Il riformatore, teologo e dottore della Parola di Dio Giovanni calvino, parlando nella sua opera “L’istituzione della religione cristiana”, libro terzo, capitolo 21, paragrafo 5 così scrisse:
“Chiunque vorrà considerarsi uomo timorato di Dio, non oserà negare la predestinazione, per mezzo della quale Dio ha assegnato gli uni a salvezza e gli altri a condanna eterna; molti, invece, la avvolgono in svariati cavilli, in particolare coloro che la vogliono fondare sulla sua prescienza. Diciamo sì che egli prevede tutte le cose come le dispone; ma dire che Dio elegge o respinge in quanto prevede questo o quello, significa confondere tutto. Quando attribuiamo una prescienza a Dio, vogliamo dire che tutte le cose sono sempre state e rimangono eternamente comprese nel suo sguardo, tanto che nella sua conoscenza nulla è futuro o passato, ma ogni cosa gli è presente, e talmente presente che non l'immagina come attraverso qualche apparenza, così come le cose che abbiamo nella memoria per mezzo dell'immaginazione, ma le vede e guarda nella loro verità, come se fossero davanti al suo volto. Affermiamo che una tal prescienza si estende sul mondo intero e su tutte le creature. Definiamo Infatti non li crea tutti nella medesima condizione, ma ordina gli uni a vita eterna, gli altri all'eterna condanna. Così in base al fine per il quale l'uomo è creato, diciamo che è predestinato alla vita o alla morte”.
Questo è il chiaro pensiero del riformatore sul soggetto della predestinazione. In pratica Calvino non fa altro che riportare quello che la Sacra scrittura insegna su tale argomento. Un insegnamento, mi rendo conto spinoso per molti, ma verace. D'altronde ciò non dovrebbe nemmeno meravigliarci. La Parola di Dio in tutti i suoi “66” libri non fa altro che esaltare e innalzare la sovranità assoluta di Dio.
Una sovranità che egli esercita pienamente sul creato visibile e invisibile avendone pienamente il diritto, essendone il fattore. Egli, per esempio, preordinò gli eventi come quello della crocifissione del Cristo, secondo quanto leggiamo ne libro degli Atti: “Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù il Nazareno, uomo accreditato da Dio tra di voi per mezzo di potenti operazioni, prodigi e segni che Dio fece tra di voi per mezzo di lui, come anche voi sapete, egli, dico, secondo il determinato consiglio e prescienza di Dio, vi fu dato nelle mani e voi lo prendeste, e per mani di iniqui lo inchiodaste alla croce e lo uccideste”(Atti 2,22-23) e non solo.
Infatti, Yahvé predestina anche la vita di ogni sua creatura, come afferma chiaramente Paolo nell’epistola ai romani: “Tu mi dirai dunque: «Perché trova ancora egli da ridire? Chi può infatti resistere alla sua volontà?». Piuttosto chi sei tu, o uomo, che disputi con Dio? La cosa formata dirà a colui che la formò: «Perché mi hai fatto così?». Non ha il vasaio autorità sull'argilla, per fare di una stessa pasta un vaso ad onore e un altro a disonore? E che dire se Dio, volendo mostrare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con molta pazienza i vasi d'ira preparati per la perdizione? E questo per far conoscere le ricchezze della sua gloria verso dei vasi di misericordia, che lui ha già preparato per la gloria” (Romani 9,19-23).
La cosa che però dobbiamo focalizzare in questa meditazione non è tanto quella di provare con la Bibbia l’insegnamento sulla predestinazione, bensì quello di trovare conciliabilità tra tale dottrina e l’amore di Dio. La domanda da porci quindi è questa: può un Dio che preordina la vita di ogni uomo fin dei minimi particolari, empia o santa che sia, essere definito un Dio d’amore così come viene descritto in 1a Giovanni 4,8?
La risposta sta sul modo corretto di concepire l’amore di Dio. Spesse volte l’uomo tende a farsi un creatore a sua immagine e somiglianza, confondendo il Dio d’amore così come lo presenta la Bibbia, con un dio “buonista” e tollerante tanto caro agli empi, a coloro che non desiderano abbandonare il peccato. Tali persone non vogliono comprendere che le Sacre scritture presentano l’amore di Yahvé in modo molto differente da come concepito da loro.
