A
Timoteo, mio caro figlio, grazia, misericordia, pace da Dio Padre e da Cristo
Gesù nostro Signore.
2Timoteo 1:2
1. INTRODUZIONE
La
seconda lettera di Paolo a Timoteo inizia con l'introduzione di un nuovo
elemento (assente nella precedente lettera) che ne sottolinea il
carattere escatologico: l'espressione "secondo la promessa della vita che è
in Cristo Gesù"1. Paolo si definisce apostolo per volontà di Dio
secondo questa promessa, una promessa che costituisce il fondamento
dell'intero Vangelo ed il suo stesso scopo di vita. Come egli stesso scrisse ai
Corinzi, se non vi è risurrezione dei morti, neppure Cristo è stato
risuscitato; e se Cristo non è stato risuscitato, vana dunque è la nostra
predicazione e vana pure è la vostra fede (1 Co 15:13,14). Ma la fede
cristiana e la predicazione degli apostoli trova invece la propria potenza
proprio nell'annuncio della resurrezione di Cristo, e nella vita eterna che il
Signore promette a tutti coloro che credono e dimorano in lui.
Addentrandoci nella lettera, possiamo trovare uno schema fondamentale articolato in tre passaggi: l'introduzione epistolare, il discorso di commiato (composto da due argomenti e una perorazione), ed infine la conclusione2. Entrando più nello specifico, l'introduzione comprende l'intero primo capitolo della lettera, il secondo capitolo invece tratta il primo argomento (la successione apostolica), il terzo capitolo tratta il secondo argomento (pericoli futuri), i primi otto versetti del quarto capitolo comprendono il discorso di commiato propriamente detto (la perorazione del discorso) e i versetti rimanenti vanno a costituire la conclusione finale3. Questa lettera mostra in modo speciale l'urgenza della trasmissione del deposito della fede, la necessità di lavorare duramente per preservare il Vangelo ricevuto, e poterlo affidare ad altri discepoli e ad altre generazioni di credenti. Queste transizioni così delicate sono trattate in special modo nel secondo capitolo, che, come abbiamo visto, affronta in modo specifico il tema della successione apostolica, fondamentale per il successo della missione cristiana attraverso il tempo e lo spazio, come risulta evidente anche dalla storia dei primi secoli del cristianesimo. Un argomento fondamentale per Timoteo, ma anche, sicuramente, di uguale importanza per ciascuno di noi.
Addentrandoci nella lettera, possiamo trovare uno schema fondamentale articolato in tre passaggi: l'introduzione epistolare, il discorso di commiato (composto da due argomenti e una perorazione), ed infine la conclusione2. Entrando più nello specifico, l'introduzione comprende l'intero primo capitolo della lettera, il secondo capitolo invece tratta il primo argomento (la successione apostolica), il terzo capitolo tratta il secondo argomento (pericoli futuri), i primi otto versetti del quarto capitolo comprendono il discorso di commiato propriamente detto (la perorazione del discorso) e i versetti rimanenti vanno a costituire la conclusione finale3. Questa lettera mostra in modo speciale l'urgenza della trasmissione del deposito della fede, la necessità di lavorare duramente per preservare il Vangelo ricevuto, e poterlo affidare ad altri discepoli e ad altre generazioni di credenti. Queste transizioni così delicate sono trattate in special modo nel secondo capitolo, che, come abbiamo visto, affronta in modo specifico il tema della successione apostolica, fondamentale per il successo della missione cristiana attraverso il tempo e lo spazio, come risulta evidente anche dalla storia dei primi secoli del cristianesimo. Un argomento fondamentale per Timoteo, ma anche, sicuramente, di uguale importanza per ciascuno di noi.
