Il termine
Che cosa vuol dire la parola "martire"? Nel linguaggio comune la si usa in diversi modi. Esaminiamo alcune frasi:
"I martiri della libertà" sono coloro che, con alto spirito di sacrificio, hanno dato sé stessi completamente fino alla morte per la causa della libertà di un popolo. "I martiri del libero pensiero" sono coloro che hanno patito fino alla morte per difendere la libertà di opinione e di espressione.
"I martiri del lavoro" sono quelli che sul lavoro sono colti da infortuni o da malattie professionali, come nella frase:"L'apertura del traforo del Frejus fece molti martiri", oppure "i martiri della scienza" coloro che hanno dato la loro vita per il progresso della scienza.
Per estensione si può dire di una persona: "è una martire afflitta da molte disgrazie… o da un marito manesco" per indicare chi è afflitta da lunghi tormenti o maltrattato ingiustamente.
Abbiamo così la parola "martirio", che indica qualsiasi crudele pena e anche la morte sofferta per la fede o un alto ideale, come nelle frasi "affrontò il martirio senza battere ciglio", o "subire il martirio", ed è usata in senso attenuato in frasi come: "È un martirio per un bambino restare seduto tante ore in un banco". Si dice poi anche di chi assume atteggiamenti da vittima: "Non fare il martire"…
Il termine martire, però, ha avuto origine nel contesto della fede cristiana, e significa: "chi attesta fermamente di fronte agli oppositori la sua fede e per essa è pronto a subire persecuzioni e persino la morte". Origene, padre della Chiesa, lo definisce così: "chi preferisce morire piuttosto che rinnegare la sua propria fede e vivere".
In un'epoca come la nostra, dominata dal relativismo, priva di ideali se non molto vaghi e suscettibili di compromessi, priva di certezze e quindi fondamentalmente agnostica, la figura del martire, come quella dell'eroe, è molto lontana dai nostri orizzonti. Per alcuni, i martiri non sarebbero che gente sciocca, credulona e fanatica… Essi però considerebbero glialtri come gente "senza spina dorsale", decadente, opportunista, conformista, miserabile…
Martiri nella Bibbia
Il primo martire cristiano propriamente detto, che segue il Signore Gesù persino nella sofferenza e nella morte è Stefano, di cui ci parla il libro degli Atti al capitolo VII.
La Scrittura ci dice: "…intanto la parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente in Gerusalemme; e anche un gran numero di sacerdoti ubbidiva alla fede. Or Stefano, ripieno di fede e di potenza, faceva grandi prodigi e segni fra il popolo. E alcuni della sinagoga (...) si alzarono per disputare con Stefano; ma non potevano resistere alla sapienza e allo spirito col quale egli parlava. Allora istigarono degli uomini" con false accuse verso di lui, "…ed eccitarono il popolo, gli anziani e gli scribi; e, piombatigli addosso, lo trascinarono via e lo condussero davanti al sinedrio. Poi presentarono dei falsi testimoni (...) E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, avendo fissati gli occhi su di lui videro il suo volto simile al volto di un angelo". Così lo interrogano e Stefano, testimoniando e dando ragione della sua fede, annuncia loro l'identità e la missione di Gesù Cristo, chiamandoli al ravvedimento ed alla fede. Questo però il sinedrio non lo vuole udire. "All'udire queste cose, essi fremevano in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui. Ma egli, ripieno di Spirito Santo, fissati gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio, e disse: Ecco, io vedo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio. Ma essi, mandando alte grida, si turarono gli orecchi e tutti insieme si avventarono sopra di lui; e, cacciatolo fuori dalla città, lo lapidarono. (...) Così lapidarono Stefano, che invocava Gesù e diceva: Signor Gesù, ricevi il mio spirito. Poi, postosi in ginocchio, gridò ad alta voce: Signore, non imputare loro questo peccato. E, detto questo, morì" (Atti 7).
L'Apostolo Paolo, parlando della propria conversione a Cristo, scrive: "quando si versava il sangue di Stefano, tuo martire, anch'io ero presente, acconsentivo alla sua morte e custodivo le vesti di coloro che lo uccidevano"(At. 22:20).
In Apocalisse si parla brevemente della figura di un cristiano che dà la sua vita per Cristo. La comunità cristiana di Pergamo vive momenti difficili. Il Signore le dice: "Io conosco le tue opere e dove tu abiti, là dove Satana ha il suo trono; tuttavia tu rimani fedele al mio nome e non hai rinnegato la fede in me neppure nei giorni in cui il mio fedele testimone Antipa fu ucciso tra di voi, là dove abita Satana" (Ap. 2:13).
