eterno. Giacché, sì, giacché sviano il mio popolo, dicendo: Pace! quando non v'è alcuna pace, e giacché quando il popolo edifica un muro, ecco che costoro lo intònacano di malta che non regge, di' a quelli che lo intònacano di malta che non regge, ch'esso cadrà” (Ezechiele 13:9-11). Anziché condannare il peccato e riprendere coloro che si danno ad esso, loro fortificano le mani dell'empio perché non si converta dalla sua via malvagia per ottenere la vita (Ezechiele 13:22).
Il ravvedimento biblico è composto da tre elementi base: una tristezza genuina verso Dio (2 Corinzi 7:9-10), una separazione radicale dal peccato (Ebrei 6:1 ; Atti 26:20) ed una vera e propria sottomissione alla volontà di Dio (Atti 9:6 ; 1 Tessalonicesi 1:9). In altre parole, il ravvedimento comporta un cambiamento radicale nella vita di una persona: “Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie son passate: ecco, son diventate nuove” (2 Corinzi 5:17). Esso è necessario ai fini della salvezza. Una persona non potrà mai credere se prima non si è ravveduta dei suoi peccati.
Le Chiese oggi sono piene di persone che non si sono mai ravvedute dai loro peccati e non hanno mai sperimentato la nuova nascita. La colpa è da ricercare nella negligenza dei pastori e anche nella loro ignoranza biblica. Riguardo alle persone loro sembrano ragionare in questi termini: "se riusciamo a portarle prima al locale di culto, dopo sarà più facile lavorare sulla loro salvezza" o anche: "non diciamo niente che possa turbarli, men che meno spaventarli". Naturalmente la parola "ravvedimento" e "peccato" provocano entrambi questi sentimenti nella persona perduta e morta spiritualmente. Ma Dio non lascerà impuniti coloro che pur sapendo fare il bene, non lo fanno e commettono quindi peccato (Giacomo 4:17). Di costoro il Signore avverte chiaramente che dovranno rispondere direttamente a Lui del sangue dell'empio: “Quando io dirò all'empio: - Certo morrai, - se tu non l'avverti, e non parli per avvertire quell'empio di abbandonar la sua via malvagia, e salvargli così la vita, quell'empio morrà per la sua iniquità; ma io domanderò conto del suo sangue alla tua mano” (Ezechiele 3:18).
Pastori e voi tutti che temete Iddio siete quindi avvisati. Fate tesoro di queste parole e studiatevi di predicare tutto il consiglio di Dio senza tralasciare la dottrina del ravvedimento. Non limitatevi a dire alle persone: “Credi nel Signor Gesù, e sarai salvato tu e la casa tua” (Atti 16:31). Questo passo è successivo all'annuncio del Vangelo all'incredulo e quindi anche all'esortazione a ravvedimento. Cristo predicò: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete all'evangelo” (Marco 1:15). In altre parole Egli voleva dire: "prima ravvedetevi e poi credete". Altrimenti come potrebbe una persona credere se non ha prima la consapevolezza di essere perduto a causa del suo peccato? Non possiamo far credere alla gente di essere guarita dal peccato quando non sa neppure di essere malata. Mettiamo loro le vesti della giustizia quando non conoscono neppure il bisogno che hanno di credere. Questa gente finisce per pensare: "Non può essere sconveniente aggiungere Gesù alla mia vita".
Ciò che afferma la Scrittura a riguardo è molto chiaro ed evidente per chiunque abbia un minimo di intelligenza e un pensiero onesto. E' sempre stato evidente e chiaro anche per i cosiddetti “padri della chiesa” dei primi secoli.
<< “Sopra questa pietra” si deve così comprendere: su ciò che Pietro ha riconosciuto con le parole: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” e così Pietro, che trae il suo nome da quella pietra, rappresenta la persona della Chiesa che sarà costruita su quella pietra (la confessione di fede).
Infatti non gli è stato detto: “Tu sei la pietra”, ma: “Tu sei Pietro”, perché la pietra era il Cristo che fu confessato da Simone [cfr. Efesini 2,20; Pietro 2,4].
Noi siamo cristiani non petriani.
Cristo è il capo della Chiesa, il primogenito, Egli stesso ha il primato >>. Agostino d'Ippona. <<Siete stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare >>. Efesini 2,20
Di seguito riporto quanto scrisse Ignazio Von Doellinger scienziato tedesco e più grande teologo della Chiesa cattolica del 19° secolo, condannato all'oblio dall'imperante gesuitismo italiano a causa della sua lotta contro l'infallibilità papale e l'immacolata concezione. Allo stesso modo scrissero il vescovo Kettler e il Langen (Das Vaticanische Dogma).
Negli scritti dei Padri, il senso delle note parole del Cristo riferentisi a S. Pietro, nessuno dei Padri di quel tempo spiegando esegeticamente i passi del vangelo sulla potenza trasmessa a Pietro (Matteo XVI 18, e Giov. XXI, 18) l'ha applicata ai vescovi di Roma quali successori di Pietro. Quanti Padri si sono occupati di questi passi! Pure, nessuno di quelli di cui possediamo tuttora i commentari, Origene, Crisostomo, Ilario, Agostino, Cirillo, Teodoreto, né quelli le spiegazioni dei quali sono raccolte nelle Catene hanno designato, sia pur con una sillaba, il primato di Roma come conseguenza della missione data a Pietro e delle promesse ch'egli aveva ricevuto. Neppur uno fra loro ha interpretato la <<pietra>> o fondamento sul quale Cristo vuol edificare la Chiesa come un'incarico particolarmente fornito a Pietro e, dopo di lui, trasmissibile ereditariamente; essi intendevano con ciò il Cristo stesso o la fede di Pietro confessata in Cristo: queste due idee si confondevano spesso nel loro spirito. Spesso altresì nel pensier loro, Pietro, come gli altri apostoli, era il <<fondamento>>; gli apostoli cioè tutti riuniti, rappresentavano le dodici pietre fondamentali della Chiesa. (Apocal. 21, 24).
Per quanto si riferisce alla concessione della potenza delle chiavi e del potere di legare e sciogliere, i Padri potevano tanto meno riconoscervi un privilegio o una sovranità qualsiasi attribuita ai vescovi romani in quanto che non consideravano (cosa che a prima vista sembrerà strana) una piena potenza attribuita prima a Pietro, poi a tutti gli altri apostoli con le stesse parole, come una grazia speciale accordata a Pietro ed ereditata esclusivamente dei vescovi romani.
Tutti, infine, consideravano il simbolo delle chiavi come assoluto sinonimo dell'espressione figurata << legare e sciogliere >> (Ciascun vescovo è janitor, deve custodire le << janua coeli >> e vegliare all' << ovile Christi >>: idea già espressa da Cipriano in tanti passi).
E' noto che il passo classico che deve servir di base all'edificio dell'infallibilità del papa è la parola del Cristo a Pietro: << Ho pregato per te affinché la tua fede non si affievolisca; tu dunque, quando sarai convertito, rafforza i tuoi fratelli >> (Luca, XXII, 32). Ma è chiaro che queste parole debbono riferirsi unicamente a Pietro e alla sua conversione dopo che ebbe rinnegato il Cristo. Si tratta infatti di una esortazione a convincere gli altri apostoli la cui fede nel Cristo ha ugualmente vacillato. Ci sembra dunque insensato voler trovare, là dove si tratta solamente della fede nella dignità messianica di Gesù, fede dapprima vacillante e che bisognava rafforzare, una promessa dell'infallibilità futura di una serie di papi, unicamente perché costoro hanno preso poi nella Chiesa romana il posto occupato in origine da Pietro. Una simile interpretazione non è stata data da nessuno degli antichi dottori della Chiesa fino alla fine del VII secolo.
Tutti e diciotto, senza eccezione videro in quelle parole una semplice preghiera del Cristo perché il suo apostolo non soccombesse alla pericolosa e imminente tentazione e non vi perdesse del tutto la sua fede.
L'antica teologia cattolica fa consistere il periodo dei padri della Chiesa nei primi secoli. La teologia dei gesuiti ritiene assurdo il pretendere che Cristo non siasi trovato nella chiesa altro che fino al 600. Quando la compagnia stava preparando la definizione dell'Immacolata Concezione, il gesuita Perrone ebbe il coraggio di dichiarare che la Bibbia ed i padri della Chiesa, in quanto fonti di fede, erano superflui: egli attribuiva un peso eguale a leggende, anche se apocrife, sì che la semplice autorità della Chiesa ed il sentimento momentaneo dei credenti potevano eventualmente bastare, poiché, secondo lui, questi due elementi dimostrano l'antichità di una tradizione divina od apostolica. In breve volger di tempo, la nuova scuola è arrivata a dire che tutt'al più non era affatto necessario qualche documento dell'antichità od anche che esisteva una << tradizione precedente >>. Il card. Her. Genrother, discepolo dei gesuiti, dice pure che anche scritti apocrifi potevano essere fonti della fede. <<Guai a voi dottori della legge! Perché avete sottratto la chiave della scienza; voi stessi non siete entrati e ne avete impedito l'accesso a coloro che entravano>>. Luca 11,52
Ultimamente si tende a rimarcare somiglianze piuttosto che differenze. E se i credenti non sono preparati, possono essere erroneamente influenzati e confusi.