2. PERSEVERA nella
fatica
Tu dunque, figlio mio, fortìficati nella
grazia che è in Cristo Gesù, e le cose che hai udite da me in presenza di molti
testimoni, affidale a uomini fedeli, che siano capaci di insegnarle anche ad
altri. Sopporta anche tu le sofferenze,
come un buon soldato di Cristo Gesù. Uno che va alla guerra non s'immischia in
faccende della vita civile, se vuol piacere a colui che lo ha
arruolato. Allo stesso modo
quando uno lotta come atleta non riceve la corona, se non ha lottato secondo le
regole. Il lavoratore che fatica
dev'essere il primo ad avere la sua parte dei frutti. Considera quel che
dico, perché il Signore ti darà intelligenza in ogni cosa. Ricòrdati di Gesù
Cristo, risorto dai morti, della stirpe di Davide, secondo il mio vangelo, per
il quale io soffro fino ad essere incatenato come un malfattore; ma la parola di
Dio non è incatenata. Ecco perché sopporto ogni cosa per amor degli eletti,
affinché anch'essi conseguano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla
gloria eterna. Certa è quest'affermazione: se siamo morti con lui, con lui anche
vivremo; se abbiamo costanza, con lui anche regneremo; se lo rinnegheremo
anch'egli ci rinnegherà; se siamo infedeli, egli rimane fedele, perché non può
rinnegare se stesso.
2Timoteo 2:1-13
2Timoteo 2:1-13
Questo brano specifico della lettera (che molto tempo dopo la sua redazione è stato codificato come il suo secondo capitolo) presenta da subito l'importante principio dell'insegnamento e del discepolato cristiano, la necessità di trasmettere le proprie esperienze di fede ad altre persone fedeli della comunità in modo da garantire stabilità, moltiplicazione e armonia nella chiesa. Dopo questa esortazione però, Paolo prosegue trattando in modo specifico il serio compito che spetta a Timoteo così come è spettato a lui per tutto il tempo del suo ministero. Egli descrive questo incarico usando tre immagini: quella di un buon soldato, di un atleta lottatore e di un lavoratore. La genuina vita cristiana non è una vita passiva, ma una vita piena di disciplina, allenamento e fatica. Una vita che ben conosce la sofferenza spirituale (Ro 8:23), emotiva (2 Tim 4:16) e a volte persino fisica (2 Co 11:25). Essere servitori di Gesù Cristo, comporta vivere con una concentrazione che non si lascia distrarre dai piaceri del mondo secolare, ma che si distingue per essere ligia al proprio dovere e alle regole stabilite, lavorando con fatica per molto tempo. L'aspetto in comune a queste tre immagini infatti è proprio quello della perseveranza: la perseveranza nella disciplina militare, negli allenamenti atletici e nel lavoro agricolo. I frutti duraturi dei discepoli del Signore (Gv 15:8) non maturano in poco tempo, né facilmente, ma al contrario possono crescere soltanto in un lungo periodo di tempo, nel quale l'operaio cristiano è chiamato a faticare con fede in ubbidienza alla Parola di Dio, anche se non si vedono da subito i risultati sperati. Naturalmente è importante fare regolarmente una sana autocritica, specchiarsi nella Scrittura per vedere se il proprio lavoro e il proprio carattere è conforme a quello auspicato; ma una volta assincerata la purezza delle proprie intenzioni e del proprio servizio, non bisogna lasciarsi scoraggiare e bisogna perseverare. Quello che conta, in quanto credenti, non è come iniziamo il nostro percorso di crescita spirituale, ma piuttosto come lo terminiamo. In questa stessa lettera, Paolo dirà: "ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede" (4:7). Questo è il suo commiato, ma dovrebbe arrivare ad essere lo stesso commiato di ogni cristiano, in particolar modo di ogni ministro di Dio.
Questa perseveranza nella fatica è da considerare, ricercando e chiedendo al Signore l'intelligenza necessaria per affrontare al meglio ogni singola situazione.