Innanzitutto, bisogna sottolineare il fatto che tra le qualità dell’amore divino non spicca unicamente la misericordia, bensì altro ancora. La Bibbia, per esempio, descrive Yahvé come un Dio giusto e santo (Esdra 9,15; Isaia 6,3). Di conseguenza l’Onnipotente detesta l’ingiustizia e gli operatori d’iniquità e non solo i peccati che commettono (Salmo 11,5; Proverbi 3,33).
Un altro aspetto da considerare è la natura depravata dell’uomo così come la presenta la Scrittura. Un essere incapace di ogni bene. Non solo di praticarlo, ma persino di desiderarlo (Romani 3,9-18; Geremia 17,9). Si, il suo cuore è insanabilmente maligno, incapace di ogni bene e tutti sono venduti al peccato, nessuno escluso. Solo un uomo fece la differenza, il solo a non aver mai peccato, il Cristo (Ebrei 4,14-15).
Ebbene, tenendo conto di tali evidenze è ovvio che il Signore davanti ai suoi occhi si trovava un’umanità empia, peccatrice e ricolma solo di odio. Di conseguenza se avesse deciso di punirla interamente a causa della sua ribellione, avrebbe solo fatto il suo dovere esercitando la sua giustizia in modo equo e corretto. Il Creatore infatti è un Dio giusto e retto, così come sono prive d’ingiustizia le sue vie (Deuteronomio 32,4).
Lui però nella sua infinita misericordia ha decretato di strappare all’inferno una parte di quegli uomini condannati a quella fine, per salvarli e modellarli facendoli diventare immagine di Suo Figlio (Romani 9,20-24; Efesini 1,5-6). Si, fin dall’eternità ha deciso di avere pietà di molti. Egli nella sua scelta non si è certo fatto guidare da qualche presunto merito trovato in essi. D’altronde come poteva essere possibile, dato che nell’uomo non vi è nulla di buono?
Piuttosto, secondo quanto troviamo scritto da Paolo nella prima epistola ai cristiani di Corinto, il Creatore ha seguito un ben altro modo di scegliere: “ma Dio ha scelto le cose stolte del mondo per svergognare le savie; e Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; e Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose spregevoli e le cose che non sono per ridurre al niente quelle che sono, affinché nessuna carne si glori alla sua presenza” (1a Corinzi 1,27-29).
Ecco come e soprattutto in quale modo si è manifestato l’amore di Dio. Soprattutto la qualità di questo sentimento sconfinato che Dio ama maggiormente manifestare ed elargire le sue creature: “la misericordia”. Un qualcosa di completamente gratuito, senza che vi sia il bisogno da parte dell’uomo di guadagnare tale favore divino. Anche perché sarebbe stato impossibile da parte sua.
Ecco perché l’amore di Dio è compatibile con la dottrina biblica della predestinazione. Ed ecco perché non vi è nessuna contraddizione fra le due cose.
Credere in un Dio Onnipotente vuol dire credere in un Dio Sovrano e Signore assoluto di ogni cosa: esseri viventi e creato inanimato. Tutto è sottoposto al suo controllo e il fatto stesso che esistano miriadi di creature, facenti parte sia del mondo invisibile che visibile, dimostra solo la realtà del suo amore. La prova che Yahvé è pervaso da tale sentimento meraviglioso.
Un sentimento che deve dimorare anche nel nostro cuore, perché solo così potremo veramente definirci figli suoi. Figli del Padre celeste e sua progenie. Ebbene noi vogliamo realmente questo? Allora chiediamo a Dio di operare in noi affinché possiamo riflettere il Suo amore.
Trasmetterlo agli altri. A coloro che ancora non lo conoscono, tramite le nostre parole, ma soprattutto con una sana testimonianza cristiana. In questo modo le persone con le quali avremo contatto, costateranno che siamo realmente figli di Dio perché in noi dimora lui, il suo ineffabile amore.
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