Infatti, mai come prima si sono moltiplicate le iniziative e le proposte per facilitare l’ “incontro tra le tre fedi” . La Chiesa cattolica si distingue in questo “avvicinamento" insieme a certi missionari evangelici recentemente giunti dall’estero in Italia, mediante i loro libri pubblicati attraverso case editrici evangeliche italiane.
Alcuni missionari stranieri attribuiscono ai musulmani almeno tre aspetti: - rendono culto al DIO del Cristianesimo - il “comune patrimonio spirituale” in Abramo, grazie a Ismaele. - riconoscono l’islam come “fra le tre grandi religioni monoteiste”.
I punti in comune sarebbero così evidenti da rendere ‘incoerente’ qualsiasi pretesa di vedere negli appartenenti ad altre religioni persone da farne proseliti. Cioè, si traduce, non evangelizzare i musulmani! Le false nozioni di quest’epoca devono essere esaminate per non essere condotti fuori strada dalle filosofie.
1. Il nuovo Abramo islamico (taroccato)
Si ode spesso che la figura biblica che unisce più di tutte con l’islam è quella di Abramo. I musulmani sono fieri di spiegare che, traendo le loro origini da Abramo, ne seguono le tradizioni; in virtù di questa affermazione ritengono di avere il monopolio della verità. Il Corano avrebbe quindi sostituito la Bibbia, ecc. ecc.
Abramo si fece circoncidere in risposta al comando di YHWH, (l’Io sono). Contrariamente a quanto molti potrebbero essere indotti a pensare, non sono i musulmani ad aver introdotto questa pratica e tradizione. E a te [Abrahamo] e alla tua progenie dopo di te darò il paese dove abiti come straniero: tutto il paese di Canaan, in possesso perpetuo; e sarò loro Dio". Poi Dio disse ad Abrahamo: Quanto a te, tu osserverai il mio patto: tu la tua progenie dopo di te, di generazione in generazione. Questo è il mio patto che voi osserverete, patto fra me e voi e la tua progenie dopo di te: ogni maschio fra voi sia circonciso. E sarete circoncisi; e questo sarà un segno del patto fra me e voi (Genesi 17:8-11).
2. Una sola progenie...
Gli Ebrei sono stati i primi e gli unici! Infatti dal testo biblico emerge che YHWH sta parlando di un’unica progenie e non di altre progenie. E’ risaputo che da Abrahamo sono scaturite tre progenie: dalla concubina Hagar e dalle due mogli legittime: Sarah e Chetura (ps. quest’ultima dopo che egli rimase vedovo di Sarah).
Ci chiediamo quindi perché Dio sta parlando di una sola progenie in particolare piuttosto che di ‘alcune’? YHWH preannunciò il figlio della promessa (in Isacco) dal quale avrebbe tratto l’unica progenie del popolo prediletto: quello Ebraico. YHWH comandò alla progenie di Abramo, in Isacco e Giacobbe, di aderire al Patto stipulato con Dio, poi più tardi riconfermato a Davide. Ciò significa che YHWH, per la grazia concessa in Abramo, estese l’aderenza al Patto anche agli stranieri, ovvero “agli incirconcisi di cuore e di carne”. Anche i Cristiani hanno tratto gli esempi di fede di Abramo. Infatti, benedicendolo, YHWH lo ha fatto divenire il punto di riferimento per tutte le generazioni a lui successive, provenienti da Isacco e Giacobbe suoi discendenti. Il Messia, Yeshua (YHWH salva) discenderà proprio dalla progenie di Isacco e Giacobbe. Storicamente, il mondo islamico si è radicato molti secoli dopo, ma non perché i musulmani si sono sottoposti al comando di YHWH, bensì per propria iniziativa ad un dio esterno alla rivelazione biblica.
3. Arabi, veramente discendenti di Ismaele?
YHWH fece un Patto con Abramo e verso la sua discendenza attraverso Isacco e Giacobbe ma benedirà Ismaele perché figlio di Abramo, ed egli diventerà fondatore di un vasto popolo.
A questo punto molti ritengono che tale promessa si sia adempiuta suscitando da Ismaele il grande popolo Arabo. Però, come La Bibbia ci dimostra, gli Arabi non sono discendenti né di Ismaele e né di Abramo. Dalla Bibbia, cronologicamente, si apprende che sia Abramo e sia Ismaele sono nati qualche centinaio di anni dopo gli Arabi. Infatti, gli Arabi sono discendenti di Joctan (cfr Genesi 10:26 e ss). La confusione aumenta perché in tal senso, se gli Arabi sono discendenti di Abramo, implica una sorta di legittimazione dell’islam in quanto diventerebbe una religione ispirata dallo ‘stesso Dio che nella Bibbia parlò ad Abramo’. Quindi implicherebbero due patti divini anziché uno soltanto; quindi due progenie...e non di una sola progenie (Genesi17:8-11), non una sola fede, ma due fedi!
Ma che dice la Scrittura?
«Caccia via la schiava e suo figlio, perché il figlio della schiava non potrà essere tuo erede insieme col figlio della donna libera». 31 Cari fratelli, noi non siamo figli schiavi, dipendenti dalle leggi ebraiche, ma figli della donna libera, accettati da Dio grazie alla nostra fede. (Galati 4:30,31; Genesi 21:10) E Dio rispose: "No, ma Sara tua moglie ti partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Isacco; e io fermerò il mio patto con lui, un patto perpetuo per la sua progenie dopo di lui. 20 Quanto a Ismaele, io t’ho esaudito. Ecco, io l’ho benedetto, e farò che moltiplichi e s’accresca grandissimamente. Egli genererà dodici principi, e io farò di lui una grande nazione. 21 Ma fermerò il mio patto con Isacco che Sara ti partorirà in questo tempo, l’anno venturo".
Un solo ed unico Patto: con Isacco!!
4. Si ode spesso che l'Islam riconosce i profeti biblici, della tradizione ebraica, la figura di Gesù e molti altri.
L’ Abramo 'taroccato' in versione islamica, è presentato come il prototipo del ‘sottomesso ad Allah’ (musulmano) perché avrebbe professato un monoteismo rigidamente indivisibile, rappresentato da una incondizionata sottomissione ad un Allah del Corano: “Io, in verità, volgo il viso verso colui che ha creato i cieli e la terra, da monoteista (hanif), e non sono politeista” (6 : 79).
5. Si ode spesso che Abramo è il padre delle tre fedi monoteiste.
Varrebbe nuovamente a dire che noi Cristiani e i musulmani avremmo la stessa fede riposta nel Dio manifestatosi allo stesso Abramo, ragion per cui adoriamo tutti lo stesso Dio/Allah.
Che confusione! Questo è un concetto chiave dell’attuale “dialogo” con l’islam, concetto però del tutto insostenibile per l’islam stesso, già per il semplice motivo che l’Abramo che troviamo descritto nel Corano non corrisponde a quello storico della Bibbia.
Si legge,a questo proposito, nel Corano: “O gente del Libro [ebrei e cristiani], perché disputate riguardo ad Abramo, mentre il Pentateuco e il Vangelo non sono stati fatti scendere se non dopo di lui? Non comprenderete dunque mai la verità? Abramo non era giudeo né cristiano: era bensì musulmano e non era politeista” (Corano 3,67).
Abramo risulta essere il progenitore soltanto per i musulmani, mentre silurano Abramo quale progenitore della fede degli Ebrei e “padre nella fede” anche dai cristiani!
Ancora nel Corano: (O Voi Gente del Libro) non adorate all’infuori di Allah altro che nomi che voi e i vostri avi avete inventato, e a proposito dei quali Allah non ha fatto scendere nessuna prova. In verità il giudizio appartiene solo ad Allah. Egli vi ha ordinato di non adorare altri che Lui. Questa è la religione immutabile, eppure la maggior parte degli uomini lo ignora. (Corano 12:40)
6. Gesù/Yeshua
Maometto negò troppi fattori cruciali della vita e del ministero di Gesù/Yeshua, contrariamente ai Vangeli sinottici.
Si ode, ad esempio, che il Corano attribuisce a Isa e alla vergine Maria una posizione straordinaria. In verità, benché tale libro non riconosca Gesù, Dio fattosi uomo, ne lo accetta come Figlio di Dio, lo accetta tuttavia come profeta; riconosce la ‘Vergine Maria’, e talvolta pure i musulmani la invocano con devozione (Una Dichiarazione conciliare Nostra Aetate, sulla Chiesa e le religioni non cristiane, 3.1).