Oltre a tutto questo però, troviamo qui anche un'altra raccomandazione di grande importanza: ricordarsi di Gesù Cristo, risorto dai morti. Questo è contemporaneamente il soggetto e lo scopo del messaggio (e del servizio) cristiano, come anticipato nelle parole iniziali della lettera. Gesù Cristo è risorto dai morti, ed è per questo motivo che noi potremo risorgere! La prospettiva escatologica non è certo solo una bizzarra e lontana conseguenza del Vangelo, ma il cuore pulsante del Vangelo stesso, il motivo della predicazione e del ministero cristiano, il suo scopo finale! Ricordarsi costantemente questa verità significa comprendere sempre meglio il motivo della perseveranza nella propria fatica, il motivo del proprio servizio: affinché - oltre a noi - anche gli altri eletti conseguano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. Anche se in certi ambienti cristiani è comune l'espressione "passione per i perduti", ad indicare l'urgenza per l'evangelizzazione, essa in realtà non ha una corrispondenza biblica. Le Scritture, infatti, non parlano di passione per i perduti, parlano di amore per gli eletti. Il Signore non chiede di "raggiungere i perduti", ma chiede di raggiungere il suo popolo che ancora non lo conosce (Atti 18:10), sparso in tutte le nazioni, tribù, ceti sociali....Sparso in ogni luogo, fino all'estremità della terra. L'annuncio del vangelo - la chiamata - è per molti, e deve essere fatta a tutti, in tempo e fuori tempo; ma l'elezione, che conosce solo il Signore, è soltanto per pochi (Mt 22:14) ed è quella che costituisce il solido fondamento di Dio che vedremo in dettaglio nel prossimo capitolo.
Se avremo costanza in tutto questo, contribuiremo all'edificazione della Chiesa, e arriveremo anche noi a regnare assieme al Signore.
3.
PRESERVA il tuo vaso
Ricorda
loro queste cose, scongiurandoli davanti a Dio che non facciano dispute di
parole; esse non servono a niente e conducono alla rovina chi le ascolta.
Sfòrzati di presentare te stesso davanti a Dio come un uomo approvato, un
operaio che non abbia di che vergognarsi, che tagli rettamente la parola
della verità. Ma evita le chiacchiere profane, perché quelli che le fanno
avanzano sempre più nell'empietà e la loro parola andrà rodendo come fa la
cancrena; tra questi sono Imeneo e Fileto, uomini che hanno deviato dalla
verità, dicendo che la risurrezione è già avvenuta, e sovvertono la fede di
alcuni. Tuttavia il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo
sigillo: «Il Signore conosce quelli che sono suoi», e «Si ritragga
dall'iniquità chiunque pronuncia il nome del Signore». In una grande casa
non ci sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche vasi di legno e di terra;
e gli uni sono destinati a un uso nobile e gli altri a un uso ignobile. Se
dunque uno si conserva puro da quelle cose, sarà un vaso nobile,
santificato, utile al servizio del padrone, preparato per ogni opera buona.
2Timoteo
2:14-21
Dopo l'esortazione alla perseveranza nella propria fatica, l'apostolo Paolo cambia argomento e sollecita Timoteo a sforzarsi di presentare sé stesso davanti a Dio come un uomo approvato, mantenendosi puro dalle chiacchiere profane. Gli chiede inoltre di scongiurare la chiesa di non fare dispute di parole. Queste chiacchiere profane e queste dispute di parole non sono costituite dal ragionamento e dalla discussione sulla Parola di Dio con lo scopo di comprenderla e viverla meglio, ma da logiche ed argomentazioni che hanno come risultato quello di rinnegare le esplicite verità bibliche (che ai tempi di Paolo erano custodite nell'Antico Testamento e nell'insegnamento degli apostoli). Subito dopo, infatti, troviamo l'esempio di Imeneo e Fileto e del loro insegnamento sulla resurrezione già avvenuta. La resurrezione non era già avvenuta a tempo di Paolo, ma non è già avvenuta neanche al tempo presente, perché essa è riservata al momento del ritorno di Cristo:
Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati; ma ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta; poi verrà la fine, quando consegnerà il regno nelle mani di Dio Padre, dopo che avrà ridotto al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni potenza.
