Prima dell’avvento del Cristo, Dio tramite il profeta Gioele, già disse che un giorno avrebbe sparso il Suo Spirito su ogni sorta di persone. Vecchi e giovani sarebbero diventati dimora del “Paraclito” e grazie a quest’ultimo avrebbero profetizzato, avuto sogni e visioni. Si, lo Spirito di Dio, il quale prima della discesa sulla Terra del Figlio di Dio “investiva” pochi eletti, con la nascita della Chiesa, tutti coloro che avrebbero creduto nel Redentore, sarebbero diventati addirittura sua dimora e per giunta perpetua.
Quale grazia Dio aveva preparato per tutti coloro che lo amano! Il Suo popolo era destinato a diventare il tempio dello Spirito (1Corinzi 3,16-17).
Come sappiamo il Signore abitava in un tempio fatto da mano d’uomo (2Samuele 7,1-10) ma grazie all’opera del Cristo i credenti stessi sono divenuti l’edificio spirituale dove Dio stesso mediante il Suo Spirito ha preso dimora (1Pietro 2,4-8). Il profeta Gioele quindi profetizzò che un giorno “YHWH” avrebbe dato il “Soffio divino” a tutti i suoi figli e noi sappiamo come nessuna parola di Dio sia caduta a terra o sia rimasta inadempiuta (Giosué 23,14; Romani 9,6). Infatti quando venne il tempo preciso del suo adempimento, puntualmente essa si realizzò.
Il Signore Gesù prima di ascendere al cielo rammentò di nuovo ai suoi discepoli che sarebbero stati battezzati nello Spirito Santo subito dopo la sua “traslazione” (Atti 1,1-8). La promessa del Padre (Atti 1,4) si sarebbe quindi realizzata in tutta la sua grandezza, come d'altronde riporta fedelmente l’evangelista Luca: “Come giunse il giorno della Pentecoste, essi erano tutti riuniti con una sola mente nello stesso luogo. E all'improvviso venne dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dove essi sedevano. E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano, e andarono a posarsi su ciascuno di loro. Così furono tutti ripieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi” (Atti 2,1-4 ND).
Quale manifestazione della potenza di Dio! Vento impetuoso, lingue di fuoco e credenti completamente riempiti di Spirito Santo che lodano Dio in altre lingue! Questa è la potenza del Signore e un ulteriore dimostrazione della sua fedeltà.
L’esperienza biblica conosciuta come “battesimo nello Spirito Santo” nella parola di Dio viene anche denominata in diversi modi e con varie espressioni che adesso elencheremo al fine di avere un quadro più completo possibile sull’argomento in questione:
Spandere lo Spirito, (Gioele 2,28-29)
Battesimo con, dello o nello Spirito Santo e con il fuoco (Matteo 3,11) [per una riflessione riguardo al termine "fuoco" vedasi questo forum oppure questo articolo].
Dare lo Spirito (Atti 15,8).
La promessa del Padre (Luca 24,49; Atti 1,4).
Rivestimento di potenza (Atti 1,8).
Dono dello Spirito Santo (Atti 2,38).
Ricevere lo Spirito (Atti 8,17; 10,47).
Battesimo con, dello o nello Spirito Santo (Marco 1,8; Atti 1,5; 11,16; 1Corinzi 12,13).
Notando già il modo diversificato in cui il dono dello Spirito viene etichettato si comprende l’importanza fondamentale che riveste quest’insegnamento.
Quando si riceve il battesimo nello Spirito Santo?
Lasciamo che l’apostolo Paolo risponda a questa interessante domanda: “O Galati insensati! Chi vi ha ammaliati per non ubbidire alla verità, voi, davanti ai cui occhi Gesù Cristo è stato ritratto crocifisso fra voi?
Questo solo desidero sapere da voi: avete ricevuto lo Spirito mediante le opere della legge o attraverso la predicazione della fede? Siete così insensati che, avendo cominciato nello Spirito, vorreste finire nella carne?” (Galati 3,1-3 ND)
E’ chiaro. I cristiani ricevono o sono battezzati nello Spirito per mezzo della predicazione della fede, del vangelo di Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Si, Iddio mediante la sua parola, la quale agisce proprio attraverso lo Spirito, opera la fede salvifica nei suoi eletti (Giovanni 6,29; Romani 10,17). Come disse il Signore Gesù, bisogna “nascere di nuovo” (Giovanni 3,3). Infatti solo chi è “nato da Dio” può credere nel Cristo (1Giovanni 5,1) e la nuova nascita avviene grazie allo Spirito Santo (Giovani 3,4-5). Quindi come si può notare lo Spirito si riceve quando si crede. Addirittura precede la stessa fede per la quale crediamo ottenendo mediante essa la vita eterna (Giovanni 5,24). Vi sono state solo due eccezioni a tale modo divino di operare. La Chiesa durante il ministero terreno del Salvatore, i credenti di Samaria e di Efeso. In tali casi gli eletti ricevettero il battesimo nello Spirito dopo aver creduto. Ebbene tenendo conto di quanto abbiamo visto cosa la parola di Dio afferma su tale argomento, credo sia giusto che ogni persona che si ritiene credente si ponga tale domanda: lo Spirito di Dio dimora dentro di me? Questo non è un quesito di poco conto. Stiamo infatti parlando di salvezza. Per tale motivo è sempre opportuno e sensato esaminare noi stessi a riguardo. Il medesimo apostolo Pietro incoraggia a fare ciò nella sua seconda epistola: “Perciò, fratelli, sforzatevi sempre maggiormente di rendere sicura la vostra vocazione ed elezione perché, facendo queste cose, non inciamperete mai” (2Pietro 1,10).