Le info coraniche sulla “cristologia” ci forniscono altri risultati inesatti dai dati autentici della Bibbia. Vediamone alcuni:
a. Gesù/Isa, come riportato nel Corano, sarebbe il precursore del profeta dell’islam, Maometto, in quanto pre-annunciato nel Vangelo di Giovanni (ps: capp. 14 &16, si veda ‘il parakletos). b. Isa, figlio di Maria (Isa ibn Maria) nel Corano é un Cristo ‘taroccato’ che compie miracoli, NON è morto crocifisso ma Allah lo avrebbe elevato in cielo vivo mentre avrebbe fatto crocifiggere un sosia al suo posto. c. I musulmani credono nel giorno del giudizio, ma credono che Isa tornerà sulla Terra per condannare i cristiani colpevoli di averlo adorato come Figlio di Dio, combatterà l’Anticristo e infine affermerà il trionfo dell’islam, unica religione universale; in ciò non vedono alcuna contraddizione.
Inoltre, i Cristiani praticanti sarebbero politeisti ai quali Maometto addebita l’eresia di credere in una triade (tre dei), quando invece li ha confusi con qualche setta cristiana gnostica, i Basilidiani con i quali venne a contatto.
Le fonti da cui Maometto può aver largamente udito molte informazioni imprecise su Gesù/Yeshua, provengono dai racconti e leggende del suo tempo (raccolte anche nei vangeli apocrifi, come il Proto-Evangelo di Giacomo e soprattutto dal Vangelo di Tommaso).
Invece, quel che il Corano dimentica a proposito di Gesù/ Yeshua...
a. Il Corano non cita a proposito dell’entrata nel mondo del peccato originale partendo da Adamo ed Eva.
b. Il Corano non dà nessuna spiegazione al riguardo della ragione della Sua nascita verginale. A questo proposito, la Sua nascita verginale lo esentò dall’essere imputato del peccato originale di Adamo ed Eva e del quale tutti noi siamo stati imputati. Adamo è stato da DIO creato, modellato dalla terra, e ha insufflato in lui l’alito vivente, mentre Cristo è nato dalla nascita verginale mediante il concepimento dallo Spirito Santo. Unica la sua nascita, come unica l’assenza di qualsiasi traccia di peccato in lui.
c. Il Gesù islamico, di nome Isa, non ha il Padre. Isa non ha nulla a che vedere con il vero Gesù/Yeshua dei Vangeli. È invece un falso Gesù! Disse bene l’apostolo Paolo... a stare attenti da chi annuncia un altro vangelo e un altro Gesù. Sia egli anatema. Quindi ci è stato dato un solo Nome: Yeshua!
7. E’ sostenibile pregare con i musulmani?
Di recente si ode, da parte di alcuni evangelici, suggerire di pregare anche insieme con i musulmani; altri evangelici si sono spinti fino ad invitarli nelle Chiese evangeliche per far loro portare un sermone islamico dal pulpito; altri ancora, offrire i locali evangelici di culto per agevolare i musulmani a svolgere le loro liturgie nel periodo di ramadan ove mancano spazi pubblici.
C’è però un grave problema... E’ arcinoto che i musulmani si rivolgano ad Allah 5 volte al giorno. La prima Sura del Corano [Apertura] - di appena sette versetti, é recitata tutta la vita come preghiera liturgica di apertura della preghiera islamica (salat) assolutamente obbligatoria, la quale contiene: 5. Te adoriamo, Te chiamiamo in aiuto 6. Guidaci alla diritta via, 7. la via di quelli che hai colmato di grazia, non quelli che ti fanno adirare, non quelli che errano. Nel verso 7, secondo la consueta esegesi islamica, si crede che “quelli che ti fanno adirare”, sarebbero gli Ebrei e “maledetti da Allah”; mentre ‘quelli che errano’ è riferito ai Cristiani, tacciati di essere ‘sviati’.
Con questi presupposti della preghiera di ‘Apertura’,“pregare con i musulmani” è una farsa, oltre che insostenibile, sia da parte degli islamici (perché dovrebbero pregare con gli ‘sviati’ cristiani?) e, ovviamente, anche da parte dei Cristiani praticanti. Il concedere luoghi di culto cristiani ai musulmani, equivale a dissacrare i luoghi di culto cristiani; per loro vale una vera dichiarazione di apostasia. Naturalmente quei responsabili evangelici non si rendono conto delle implicazioni o della gravità.
Tirando le somme
Islam, una religione esclusivista! Come abbiamo fin qui considerato, contrariamente alle posizioni inclusiviste e pluraliste di molti Cristiani, il Corano stesso esclude sul nascere l’ecumenismo quando afferma che:
a. Giudaismo e Cristianesimo non sono ‘fedi’ ben riposte. b. L’ Abramo islamico NON è il padre delle tre fedi monoteiste (contrariamente a quanto si ode affermare). c. L’islam rifiuta l’esistenza di altre cosiddette ‘fedi Abramitiche’.
In realtà, l’ Abramo islamico avrebbe creduto in un dio che non corrisponde all’IDDIO (YHWH) del Patto dell’Antica Alleanza. Ciò si evince quando i dati tratti dai versetti coranici (3:67; 12:40), per costruire la figura di Abramo quale prototipo del “musulmano”, di fatto escludono a priori Antico e Nuovo Testamento dalla Rivelazione e cancellano Giudei e Cristiani come destinatari delle promesse in Abrahamo. Nel Corano: “CHI VUOLE UNA RELIGIONE DIVERSA DALL'ISLAM, IL SUO CULTO NON SARÀ ACCETTATO” Corano 5:3 Fin qui, il Corano ha dichiarato che: l’Islam è una religione del tutto divergente dall’Ebraismo e dal Cristianesimo (Sure 3:67; 12:40). Non rientra ‘fra le tre fedi’ ma ne sottolinea l’estraneità dalla ‘rivelazione coranica’, né ha nulla in comune con IDDIO (YHWH) della Bibbia. In effetti è vero perché YHWH non è paragonabile ne sostituibile con Allah, anche religiosamente non c'è nessun punto di contatto. Poiché il Figlio di Dio è già venuto quale portatore di eterna salvezza non c’è bisogno di un altra religione per annunciare un ribaltone della Rivelazione, o di ‘aggiungere’ un ulteriore presunto libro sacro. Anche il concetto cristiano del ruolo paterno di Dio Padre, condivisa in parte dal Giudaismo, è percepito dai musulmani come blasfemo, da incrinarne l’unicità assoluta di Allah. Nondimeno, tu sei nostro padre; poiché Abrahamo non sa chi siamo, e Israele non ci riconosce; tu, o Eterno, sei nostro padre, il tuo nome, in ogni tempo, è "Redentore nostro” Isaia 63.16
La visione del Corano (Sure 3:67; 12:40) distrugge sul nascere la possibilità di un ecumenismo col cristianesimo. Dall’altro lato, la Bibbia stabilisce il Cristianesimo come fede esclusivista, che cioè è stato dato un SOLO nome al di sopra di ogni altro nome, affinché gli uomini siano salvati, salvati per grazia mediante una SOLA Fede, in Gesù Cristo.
La prossima volta che udiamo affermazioni ecumeniche dai molti cattolici ed evangelici, chiediamo loro di mostrarci le evidenze empiriche su quanto affermano. Anche Il linguaggio della nostra appartenenza sia esclusivista perché la nostra identità è in Cristo. Guardiamoci dall'usare questo linguaggio ecumenico qui presentato e non fermiamoci al "si ode che..."
Molti dubitano del fatto che Dio si possa interessare personalmente di loro. Stentano a credere che un Creatore così immenso possa “abbassarsi” e interessarsi di loro. Questo, triste a dirsi, non capita solo agli increduli, ma anche ai cristiani. Persino agli eletti infatti capita di dubitare dell’amore del Signore per loro. Ebbene hanno motivi validi per comportarsi così?
Assolutamente no! Dio ama il suo popolo, e ha considerazione per esso. Piuttosto è Satana che vuole instillare nella nostra mente, di come l’Onnipotente non ci ami e non ci consideri minimamente. Ovviamente tutto ciò è una menzogna. Guai a farsi sedurre da tali inganni. Senza dubbio vivendo in questo mondo saturo di peccato capita di divenire dubbiosi. Non bisogna comunque mai cedere a tali pressioni diaboliche.
No, non dobbiamo mai cedere alla disperazione. Piuttosto affidiamo il nostro cuore a Colui, il solo in grado di cambiarlo e rafforzarlo contro qualsiasi attacco di Satana. Il Signore. Iddio conosce ogni cosa (1Giovanni 3,20) e quindi anche noi e per la Chiesa questo deve essere motivo di grande gioia.
Si. Abbiamo motivi validi per essere felici e non dubbiosi. La stessa Parola del Signore ci parla di un Dio il quale ama i suoi e non li abbandona di certo. Ascoltiamo cosa ha da dirci: “Non si vendono forse due passeri per un soldo? Eppure neanche uno di loro cade a terra senza il volere del Padre vostro. Ma quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete dunque; voi siete da più di molti passeri”. (Matteo 10,29-31).