1Corinzi 15:22-24
In tutta la storia del cristianesimo ci sono state numerose filosofie e dottrine che hanno portato al rinnegamento di determinate evidenze bibliche. Il rinnegamento dell'umanità o della divinità di Cristo, della salvezza per grazia, della necessità di santificazione... Fino ad arrivare al rinnegamento della veridicità dei racconti biblici e dei miracoli dei vangeli, che incontriamo ai giorni nostri. Tutti questi falsi insegnamenti sono sorti all'interno della Chiesa principalmente grazie ad interpretazioni illegittime delle Scritture, all'influenza dei movimenti intellettuali secolari, a reazioni estreme sorte in opposizione ad altre eterodossie ed a presunte rivelazioni personali, arrivando a generare soltanto confusione e incredulità. Ma di fronte a tutte queste cose, si staglia la risoluta esortazione dell'apostolo: "evita le chiacchiere profane, sforzati di presentarti come uomo approvato". Le false dottrine sono sempre esistite e sempre esisteranno, proprio come coloro che si sforzano a sovvertire la fede dei credenti, ma in tutto questo resta fermo il solido fondamento di Dio sigillato con queste parole: "Il Signore conosce quelli che sono suoi, e si ritragga dall'iniquità chiunque pronuncia il nome del Signore". Al tempo di Elia, il Signore aveva riservato per sé stesso settemila uomini che non si erano piegati all'idolatria (1 Re 19:18), così come a partire dall'epoca apostolica egli si è riservato un residuo di Israele eletto per grazia (Ro 11:5), un residuo che ha potuto riconoscere Gesù Cristo. In modo analogo, anche nella Chiesa visibile vi è un numero di sinceri credenti conosciuti dal Signore, e un numero di persone che frequentano apparentemente qualche comunità cristiana ma senza aver realmente incontrato Dio e ubbidito alla sua voce. Il Signore conosce i suoi, ed i suoi si ritraggono dall'iniquità: questa certezza è sigillo della sua ferma volontà e sovranità, e garanzia per la sussistenza della Chiesa, invincibile anche per le porte dell'Ades (Mt 16:18).
Se un servo di Cristo si conserva puro dalle false dottrine, dall'incredulità e da ogni specie di sincretismo, sarà un vaso utile al servizio del proprio padrone. Il ministero cristiano (che sia di apostolato, profetismo, evangelismo, pastorato o insegnamento) è genuino e utile al Signore soltanto se si conserva puro. Solo nella purezza e trasparenza della Parola di Dio, infatti, possiamo rendere un servizio utile a Dio con la nostra fatica, e contribuire all'avanzamento del Regno dei Cieli nella misura che ci viene affidata. Al contrario, chi si contamina con i falsi insegnamenti diventa inutile, e il proprio servizio diventa ignobile e vergognoso. Ecco quindi il senso dell'esortazione a tagliare rettamente la parola della verità. Questo è un vero e proprio banco di prova per ogni ministro di Dio, una condizione fondamentale per i ministri di ogni epoca e luogo.
4.
ISTRUISCI gli oppositori
Fuggi le passioni giovanili e ricerca la giustizia, la fede, l'amore, la pace con quelli che invocano il Signore con un cuore puro. Evita inoltre le dispute stolte e insensate, sapendo che generano contese. Il servo del Signore non deve litigare, ma deve essere mite con tutti, capace di insegnare, paziente. Deve istruire con mansuetudine gli oppositori nella speranza che Dio conceda loro di ravvedersi per riconoscere la verità, in modo che, rientrati in se stessi, escano dal laccio del diavolo, che li aveva presi prigionieri perché facessero la sua volontà.