Dobbiamo sempre mettere alla prova noi stessi, la nostra elezione. Ed è per questo che è sempre giusto “provare” la presenza dello Spirito dentro di noi. Non cessando mai di esaminarci. Soprattutto tastando nel continuo l’attendibilità della nostra fede, perché proprio essa è la prova evidente della presenza dello Spirito di Dio in noi, secondo quanto ci fa capire Paolo nell’epistola ai cristiani di Efeso: “In lui anche voi, dopo aver udita la parola della verità, l'evangelo della vostra salvezza, e aver creduto, siete stati sigillati con lo Spirito Santo della promessa” (Efesini 1,13; ND). Una fede autentica è la prova migliore per stabilire se lo Spirito di Dio è in noi. Questo perché nel momento in cui si è creduto nel Figlio del Dio vivente, il cristiano viene sigillato con lo Spirito Santo promesso a tutto il popolo di Dio. Si, La sua famiglia riscattata dal sangue dal suo Figlio benedetto (Atti 2,17).
Considerazioni su 1Corinzi 12,13
Il battesimo nello Spirito Santo, secondo quando troviamo scritto nella prima epistola ai corinzi è sicuramente indispensabile ai fini della salvezza. Adesso vedremo il perché incominciando ad evidenziare cosa ci dice il brano paolino: “Ora noi tutti siamo stati battezzati in uno Spirito nel medesimo corpo, sia Giudei che Greci, sia schiavi che liberi, e siamo stati tutti abbeverati in un medesimo Spirito” (1Corinzi 12,13; ND).
Si, essere battezzati nello Spirito è necessario affinché si possa diventare membra del “Corpo di Cristo”. Quando lo Spirito Santo ci ha immersi in se stesso “abbeverandoci” della sua santità, ci ha dichiarati degni di formare ed essere parte del corpo mistico del Salvatore, del suo popolo, la Chiesa. Quale privilegio!
D'altronde tale esperienza cristiana come potrebbe essere vitale per la redenzione dato che tramite essa gli eletti divengono membra mistiche del Cristo subito dopo essere passati dalla morte alla vita (Efesini 2,1; 3,1) proprio tramite la “nuova nascita” (Giovanni 3,3-5).
Battesimo “dello” Spirito e battesimo “nello” Spirito
Secondo la dottrina pentecostale vi sarebbero due tipi di “battesimi spirituali”, se così si possono definire:
1) Il battesimo “nello” Spirito Santo, il quale secondo i pentecostali se ne parlerebbe in passi come (Atti 1,5) e verrebbe dato ai credenti dal Cristo. Esso non sarebbe indispensabile per la salvezza e non tutti i cristiani ne sarebbero provvisti al presente.
2) Il battesimo “dello” Spirito Santo che invece verrebbe dato, con misura e non pienamente, “dallo” Spirito medesimo a tutti coloro i quali hanno fede e nel momento in cui vengono redenti. Contrariamente al primo battesimo, il secondo sarebbe essenziale per la salvezza. Di esso a loro avviso se ne parlerebbe invece in passi come quello di 1Corinzi 12,13.
Tali distinzioni evidenziate in questi due punti, alla luce della scrittura, si dimostrano in realtà sottigliezze prive di alcun fondamento biblico. Infatti leggendo le scritture di Atti 1,5 e 1Corinzi 12,13 notiamo come in entrambi i casi si parla semplicemente di essere battezzati o immersi (Atti 2,4) nello Spirito di Dio. Ossia della medesima realtà ed esperienza spirituale (Matteo 3,11) e non in due distinte “opere” in cui sarebbe sempre implicato il “Soffio divino”.