Chiaro no? Come può Un Dio che ha grande interesse persino per dei piccoli passeri, disinteressarsi di noi uomini? Un Creatore che addirittura conta ogni nostro capello! Altro che disinteresse, tutt’altro! Dio nel continuo scruta gli uomini, soprattutto quelli che appartengono a Lui. Il suo popolo, la sua gente. Dio guarda le sue creature e apprezza coloro che si sforzano nel fare la sua volontà. Di seguire le sue giuste norme. Egli non è insensibile, bensì come disse l’apostolo Pietro: “ … In verità io comprendo che Dio non usa alcuna parzialità; ma in qualunque nazione chi lo teme e opera giustamente, gli è gradito” (Atti 10,34-35).
Un Dio del genere merita senza dubbio che noi perseveriamo nelle sue vie. E’ giusto rimanere fedeli a un Padre celeste così amorevole. Certo, i problemi nella vita del credente non mancano, questo lo sappiamo. Il Cristo stesso ci avvisò a tale riguardo. Leggiamo le sue parole: “Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me, nel mondo avrete tribolazione, ma fatevi coraggio io ho vinto il mondo” (Giovanni 16,33). Le prove fanno parte della vita del cristiano. Non per questo bisogna abbattersi, anzi, come ha detto il Salvatore, quando ci troviamo nelle tribolazioni, sappiamo a chi rivolgerci.
Gesù Cristo, il Figlio del Dio vivente è il rifugio per ogni credente. Per tutti coloro che sono abbattuti e in preda allo sconforto. D’altronde il medesimo Salvatore spronò i suoi discepoli a ricorrere a Lui, soprattutto nei momenti critici. Leggiamo le sue parole: “Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, ed io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo per le vostre anime. Perché il mio giogo è dolce e il mio peso è leggero!”. (Matteo 11,28-30).
Non esiste rifugio più sicuro del Salvatore. Lo ha detto Lui stesso. “Il suo giogo è dolce e il suo carico è leggero”. Chi è travagliato e abbattuto può trovare nel Redentore vero ristoro per l’anima sua. D’altronde come potrebbe essere altrimenti? Accostiamoci a Lui allora con fiducia, sapendo che non saremo mai delusi.
Chi sono le persone che costituiscono “l’eletto” di Dio?
La Bibbia ci parla di un unico eletto o popolo scelto da Dio. Esso appartiene a YHVH-Dio, il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Nel corso della storia, Egli ha costituito una singola compagnia di persone e continua a chiamare il Suo eletto o popolo prescelto.
Dio opera sempre nei cuori dei Suoi prescelti. Egli li corteggia e li guida nella fede di Abramo. In Cristo, il Messia, essi divengono seme di Abramo ed eredi secondo promessa (Galati 3:29).
Attraverso il sangue di Cristo, essi entrano in una relazione basata su un patto di sangue con il Redentore di Israele.
Facendo una ricerca sulla parola “eletto” in tutta la Scrittura, possiamo vedere che il messaggio di un singolo popolo eletto di Dio è ben stabilito nella Bibbia.
Ricercando, allo steso modo, il termine “prescelto” e quello di “popolo”, ci si rivela la presenza di un “popolo prescelto”.
Questi stessi studi, applicati ai termini in greco, ci mostrano che Dio considera l’eletto un “unico” essere.
Non ci sono, dunque, due eletti o due popoli distinti. Le Scritture mostrano che Dio costituisce una singola compagnia di persone nel corso del tempo storico. Dio guida il Suo eletto da Giuda e dalla casa perduta di Israele (Matteo 15:24) e i pagani gentili da tutte le nazioni vengono a loro volta inclusi nel Suo patto.
Quando i pagani vengono salvati tramite il Messia di Israele, Egli li porta nel Suo patto eterno. Così, nella nuova nascita, essi assumono una nuova identità in Israele (Efesini 2:11-13).
Nella nuova nascita, i cristiani non sono più estranei alla cittadinanza di Israele e non devono più essere considerati goyim o pagani gentili.
Non vi è nulla di intrinsecamente sacro nella parola “chiesa” per se stessa. Essa è semplicemente la traduzione della parola greca ekklesia, che significa “assemblea dei chiamati fuori” o “congregazione”. Perciò, il punto è solo uno: a chi siamo chiamati fuori noi, in quanto congregazione?
Come credenti cristiani siamo stati chiamati fuori verso Gesù Cristo/Yeshua Hamashiach.Rispondendo alla buona notizia del vangelo siamo giunti al Messia di Israele per la nostra salvezza. Ci siamo pentiti del nostro peccato e siamo cambiati dal nostro egoismo luciferino. Abbiamo chiesto al Santo di Israele di entrare nelle nostre vite come Signore e Salvatore. E Lui l’ha fatto!
La nostra redenzione viene dal nuovo patto e dal piano evangelico di salvezza. Quest’ultimo, a sua volta, proviene dai patti di Israele (Efesini 2:11-13).
Le persone vengono salvate dalla grazia, mediante la fede nel sangue espiatorio dell’Agnello sacrificale promesso di Israele. Non c’è nessun altro piano di salvezza che Dio ci offra, né ci sarà mai.
Il nostro Signore e Salvatore è il Santo di Israele (Atti 4:12).
Noi siamo condotti alla salvezza tramite il sangue del nostro Messia ebreo privo di peccato.
La cosiddetta chiesa è radicata e fondata nella vera e genuina fede di Abramo (Galati 3:29). La chiesa non ha mai sostituito Israele, né mai lo farà.
Da nessuna parte, nelle Scritture, Dio parla di due popoli scelti. Da nessuna parte leggiamo di un piano di salvezza per il Israele e uno per la chiesa. Tutti coloro che sono stati salvati, o lo saranno, sono salvati per lo stesso piano di salvezza, cioè per grazia attraverso la fede nell’Agnello di Israele.
Ma questo errore dei “due patti” si è fatto strada e ha dominato i nostri pensieri. Esso risale ai primi padri della chiesa ed è dovuto alla profonda e duratura spaccatura politico-religiosa tra i cristiani salvati, tra i gentili e coloro che provenivano dal giudaismo.
La storia di Israele e quella della chiesa ci testimonia del fatto che i capi religiosi hanno sempre trovato degli espedienti per mantenere lo status quo. Essi, insieme ai re, ai principi e ai mercanti, guardano con estremo sospetto tutto ciò che possa costituire anche il più piccolo disturbo alla “loro pace”. Ciò è ancor più sentito quando questa loro pace serve da copertura per una profonda corruzione, ingiustizia ed empietà. Ma la vera e duratura pace viene costantemente offerta dal Principe di Pace. Egli chiama a sé il Suo popolo eletto perché aspiri ad una più santa e divina ekklesia/congregazione/assemblea, basata sulla Sua pace, la pace che supera ogni comprensione. Questa è fondata sulla fede nel Principe di Pace, ma il mondo e i suoi sistemi, politici e religiosi, non vogliono arrendervisi. Così Dio ha deliberatamente separato la chiesa e “chiama fuori” solo coloro che desiderano rispondergli.
Gesù ha detto che il mondo non lo avrebbe ricevuto. Egli non sprecò mai tempo a cercare di assecondare le folle come i religiosi oggi tentano di fare. Era impegnato a “chiamare fuori” i Suoi discepoli ed essi si sarebbero uniti al Suo eletto, la compagnia di fede che proviene fin dal giardino dell’Eden.
Si, i sistemi del mondo vogliono mantenere le cose come sono, perciò rigettano la chiamata del Messia. Per come la vedono loro, Egli porta la distruzione del modo in cui essi sono abituati a vivere e costituisce un affronto al loro orgoglio. Ma il Suo Santo Spirito sussiste per portare rinnovamento ai loro popoli e una più profonda pace e prosperità alle loro terre. Triste a dirsi, nel bloccare tale rinnovamento i capi di stato e di chiesa annientano la stessa pace che loro stessi vorrebbero ottenere e bloccano le benedizioni che il rinnovamento divino porterebbe nelle loro chiese e nei loro regni. Questo fatto è stato particolarmente visibile nella storia della Francia.
I governanti cercano sempre di mantenere la pace, ma per farlo spesso finiscono per chiudere Dio fuori. Lo abbiamo visto quando i farisei, Erode e Pilato hanno avuto a che fare con la distruzione del loro status quo durante la Pasqua dell’anno della Passione. Il Messia stesso si trovò dinanzi a loro ed essi lo considerarono un problema, un’ulteriore sfida alla loro pace. Egli era uno che rimproverava i cambiavalute, insultava i sacerdoti e minacciava lo status quo. Perciò bisognava che fosse eliminato.
Abbiamo visto il medesimo comportamento anche nella chiesa occidentale moderna, in molte occasioni. I religiosi d’Inghilterra reagirono assai malamente all’uscita della Bibbia in inglese. Durante il regno di Enrico VIII, l’arcivescovo Wolsey e il vescovo di Londra furono messi a dura prova. Essi cospirarono per la cattura di William Tyndale, che stava traducendo il testo sacro, e lo bruciarono sul rogo.