2Timoteo 2:24-26
Dopo l'esortazione alla perseveranza nella fatica e l'appello alla purezza della verità, l'apostolo Paolo sollecita infine Timoteo a fuggire la passioni giovanili e ricercare la giustizia, la fede, l'amore, la pace con quelli che invocano il Signore con un cuore puro. Quest'ultima, di fatto, rappresenta il significato della vera unità cristiana. Un'unità che non riguarda una comunione di obiettivi, strategie, denominazione o preferenze musicali, ma una comunione nella stessa pura invocazione del Signore. Con credenti di questo tipo, ogni figlio di Dio è chiamato a ricercare e perseguire la pace e l'unità, essendo parte di un corpo solo, in comunione con un solo Spirito, sottomessi tutti ad un unico Signore attraverso lo stesso tipo di fede, a sua volta testimoniata con il medesimo battesimo (Ef 4:3-6). L'unità è dello Spirito, ma deve essere vincolata con la ricerca della pace. Per stringere questo vincolo di pace è necessario anche evitare le dispute insensate, ossia quelle dispute che non portano alla crescita spirituale ma accendono soltanto una insensata competitività. Le contese tra credenti non fanno onore a Dio, il servo del Signore infatti non deve litigare. Però, deve essere capace di insegnare pazientemente, e di istruire con mansuetudine gli oppositori. Questi oppositori probabilmente sono proprio coloro che rinnegano le evidenti verità bibliche, e che comportandosi in questo modo si rendono involontariamente (o volontariamente?) promotori della volontà del diavolo. Il termine greco utilizzato in questo contesto è diabolos, che significa calunniatore, falso accusatore, diffamatore4. Queste infatti sono alcune delle principali attività di Satana: calunniare, accusare falsamente e diffamare tanto i veri ministri di Dio quanto, ancor di più, la Bibbia stessa! Il primo presupposto del combattimento spirituale infatti è proprio quello di indossare la cintura della verità, in quanto la verità biblica è ciò che più disturba il diavolo, che viene da essa smascherato e reso inoffensivo. Ogni suo potere deriva dalle menzogne, dalla torbidità, dalla confusione; dove resta stabile e nitida la verità di Dio invece, tutto viene alla luce. Alla luce della verità, vi è ravvedimento per il peccato, vi è guarigione l'anima, vi è la piena azione dello Spirito Santo. Dove la verità viene meno invece, lo Spirito Santo è rattristato e le menzogne si propagano rodendo come la cancrena, cercando di portare morte in ogni luogo possibile. Questo è il laccio del diavolo, un laccio nel quale purtroppo cadono molti uomini in ogni generazione, come possiamo osservare nella storia della Chiesa e dell'umanità. Il ministero cristiano comprende dunque anche questa funzione di paziente insegnamento verso gli oppositori, pregando il Signore che possa concedere loro di ravvedersi. Non è questione di torto o ragione personale, è questione di verità o menzogna, vita o morte. Ricordiamoci che Paolo stesso è stato un feroce persecutore della Chiesa (1 Co 15:9), ma Dio gli ha dato la grazia di ricevere la rivelazione del Figlio e diventare un suo prezioso strumento (Gal 1:13-17). Il timore di Dio è quindi santificazione, allontanamento dall'iniquità, ma anche paziente insegnamento offerto agli oppositori, rimettendo a Dio il giudizio finale non senza, però, intervenire per proteggere il più possibile le comunità da scandali e peccati insistenti (1 Co 5).
L'insegnamento della Parola di Dio rivolto ai credenti, è un'attività trattata in questo contesto nel primo paragrafo (2 Tim 2:1-13) in relazione alla perseveranza nella propria fatica. E' infatti un aspetto proprio del servizio cristiano e del lavoro svolto nella conduzione di una o più comunità. Il paziente insegnamento rivolto agli oppositori, invece, viene trattato alla fine di questo discorso, come servizio conseguente alla propria perseveranza e preservazione spirituale.
5.
CONCLUSIONE
da Davide Galliani.com
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