Ed è proprio l'autore dell'Apocalisse che ci parla più di tutti dei martiri: "io vidi sotto l'altare le anime di coloro che erano stati uccisi a motivo della parola di Dio e a motivo della testimonianza che avevano resa" (Ap. 6:9). Essa parla di una grande potenza futura che farà strage di cristiani: "E vidi la donna ebbra del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. E, quando la vidi, mi meravigliai di grande meraviglia" (Ap. 17:6). Essa parla del grande onore che i testimoni della fede riceveranno nel Regno di Dio: "Poi vidi dei troni, e a quelli che vi sedettero fu dato la potestà di giudicare, e vidi le anime di coloro che erano stati decapitati per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e che non avevano adorato la bestia né la sua immagine e non avevano preso il suo marchio sulla loro fronte e sulla loro mano. Costoro tornarono in vita e regnarono con Cristo per mille anni"(Ap. 20:4).
Vorrei citare infine il famoso testo di Ebrei 11 che esaltando la fede dei popolo di Dio, comprendente quello dell'Antico Testamento dice: "...altri ancora subirono scherni e flagelli, e anche catene e prigionia. Furono lapidati, segati, tentati, morirono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, afflitti, maltrattati (il mondo non era degno di loro), erranti per deserti e monti, in spelonche e grotte della terra. Eppure tutti costoro, pur avendo avuto buona testimonianza mediante la fede, non ottennero la promessa, perché Dio aveva provveduto per noi qualcosa di meglio, affinché essi non giungessero alla perfezione senza di noi" (Eb. 11:36-40). "Anche noi dunque, essendo circondati da un così gran numero di testimoni, deposto ogni peso e il peccato che ci sta sempre attorno allettandoci, corriamo con perseveranza la gara che ci è posta davanti, tenendo gli occhi su Gesù, autore e compitore della nostra fede, il quale, per la gioia che gli era posta davanti, soffrì la croce disprezzando il vituperio e si è posto a sedere alla destra del trono di Dio" (12:1,2).
Il valore più grande
Il valore più grande
Si, la storia del popolo di Dio, antico e moderno, è storia di martiri, cioè di testimoni fedeli e veraci, persone che, conoscendo il messaggio dell'Evangelo come prezioso ed insostituibile per la loro vita, conoscendo da vicino la preziosissima Persona del Signore e Salvatore Gesù Cristo, hanno investito in Lui ogni cosa che possedevano ed erano, e non l'hanno voluta svendere per nulla al mondo, neanche per la loro vita.
Sono come il mercante di perle di cui parla Gesù quando dice: "Il regno dei cieli è simile ad un mercante che va in cerca di belle perle. E, trovata una perla di grande valore, va, vende tutto ciò che ha, e la compera" (Mt. 13:45,46). Il Signore Gesù diventa il valore massimo. Udite che cosa dice l'Apostolo Paolo come considera ciò che ha trovato in Cristo rispetto tutti i beni di questo mondo: "ma le cose che mi erano guadagno, le ho ritenute una perdita per Cristo. Anzi, ritengo anche tutte queste cose essere una perdita di fronte all'eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù mio Signore, per il quale ho perso tutte queste cose e le ritengo come tanta spazzatura per guadagnare Cristo" (Fl.3:6-8).
Un impegno totale
Un impegno totale
Oggi per molti essere cristiano è un accessorio della vita. Sono tante altre cose prima e poi anche cristiani. Hanno tante cose da fare nella vita, e poi, se c'è tempo, anche per qualche pratica religiosa… Il loro cuore trova maggior piacere ed interesse per le cose di questo mondo alle quali non vogliono rinunciare. Sarebbero però pronti a rinunciare alla loro vita stessa pur di non rinnegare Cristo? Quale sarebbe il risultato di una rapida inchiesta fatta di risposte sincere? Se ci chiedessero: "Se non rinneghi la tua fede ti spogliamo ti espropriamo di tutto ciò che possiedi, …ti chiudiamo in un ospedale psichiatrico, …ti ammazziamo!", che cosa sceglieremmo? È una domanda scottante che pure oggi viene fatta a cristiani in certe parti del mondo.