La stessa generazione di capi religiosi è tuttora tra noi. Essi continuano ad insistere sul mantenimento dello status quo e sull’importanza della loro pace e della loro comodità personale contro il messaggio biblico e il volto del Messia di Israele. Questi è Colui che solo può portare la pace tra loro e sanare la breccia di Geroboamo. Ma cosa abbiamo visto fare finora? Nulla. Non abbiamo visto alcun tentativo, da parte dei capi di alcuna fazione, di ricercare il Messia e accettare la Sua pace per colmare quella tremenda spaccatura che iniziò quasi tremila anni fa con il terribile divorzio di Israele, la breccia di Geroboamo. Cosa hanno fatto, dunque, i nostri moderni dispensazionalisti evangelici a questo riguardo? Hanno tenuto per sé il problema per creare una eterna divisione teologica tra Israele e la chiesa, basata sulla biblicamente scorretta impostazione di “noi e loro”.
Cari santi, questa è una dottrina pericolosa e, a meno che non venga corretta e allontanata da noi, si rivelerà foriera di eventi vergognosi e perfino anti-semiti nei tempi futuri. Costituisce, né più né meno, una “apartheid dell’eletto”.
Ma noi siamo davvero in una dimensione diversa rispetto ad Israele? E i nostri fratelli ebrei non saranno davvero mai salvati? (Vedi Zaccaria 12:7-13:1). Cosa ci dice la Bibbia riguardo alla nostra identità nazionale?
Andiamo a dare un’occhiata. In Cristo, nostro Salvatore, diventiamo nuove creature (2 Corinzi 5:17), siamo identificati nel seme di Abramo (Galati 3:29) ed, entrando in un patto di sangue con il nostro Messia ebreo e Re dei re, otteniamo la nuova identità della cittadinanza di Israele. I patti di Israele si aprono anche a noi, così come alla casa ebraica che ha fede nel Messia. In tal modo diventiamo eredi secondo promessa.
Una persona pagana e gentile che scopre che Gesù Cristo è il Messia di Israele e apre il suo cuore e la sua vita a Lui, viene salvata come tutti gli altri. Senza saperlo, in questo modo il suo cuore è stato circonciso e, nella caduta di tutto ciò che è carne e sangue, questa persona si ritrova con una nuova identità in Israele. Può anche essere stata ebrea di nascita, ma questo fatto, da solo, non assicura la salvezza. Ora qualcosa di diverso accade, che è al di sopra di qualsiasi cosa si sia mai vista prima. Il seme di Abramo viene posto da Lui e dà inizio ad una nuova esistenza!
La vera identità della cristianità nell’ambito della cittadinanza di Israele è resa invisibile e celata da re e mercanti del mondo. Questa informazione viene pesantemente controllata. La congregazione di Israele è uscita dai confini della sua terra duemila anni fa e la chiesa è divenuta una compagnia globale nel grande giorno di Pentecoste.
Il nuovo patto è stato promesso da Dio fin dall’Antico Testamento (vedi Isaia 49:6 e Geremia 31:31-33).Tramite il Messia, il nuovo patto con i singoli individui e nella congregazione di Israele provvede e assicura un rinnovamento del vecchio patto con la nazione di Israele. Certo, la nazione di Israele sarà restaurata alla fine dei tempi e diverrà un sacerdozio regale e una nazione santa, così come pure vedremo le dodici tribù di Israele ai cancelli della Nuova Gerusalemme discendente dal cielo (vedi Apocalisse 21). Con il vangelo, il nuovo patto ha rotto gli argini del paese di Israele negli ultimi duemila anni e continuerà a farlo fino al “giorno della mietitura” e alla fine dell’era, durante il revival della fine dei tempi.
Quando i gentili si pentono e sono salvati non sono più gentili. Non sono più stranieri incirconcisi e pagani (goyim), né sono alienati dalla promessa del patto e dalla cittadinanza di Israele (Efesini 2:11-13).
Attraverso il sangue del Messia essi sono nuove creature e vengono innestati nell’olivo di Israele.
Le scritture parlano di un solo popolo eletto di Dio ed esso si identifica in Israele.
Israele è stato diviso in due regni nel 900 a.C. e oggi abbiamo, proprio come i due regni e le due case di Israele, una “chiesa” e un “Israele” distinti.
Ma Dio non ha mai acconsentito a questo né ha mai menzionato nelle Scritture che sarebbe durato per sempre. La Bibbia non parla mai nemmeno di una presunta “apartheid dell’eletto”.
Quindi, la presente situazione di divisione è temporanea e destinata alla restaurazione. L’attuale muro di separazione non riflette la volontà di Dio né il Suo piano.
Il movimento messianico tra gli ebrei ci ha mostrato ciò che Dio farà: egli intende svelare e restaurare Israele all’apice dei tempi (Zaccaria 13:1).
La separazione o rottura della tribù reale di Giuda dalla congregazione di Israele non è definitiva.
Ciò che vediamo oggi è solamente la nostra pragmatica, ecclesiastica e giudaica, assuefazione alla breccia di Geroboamo.
La presente divisione tra Israele e la chiesa è certamente parte del non ancora concluso patto.
Dio si prenderà cura di questa ferita aperta nel momento in cui si aprirà la settantesima settimana, alla fine dei tempi
Egli è già ora all’opera per la restaurazione di Israele e lo radunerà nella settantesima settimana di Daniele. Tutte le sue pecore perdute saranno ritrovate e ognuna di esse sarà ricondotta a casa.
Attraverso la storia di Israele e la chiesa, Dio ha “chiamato fuori” un eletto. Tutti coloro che sono stati salvati sono stati radunati tramite la Sua grazia, attraverso la fede e sono conosciuti di persona da Dio.
Tutti gli eletti di Dio, dal giusto Abele all’ultimo santo della tribolazione, saranno radunati e la fine dei tempi li vedrà tutti glorificati insieme nella resurrezione-rapimento (Matteo 24:31).
Ma i più saggi giudeo-cristiani rivelano un popolo diviso e caotico. Il regni di Nord e Sud di Israele hanno sofferto una lunga e dolorosa separazione.
Le due case di Israele sono state divorziate per quasi tremila anni. Ora, a causa del peccato e della parziale cecità, Israele e la chiesa riescono a malapena a riconoscersi tra loro.
La breccia di Geroboamo ha spezzato Israele in due regni. Le dieci tribù disperse sono giunte fino ai confini della terra. Molti di essi sono ancora lì fuori a stringere trattati di protezione con i principi e le nazioni. Essi sono perduti e hanno perso la memoria, proprio come Gomer.
Ma centinaia di milioni di loro sono già stati ritrovati. Molti del perduto Israele stanno entrando nel nuovo patto (Geremia 31:31-33). Essi stanno portando con sé anche una moltitudine di compagni (Ezechiele 37:16) dalle nazioni. Il ministero mondiale del vangelo sta portando alla grande mietitura di Israele.
Certamente, il vangelo trascende la razza e i legami nazionali. Per ragioni politiche, l’identità della chiesa in Israele viene tenuta nascosta e resta sotto una coltre di fumo religiosa per colpa di principati e potestà. E anche perché lo Spirito Santo di Dio ha ancora molto lavoro da svolgere nei cuori degli uomini.
Qui, dunque, giace la vera base per la pace nel mondo. Non vi può essere, né vi sarà mai, pace nel mondo senza un cambiamento nei cuori degli uomini.
Questo può essere ottenuto solo grazie a Cristo e alla venuta personale del Principe di Pace. Quest’era sarà sommersa dalla Sua venuta internazionale.
La casa reale di Giuda non può essere dimenticata e non lo sarà (Zaccaria 12:7-13:1).
La ribellione e la mancanza di legge nella chiesa saranno eliminate dalla cittadinanza di Israele (Efesini 2:12-13). Tutto ciò accadrà sotto i legami dell’amore, quando la totalità degli stranieri verrà portata in Israele (Romani 11). Poiché nel nuovo patto la legge di Dio, la Torah, è scritta nei cuori (Geremia 31:31-33).
Il nuovo patto e la salvezza sono giunti nel mondo tramite il Messia di Israele (Atti 4:12). La Sua grande salvezza è la luce che è stata mandata ai gentili (Isaia 42:6; 49:6; 60:3). Cristo ci ha fornito il sangue dell’espiazione, la sola via di riconciliazione con Dio (1 Giovanni 1:7).
La sola salvezza che questo pianeta vedrà mai giunge attraverso il sangue dell’Agnello di Israele.
La breccia di Geroboamo ha separato Israele e il caos risultante continua a tenere il Suo popolo diviso anche oggi. La spaccatura tra la nazione degli ebrei e la cristianità occidentale è molto profonda e oscura.
La frattura di Israele in due parti è storia antica, ma coinvolge anche la chiesa. Questa relazione spezzata è la ragione di tanta gelosia e vessazione (Isaia 11:13).
Questo è il “cattivo sangue” che ci ha portati alle crociate. Purtroppo e con grande vergogna, gran parte dell’antisemitismo è tutt’oggi sponsorizzato dalla chiesa. L’apostasia ha alienato entrambe le case di Israele dal loro Messia e il peccato continua ad alienare la chiesa da Israele e viceversa.
Oggi, il popolo giudeo-cristiano resta una famiglia profondamente divisa e disfunzionale. Tale è la nostra presente realtà politica e religiosa. Essa affonda le radici nella grande separazione di Israele nel 900 a.C., quando le due grandi luci presero strade separate.
Quando tutto Israele vide che il re non gli dava ascolto, rispose al re, dicendo: «Che abbiamo da fare con Davide? Noi non abbiamo nulla in comune con il figlio d’Isai! Alle tue tende, o Israele! Provvedi ora tu alla tua casa, o Davide!». E Israele se ne andò alle sue tende. (1 Re 12:16)
Questo fu il grande divorzio di Israele, la terribile “breccia di Geroboamo”. Israele fu spezzato in due case: uno crebbe nella legge e l’altro andò in cerca della grazia.
L’oggetto di odio e rifiuto è ben chiaro qui. Veleno e ribellione furono diretti contro il trono di Davide. Così, a causa di un fraintendimento, la faida è andata avanti e l’animosità continua ancora ai giorni nostri.
Ma nel Messia c’è la riconciliazione tra legge e grazia. In Lui giungono grazia e pace e ognuno dei due lati si specchia nell’altro.
La bontà e la verità si sono incontrate, la giustizia e la pace si sono baciate. (Salmo 85:10)
La totalità degli stranieri sarà portata dentro (Romani 11:25), la breccia di Geroboamo sarà sanata e Giuda sarà salvato (Zaccaria 12:7-13:1). I rami dell’olivo domestico saranno reinnestati (Romani 11).
Il popolo delle dieci tribù disperse porta con se un melo-hagoyim, una moltitudine di compagni dalle nazioni. Negli ultimi due millenni centinaia di milioni di persone sono entrate nella congregazione di Israele.
Metà dell’eletto di Dio è addormentato e l’altra metà è vivo e vegeto tutt’ora su questo pianeta.
La chiesa è parzialmente cieca riguardo alle sue radici in Israele (Romani 11.25), come anche Giuda lo è riguardo al suo Messia.
La chiesa è pertanto estraniata dalla tribù di Giuda e dalla nazione ebraica. Essa non riconosce i suoi fratelli ebrei, ma vede al loro posto due compagnie: “Israele” e “la chiesa”.
Purtroppo essa le vede come due distinti eletti, separati per sempre.
Ma questo divario non è permanente. Dalla prospettiva eterna di Dio risulta solo una aberrazione temporanea. Esso non era tale nella chiesa del primo secolo, composta soprattutto di ebrei, e di certo non corrisponde al piano finale di Dio per il Suo popolo.
La rottura presente e lo stato di divisione di Israele non dureranno per sempre. Le Scritture mostrano una gloriosa restaurazione all’apice della storia sacra
Il muro di separazione tra Israele e la chiesa è una ferita aperta. È un ponte spezzato, una divisione artificiale nella famiglia di Dio. Esiste a causa del peccato e della ribellione di Israele e anche a causa del rifiuto di Giuda a ricevere la grazia di Dio.
Il piano redentore di Dio ripristinerà questa comunicazione interrotta. Questo e altro accadrà all’apice della storia sacra, nel crogiolo degli ultimi giorni. I misteri saranno svelati quando la profezia biblicasarà compiuta.
La breccia di Geroboamo deve essere sanata e lo sarà. Le due case di Israele saranno di certo riunite. I due rami si uniranno come un unico popolo eletto, così come ha profetizzato Ezechiele (37:15-28).
Il profeta Zaccaria vide due olivi versare olio in una vasca d’oro. L’olio fluiva attraverso due tubi dorati fino ad un candelabro a sette braccia (Zaccaria 4:7).
Due candele vengono poste sulle nostre tavole in occidente per i pasti comunitari. E due testimoni vengono presentati nel dramma della fine dei tempi (Apocalisse 11:3).
Due offici e due unzioni vengono viste, allo stesso modo, nell’ordine di Melchisedec: Re di Salem e Sommo Sacerdote dell’Altissimo.
Questi sono i due ruoli del nostro Messia.
I due offici di Melchisedec, il regno e il sacerdozio, possono essere visti come la legge e la grazia. La prima rappresenta la giustizia e i precetti di Dio e la seconda il ministero di sacerdozio divino per la salvezza di quelli che vanno a Lui.
Entrambe le unzioni e le autorità sono in Israele ed entrambe sono svolte dal Messia. Egli conduce a Sé “un sacerdozio regale e una nazione santa” (Esodo 19:6; 1 Pietro 2:9).
E alla fine dell’era il Messia radunerà il Suo eletto (Matteo 24:31).
Noi abbiamo già visto il ministero sacerdotale del Messia. Esso è stato mostrato nella Sua prima venuta.Il Messia venne sacrificato a Pasqua, sepolto durante la festa degli Azzimi ed è risorto durante la festa delle Primizie.
L’estate di quell’anno ha visto la festa di Pentecoste compiuta: quello fu il giorno del calendario ebraico in cui Mosè portò la legge, o Torah, giù dal monte Sinai. Il compleanno della nazione di Israele. E il compimento del nuovo patto, a Pentecoste, vide anche la nascita della chiesa.
Il Messia compirà la storia di quest’era: non lo faranno né le risoluzioni ecumeniche, né le iniziative di unificazione religiosa, né i movimenti dei dominionisti ecclesiastici. Solo il ritorno del Messia potrà compiere la storia e solo Lui lo farà.
Il Messia libererà la città santa, Gerusalemme, ad Armageddon. Egli sarà il Liberatore che giungerà alla liberazione di Bosra. Radunerà gli esuli di Israele da ogni luogo in cui si siano dispersi. Raffinerà, ristorerà e riunirà tutto Israele nel crogiolo della fine dei tempi.
La settantesima settimana di Daniele è stata scritta e determinata da Dio. Rappresenta un momento certo e stabilito del futuro. Sette anni sono stati stabiliti perché Dio possa trattare con il Suo popolo eletto, in cui Egli sistemerà tutte le faccende inerenti le due case di Israele.
Il Signore terrà udienza durante la rivelazione e si occuperà anche delle nazioni riguardo alla Sua città santa e al Suo eletto. Tutto ciò è già stato determinato e la settantesima settimana è pronta. Tutte queste cose devono essere predisposte prima che quest’era giunga al suo glorioso apice.
Un solo piano di salvezza – Un solo popolo eletto
La restaurazione di tutto Israele alla fine dei tempi
Torniamo alle nozioni basilari. La nostra salvezza non è una faccenda per i gentili, per gli ecclesiastici o anche per la chiesa. La nostra redenzione è nel sangue espiatorio dell’Agnello di Israele. Questa è la nostra grande salvezza e si annida nei patti di Israele. Non ce n’è un’altra. Il Messia di Israele è l’unica fonte di tutte le cose eterne. Quando veniamo salvati diventiamo nuove creature in Cristo, nostro Messia (2 Corinzi 5:17). Il nostro Salvatore Gesù Cristo è l’unico Santo di Israele. È l’unto, la pietra angolare, il fondamento per un tempio che non è fatto da mano d’uomo (Efesini 2).
Quindi, la nostra cittadinanza come cristiani evangelici non è solo una bandiera nazionale. Poiché, quando i misteri saranno svelati, noi vedremo la gloria delle nazioni come riflesso della luce che emana dalle dodici porte di Israele. La nostra cittadinanza eterna è la devozione a qualcosa di più alto dello stato di Israele (Efesini 2:11-13). È una devozione del cuore, non nei legami della legge nazionale, ma in quelli dell’amore. Il nostro Messia scrive la Sua legge nei nostri cuori (Geremia 31:31-33) e questo, come una divina serendipicità, diventa il nostro zelo e la nostra devozione.
Le religioni profane sanno ben poco di queste cose divine. La vita di chiesa negli stati occidentali è stata soppiantata dall’interesse economico e si ovvia a questo fatto con i migliori sacerdoti che la moderna psicologia antinomica può fornire. Gli insegnamenti della chiesa post-moderna sono spesso un guazzabuglio di elementi motivazionali economici e psico-chiacchiere auto glorificanti.
Ma il “successo nella vita” e la “migliore vita ora” che essa vende sono solo un’illusione. Il senso della nostra vita e la sua soddisfazione non si possono trovare in noi stessi. Né la vita è fatta per essere spesa nel conseguimento del piacere e della felicità personale. Il nostro valore individuale non si può realizzare con questi sistemi carnali e la nostra “autostima” potrà anche essere accresciuta da una momentanea scarica di religiosità, ma in genere non dura molto. Tutto questo inganno narcisistico interno alla chiesa è una trappola che conduce in basso, all’egoismo luciferino, all’abisso, al pianto e stridor di denti.