La Scrittura dice: "Or grandi folle andavano a lui, e Gesù si rivolse loro e disse: Se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre, moglie e figli fratelli e sorelle e perfino la sua propria vita, non può essere mio discepolo. E chiunque non porta la sua croce e mi segue, non può essere mio discepolo. Chi di voi infatti, volendo edificare una torre, non si siede prima a calcolarne il costo, per vedere se ha abbastanza per portarla a termine? Che talora, avendo posto il fondamento e non potendola finire, tutti coloro che la vedono non comincino a beffarsi di lui, dicendo: "Quest'uomo ha cominciato a costruire e non è stato capace di terminare". (…) Così dunque, ognuno di voi che non rinunzia a tutto ciò che ha, non può essere mio discepolo"(Lu. 14:25-33).
Pensate: Gesù identifica il termine mio discepolo in colui o colei che Lo mette al primo posto nella sua vita, e per lui sarebbe pronto a rinunciare ai suoi famigliari, ai suoi amici, ad ogni cosa, alla sua vita stessa! Esagerato? Eppure questo diceva Gesù per chiunque fosse davvero qualificato a portare il Suo nome.
Gesù disse pure: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per causa mia, la salverà. Che giova infatti all'uomo guadagnare tutto il mondo, se poi rovina se stesso e va in perdizione? Perché, se uno ha vergogna di me e delle mie parole, anche il Figlio dell'uomo avrà vergogna di lui, quando verrà nella gloria sua e del Padre e dei santi angeli" (Lu. 9:23-26).
Il Signore Gesù parla qui del seguirlo, della possibilità di perdere la propria anima eterna se non rinnega sé stesso e nonporta la Sua croce. Che significa? Che significava la croce al tempo di Gesù? Significava un'unica cosa. La croce era lo strumento di tortura più atroce, di sofferenza e di morte. Cristo chiama alla più totale rinuncia di sé, alla totale rinuncia di vivere per compiacere sé stessi e per perseguire obiettivi egoistici, al punto da essere pronti a dare la propria vita per Cristo. Significa considerare la causa di Cristo più preziosa di qualsiasi altra cosa nella vita ed essere pronti a sacrificare l'intero proprio essere per amor suo. È una resa totale alla signoria ed all'autorità di Gesù Cristo sulla nostra vita!
Il Signore Gesù parlava di un tempo in cui: "…vi sottoporranno a supplizi e vi uccideranno; e sarete odiati da tutte le genti a causa del mio nome. Allora molti si scandalizzeranno, si tradiranno e si odieranno l'un l'altro. E sorgeranno molti falsi profeti, e ne sedurranno molti. E perché l'iniquità sarà moltiplicata, l'amore di molti si raffredderà; ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato" (Mt. 24:9-11).
Disponibilità?
Disponibilità?
Un atteggiamento disponibile al martirio è fondamentale per ogni genuina professione di fede. Coloro che professano essere seguaci di Cristo, ma che amano qualsiasi altra cosa o persona più di Cristo, ingannano solo sé stessi se pretendono di essere persone che hanno ricevuto da Dio il dono della salvezza.
Un cristiano scrisse: "Se non sei un martire, almeno potenzialmente, non puoi nemmeno essere un cristiano" (John Gerstner). Un cuore disposto alla rinuncia di sé stima le cose di questo mondo di gran lunga inferiori ai valori della fede e libera i sentimenti dall'essere troppo attaccati a qualunque cosa di quaggiù. Un altro cristiano scrisse: "Più dai valore ad una cosa più ti rattristi per la sua perdita; una donna che dia immenso valore al proprio figlio, quando dovesse perderlo è come se perdesse la sua vita stessa… allo stesso modo colui che … ama l'onore di questo mondo e la sua vita… allora questi diventano i suoi dei. Portategli via il suo dio e lui affonderà. Un cuore che sa rinunciare a sé stesso non attribuisce valore ultimo a queste cose; se ne vanno le ricchezze, è solo come un'ombra che svanisce; se la vita se ne va, non è per lui come una bolla di sapone che si dissolve"(Thomas Hooker). Perché mai affliggersi per la perdita di… spazzatura, così come il cristiano è chiamato a considerare le cose di questo mondo?
Vorrei concludere con le parole di un cristiano del passato che, dopo aver scritto un trattato sull'argomento del martirio, dice: "Per quale ragione io ho ritenuto di dover affliggere la testa dei miei lettori con un simile spinoso argomento come quello del martirio? Io rispondo: l'idea del martirio è inclusa nei più fondamentali principi del cristianesimo: amare Cristo più di noi stessi, la rinuncia a sé stessi o il rinnegare noi stessi. Chi mi fa questa domanda non merita migliore risposta che il silenzio, perché se non capisce questo, continuerà a pensare che simili argomenti siano troppo duri ed irragionevoli" (William Pink).
"Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?"
di Paolo Castellina
"Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?"
(Romani 8:35)
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