Gli psicologi non possono darci l’autostima, né possono generare in noi il rispetto personale. Esso giunge solo quando entriamo in un vero e reale patto di sangue con qualcuno o qualcosa molto più grande e valente di noi. Anche la Legione Straniera, la Mafia e le bande di strada lo sanno. Se la chiesa continuerà a coccolare i cristiani in questo vano e narcisistico egoismo, impedirà loro di giungere alla vera cristianità del patto di sangue e solo due tristi esiti ci si prospetteranno: da un lato il nostro presente male continuerà e dall’altro saremo guidati dai pifferai magici nel dominionismo. Il secondo ci porterà dritti ad una tragica crociata e alla fine del tempo.
Entrambe queste strade sono molto basse e conducono lontano dalla via della santità (Isaia 35).Porteranno i cristiani al delitto di sangue, alla vergogna e alla tragedia personale.
Dunque, la politica cristiana non è la risposta. Il nostro destino non deve essere cercato nella presente situazione governativa. La nostra via di casa è una strada stretta e diritta che giace nella fede e nei patti d’Abramo. E il Dio d’Abramo sta guidando il suo popolo a casa, passo dopo passo.
Se siamo in Cristo siamo progenie di Abramo (Galati 3:29).
Il nostro Salvatore non è semplicemente qualcuno che ci dà un biglietto per il paradiso e poi ci lascia andare per la nostra strada. Noi siamo in una relazione di sangue con Lui ed Egli ci chiama a prendere la nostra croce e seguirlo.
In questo è riposta la nostra devozione. Noi siamo chiamati ad essere bravi cittadini nella nostra nazione, ma il nostro destino non è a Parigi, Berlino, Londra o Washington. Quando la grande moltitudine sarà radunata davanti al “mare di vetro” non si canteranno gli inni nazionali. L’eletto canterà il cantico di Mosè (Apocalisse 15:1-4).
Ci sono state promesse molte dimore ed esse si troveranno nella Nuova Gerusalemme, una città non costruita da mano d’uomo. Giovanni vide la città santa, la Sposa dell’Agnello, che scendeva dal cielo presso Dio (Apocalisse 21). Tutto il popolo eletto di Dio sarà lì, radunato da Israele e da tutte le nazioni.
Il popolo eletto di Dio come un unico sacerdozio, una nazione santa
L’eletto è guidato verso il regno del Messia, un regno di legge divina e giustizia. Questo fu, e rimane tutt’oggi, il peso della tribù reale, la casa di Giuda del regno del Sud.
L’eletto è guidato allo stesso modo verso il sacerdozio del Messia, un sacerdozio di grazia divina, di espiazione e perdono dei peccati. Questo fu il peso del sacerdozio di Dio nel condurre gli uomini a Lui.Non si vede nel sacerdozio levita, ma in quello di Melchisedec (Ebrei 7).
La grazia è anche ciò che il regno del Nord andava cercando nel 900 a.C. Allora il popolo andò dal re Roboamo in cerca di grazia. Essi cercavano sollievo dal duro lavoro e dalla schiavitù in Giuda e chiedevano di essere sollevati dalle pesanti tasse dovute al debito lasciato dal declino della gloria di Salomone.
I profeti prevedono all’unanimità la totale restaurazione di Israele. Il regno abbraccia la casa e il trono di Davide, cioè la tribù di Giuda. I sacerdozio, che unisce Dio all’uomo, viene amministrato in modo potente nel nuovo patto. Il vangelo, la buona notizia della salvezza di Dio, ha superato i confini di Israele nel giorno di Pentecoste. Cinquanta giorni dopo la resurrezione del Messia, la congregazione di Israele, la chiesa, iniziò ad essere stabilita tra le nazioni.
I due grandi ministeri di Dio devono ancora riunirsi. Tale ineffabile unione di regno e sacerdozio, legge e grazia, Israele e la chiesa, è una gloriosa realtà futura. La riunificazione e restaurazione di tutto Israele avverrà di certo e le Scritture ci danno prove abbondanti che sarà così, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento.
La promessa restaurazione di Israele vedrà il regno e il sacerdozio riuniti: questo è piano di Dio per il Suo eletto, stabilito per il popolo di Dio fin dal monte Sinai. Allora, con Mosè, Dio lanciò ai figli di Israele un’esortazione e una sfida:
Dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare; poiché tutta la terra è mia; e mi sarete un regno di sacerdoti, una nazione santa. (Esodo 19:5-6)
Si noti che Dio non parla di un “regno” e un “sacerdozio” così come faremmo noi oggi, poiché Egli non usa dei concetti inscatolati come facciamo noi. È piuttosto per un libero scambio tra i due offici ed intreccia le due virtù di regalità e santità, ricollegandole ai due ministeri di regno e sacerdozio.
La virtù sacerdotale della santità viene applicata al regno e la virtù reale della regalità viene applicata al sacerdozio. Così abbiamo un sacerdozio regale e una nazione santa.
L’apostolo Pietro ci porta lo stesso messaggio nel Nuovo Testamento, lo stesso identico che Mosè portò tre millenni e mezzo fa.
Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa. (1 Pietro 2:9)
Cari santi, dobbiamo disimparare il dispensazionalismo che ci è stato inculcato. Gli uomini di chiesa non avrebbero mai dovuto erigere queste mura massoniche nel nostro tempo e nella nostra dottrina. Non avrebbero mai dovuto imporre la loro artificiosa divisione alle Sacre Scritture, né negare la profetizzata restaurazione dell’eletto di Dio.
Ciò è molto triste da osservare. Riceviamo gli insegnamenti della cosiddetta “età della grazia”, un periodo di tempo che si estende dal Calvario all’inizio della settantesima settimana di Daniele. Questa età è l’età della chiesa e non si dovrebbe estendere agli ultimi sette anni di quest’era. Infatti, ci viene detto, Dio avrebbe un piano a parte per Israele nella settantesima settimana e, poiché il tempo della grazia dovrebbe terminare all’inizio degli ultimi sette anni, Israele dovrà “mantenere la legge” per essere salvato! Da dove avranno mai preso questa nozione di salvezza attraverso la legge? Qualcuno si è mai salvato per essersi attenuto alla legge? Esiste una minima prova nelle Scritture che sostenga questa ecclesiastica “apartheid dell’eletto di Dio”? Da dove arriva questa idea dei dispensazionalisti di un’età della grazia che si interrompe alla settantesima settimana? Chi sono loro per porre limiti alla divina grazia di Dio? Chi ha dato loro l’autorità di chiudere la grazia di Dio in una scatola, in un periodo arbitrario che soddisfi il loro piano ecclesiastico e politico? La risposta è chiara. Dei massoni, infiltrati nella chiesa attraverso il reverendo Darby, C.S. Scofield e altri ancora, avevano un piano e un lavoro da svolgere. La chiesa occidentale è stata abbindolata. Essi erano determinati ad impiantare la loro dottrina pre-tribolazionista nelle Sacre Scritture, ma ovviamente essa non c’entra nulla. Il risultante pasticcio escatologico non è un bel vedere. La dottrina del rapimento prima della tribolazione è una enorme confusione e molti cristiani vengono spinti a credere erroneamente che sia “qualcosa che solo gli esperti possono capire”. Che tristezza! Un simile puzzle non potrà mai essere messo insieme e ne resta un ammasso di pezzetti confusi e appiccicati insieme con la forza. Questa è una situazione assai preoccupante. Tale dottrina di eterna separazione tra la chiesa ed Israele è cattiva teologia e di certo diffonderà delle pesanti conseguenze politiche. I dispensazionalisti dicono di non stare promuovendo una teologia della sostituzione, eppure la loro fortuita dipartita e la glorificazione della chiesa si adattano perfettamente alla dottrina pre-tribolazionista e giungono alla stessa conclusione: separazione dalla nazione ebraica e dai santi della tribolazione. Questi, infatti non entrerebbero nella gloria! Così la gloria di Dio viene inscatolata e messa da parte solo per la chiesa precedente il rapimento, una sorta di “patto speciale” o “paracadute dorato” che si sono costruiti per se stessi. Ma c’è un problema: chiudendo Israele fuori dalla grazia, essi hanno chiuso la nazione di Israele fuori dalla chiesa. Questo è grave quanto una teologia della sostituzione, perché la nazione di Israele viene esclusa come se fosse un eletto di serie B. I dispensazionalisti dicono che la nazione ebraica non si unirà alla chiesa alla fine dei tempi. Il loro “treno della gloria” può partire da un momento all’altro ed essi non aspetteranno Israele. La chiesa occidentale si è procurata il suo biglietto e la gran parte dei suoi membri sono attualmente certissimi che toglieranno le tende sette anni prima della fine del tempo. Le Scritture si oppongono esplicitamente a questa politica di separazione. La Bibbia ci mostra che un solo eletto sarà radunato all’apice della storia, ma il dispensazionalismo non desidera che questo venga ribadito. I suoi esponenti sono determinati a vedere le cose a modo loro. Questo non è l’unico errore che notiamo nella cristianità occidentale. I dispensazionalisti dipingono la fine dei tempi come una zona infernale e buia, senza grazia, senza Spirito Santo e senza chiesa. Essi negano la verità concernente il risveglio della fine dei tempi (Gioele 2:28-32). Gioele vide lo spargimento dello Spirito Santo e i prodigi ad esso inerenti, come il sole mutato in tenebre e la luna in sangue. Vide la fine dei tempi! Queste sono buone notizie, perché vi sarà un’enorme spinta per la chiesa, se i suoi ministri si decideranno a fare il loro dovere e a dirlo alle persone. Questa è la base per l’epica salvezza nazionale di Israele (Zaccaria 12:7-13:1; Gioele 2:28-32). Lo Spirito Santo sarà per forza presente all’interno del grande dramma finale e la Sua presenza è assolutamente necessaria perché avvenga l’enorme mietitura internazionale dei santi della tribolazione di cui leggiamo in Apocalisse 7. Ma i dispensazionalisti pre-tribolazionisti si rifiutano di accettare l’idea di un risveglio durante la tribolazione. Cosa sta succedendo? Gli insegnanti attuali hanno erroneamente identificato colui che trattiene l’Anticristo, di cui si parla in 2 Tessalonicesi 2, con lo Spirito Santo. Hanno stabilito che il Consolatore se ne andrà, privandoci della Sua divina onnipresenza. Lascerà il pianeta e il popolo eletto di Dio per sette anni, abbandonerà i santi durante i tre anni e mezzo della Prostituta e i tre e mezzo della grande tribolazione. Questo si accorda con le Scritture? Si accorda con ciò che sappiamo del nostro Dio e Spirito Santo? La dottrina di Israele contro la chiesa suscita una escatologia molto strana e complicata, che potrà avere molte conseguenza politiche assai negative. Abbiamo già visto ciò che è stato causato dalla teologia tedesca della sostituzione e ora questo tipo di dispensazionalismo americano potrebbe porre le basi teologiche per portare ancora sofferenza alla nazione di Israele da parte di tutta la chiesa occidentale. I carnali fondamentalisti cristiani potranno dire: “Questi ebrei ci stanno mettendo troppo a ravvedersi! Probabilmente non ce la faranno ad arrivare alla gloria. Perché, allora, la chiesa dovrebbe preoccuparsene? Io ho già il mio biglietto per la gloria. Io sarò presto fuori da qui!”. Questa egoistica e irresponsabile escatologia ha escluso gli ebrei. Ma quando il rapimento pre-tribolazione non si verificherà, allora saranno veri dolori! I fondamentalisti cristiani potranno anche arrabbiarsi a morte con Dio per un’immaginaria “promessa infranta” e questa dottrina potrebbe innescare una nuova e più tremenda ondata di antisemitismo. Molte vergognose manovre politiche nascono dal seme della cattiva teologia. Ricordiamo ciò che la storia ci insegna, quello che abbiamo visto accadere all’inizio della storia delle nazioni europee, e preghiamo che ciò non accada anche oggi in America. I credenti cristiani devono tornare alla Bibbia e vedere la confluenza finale di Israele e chiesa nell’unico eletto. Dio ha chiamato solo un unico popolo prescelto, un’unica famiglia di Dio. Se oggi vediamo due gruppi distinti che dichiarano di essere eletti di Dio, ciò non vuol dire che la loro separazione debba rimanere tale per sempre. Nel discorso sul monte degli Olivi, il Messia ha detto che Egli radunerà il suo eletto, singolo, alla fine dei tempi (Matteo 24:31). Lo radunerà e glorificherà nell’ultimo giorno della resurrezione-rapimento. Radunerà tutti coloro che sono in Cristo alla Sua venuta (1 Corinzi 15:22-23). Questo è il meraviglioso piano di Dio e richiede che sia completato il grande mandato, richiede la salvezza della nazione ebraica (Zaccaria 12) e la restaurazione di entrambe le case di Israele. Tutte verranno radunate l’ultimo giorno, come un unico eletto, un’unica grande famiglia felice. È un concetto semplice ed elegante, una verità biblica.
Il popolo eletto nel dramma della fine dei tempi: il travaglio della donna di Apocalisse 12
Una domanda che spesso si fa è questa: chi è la donna che Giovanni vede in Apocalisse 12? Cosa rappresenta? Se ha una corona con dodici stelle, dobbiamo pensare che esse rappresentino tutto il popolo eletto di Dio, ebrei e non ebrei. Tale popolo entrerà nel crogiolo della fine dei tempi e, il rimanente, emergerà vittorioso all’apice della storia. Si, questo sarà il tempo dell’angoscia di Giacobbe (Geremia 30:7) e comprenderà di certo la chiesa. La donna di Apocalisse 12 è una rappresentazione dell’eletto. Rappresenta ogni credente che è morto nella fede di Abramo e che ha creduto nel sangue dell’Agnello di Israele. In questo passo la vediamo compiere il suo magnifico destino indossando la corona con dodici stelle: entrerà nella gloria all’apice dell’era. Quando contempliamo questa immagine, dobbiamo pensare che essa non rappresenta solo Israele come nazione ebraica. Ciò è vero, ma è anche molto di più.
Vediamo la donna la prima volta nell’Eden, quando avrebbe portato il seme che schiaccerà la testa al serpente. Fu poi nella famiglia di Noè, che fu l’unico retto della sua generazione. Dopo ancora la vediamo lasciare Ur con Abramo, padre di tutti coloro che, per fede, videro una città con fondamenta eterne costruita e progettata da Dio. La vediamo divenire una nazione presso il monte Sinai dopo l’esodo. La donna di Israele è la “congregazione nel deserto”, che doveva entrare nella terra promessa (Atti 7:38). È l’Israele che diede i natali al Messia, duemila anni fa. La vediamo nella chiesa che emerse a Pentecoste e Giovanni la vide alla gloriosa fine dei tempi. La donna del destino che vediamo nelle Scritture è solo un’ulteriore immagine del popolo eletto di Dio. La donna di Israele che Giovanni vide in Apocalisse 12 ha un diadema con dodici stelle. Questa non può essere una rappresentazione della casa di Giuda o della nazione ebraica solamente. Se vi sono dodici stelle sulla sua corona devono rappresentare l’Israele completamente restaurato e completato. È una ghirlanda di vittoria: la donna è vestita di sole, la gloria del Padre. Il travaglio della donna non è limitato alla nascita di Gesù duemila anni fa. Dai rifermenti di Apocalisse 12 sappiamo che l’esilio della donna dura 1260 giorni o tre anni e mezzo (Apocalisse 12:6 e 12:14). Questa è un’immagine del popolo eletto di Dio nell’ultima metà della settantesima settimana di Daniele. È il tempo dell’angoscia di Giacobbe negli ultimi giorni.
Ahimè, perché quel giorno è grande; non ce ne fu mai altro di simile; è un tempo di angoscia per Giacobbe; ma tuttavia egli ne sarà salvato. (Geremia 30:7)
Giovanni ci dice che alla donna saranno date grandi ali d’aquila e fuggirà alla sua dimora: non si parla qui forse dell’esilio di Bosra? La donna sarà nutrita spiritualmente per 1260 giorni: i tre anni e mezzo della grande tribolazione. Una di quelle dodici stelle è la reale tribù di Giuda. E le altre? Beniamino è con Giuda, quindi ne mancano dieci. Che ne è di loro? Dobbiamo pensare che tutte le dieci tribù disperse emergeranno da una nebbia misteriosa. Tutte e dodici ci saranno e porteranno con sé una moltitudine di compagni dal loro soggiorno nelle nazioni. Tutti i santi, di ogni razza, tribù ed etnia, saranno innestati nell’olivo di Israele (Romani 11). Nella donna di Apocalisse 12 vediamo l’Israele unificato. Il popolo eletto è uno solo, alla fine! Quindi Dio non ha ordinato né immaginato una “apartheid del suo eletto”. Il popolo che vediamo radunato alla fine dei tempi viene dalla storia umana. Il popolo di Dio, ebrei e non ebrei, sarà unito alla fine della storia e una singola congregazione perverrà a Sion (Isaia 35). Sono in viaggio per un’unica festa ad un’unica tavola con un unico Messia. La grande occasione sarà la Cena delle Nozze dell’Agnello.
I riscattati del Signore torneranno, verranno con canti di gioia a Sion; letizia eterna coronerà il loro capo, otterranno felicità e gioia; il dolore e il gemito fuggiranno. (Isaia 51:11)
Grazia e pace siano su tutto l’eletto del signore.
di Gavin Finley
Per gentile concessione di Sequenza Profetica
"Beato il popolo che conosce il grido di giubilo, o Eterno, perché esso camminerà alla luce del tuo volto; si rallegrerà tutto il giorno nel tuo nome ed esulterà nella tua giustizia. Sì, tu sei il vanto della loro forza, e col tuo favore accresci la nostra potenza. Poiché il nostro scudo appartieneall'Eterno e il nostro re al Santo d'Israele." (Salmi 89:15-18)