I pentecostali però insistono affermando ancora una volta e in modo più dettagliato che nell’epistola ai corinzi si parlerebbe del battesimo “dello” (greco “en”) Spirito, ossia dato “dallo“ Spirito al fine “d’immergere i credenti non nella terza persona della trinità, bensì nel corpo di Cristo. Di esso si parlerebbe pure in Giovanni 20,22. In Atti degli apostoli capitoli uno e due invece verrebbe descritto il battesimo “nello” (greco “en”) Spirito dove i cristiani verrebbero immersi “nello” Spirito, grazie al Cristo.
A questo punto però vorrei porre alcune obiezioni. Cari pentecostali, tenendo conto di quello che sostenete, non potrebbe essere invece che Paolo ai corinzi descriva il battesimo “nello” Spirito, mentre nel libro degli atti, il battesimo “dello” Spirito? Infatti dato che il greco “en” può essere reso in italiano indifferentemente con “dello”, “nello”, “con”, eccetera. La verità non potrebbe essere l’opposto di quanto affermate? Oltretutto ho visto che identificate il battesimo di 1Corinzi 12,13 con la ricezione dello Spirito di Giovanni 20,22-23. Eppure nell’epistola ai Corinzi si parla d’immersione mentre in Giovanni no. Senza considerare che nel vangelo del “discepolo che Gesù amava”, la ricezione dello Spirito viene descritta come un opera del Cristo, mentre secondo la dottrina pentecostale essa dovrebbe essere un’opera dello Spirito. Quindi come fate a dire che si tratta della stessa esperienza spirituale? Semmai “1 Corinzi” dev’essere identificato con il battesimo con lo Spirito Santo di cui parla il capitolo secondo degli Atti degli apostoli visto che si parla d’immersione spirituale in entrambi i casi. Infine contrariamente a quanto afferma la dottrina pentecostale, il battesimo con lo Spirito evidenziato nell’epistola ai corinzi viene utilizzato da Dio per immergere noi stessi non solo nel corpo di Cristo bensì per essere anche riempiti del medesimo Spirito. Infatti la scrittura afferma in modo letterale: “In un unico Spirito e in un unico corpo noi tutti siamo stati battezzati”.
Altra spiegazione di Giovanni 20,22
“Ricevete lo Spirito Santo”
In questo brano Gesù conferisce agli apostoli soffiando su di loro lo Spirito Santo l’autorità di “legare e sciogliere”. Potere spirituale che li avrebbe permesso di predicare l’evangelo e di scomunicare e riaccogliere i membri del popolo di Dio.
Esso però è molto strumentalizzato da una parte del pentecostalismo col fine di sostenere la propria teoria dei “due battesimi”. In precedenza abbiamo già messo in risalto alcune errate interpretazioni pentecostali del passo in questione. Ve n’è però un’altra che evidenzierò adesso la quale riguarda proprio la rigenerazione.
Molti carismatici evangelici affermano che gli apostoli ricevendo lo Spirito Santo, sono stati rigenerati dal Cristo. In sostanza sarebbero “nati di nuovo” in quel preciso momento. Ebbene è giusta tale interpretazione? Assolutamente no. Infatti è la stessa parola di Dio che ci fa comprendere come tale spiegazione sia errata. In pratica non era possibile che gli apostoli avessero ricevuto la “nuova nascita” in quel preciso momento, dato che erano già stati purificati dai loro peccati precedentemente (Giovanni 15,3; 18,9). Il Cristo in pratica compì nei suoi eletti quell’opera che dopo la sua ascensione sarebbe “passata” allo Spirito del Signore. Di conseguenza il passo di Giovanni 20,22 non parla certo di rigenerazione, contrariamente a quanto sostenuto dal pentecostalismo, bensì d’altro.
Vi è contraddizione tra Giovanni 20,22 e Giovanni 7,39 ?
Nel capitolo ventesimo è detto chiaramente di come il Salvatore dona agli apostoli lo Spirito di Dio “soffiandolo” su di loro. Strano a dirsi però, perlomeno in apparenza, nel capitolo sedici il Salvatore afferma testualmente: “Tuttavia io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma se me ne vado, io ve lo manderò” (Giovanni 16,7 ND). Si, il Figlio di Dio afferma che fino a quando non sarebbe asceso al Padre, Lo Spirito Santo non poteva discendere sui discepoli. Venire su di loro e in essi. Allora perché lo “soffiò sugli undici”? Infatti sappiamo dalla stessa scrittura che il Signore Gesù ritornò dal suo Dio quaranta giorni dopo la sua resurrezione (ATTI 1,1-10). Come se non bastasse, ancora prima dell’affermazione del Cristo evidenziata sopra, nel capitolo settimo del medesimo vangelo viene detto che prima di ricevere il “Consolatore”, la Chiesa doveva attendere la glorificazione del Messia (Giovanni 7,39). Glorificazione che pur manifestatasi già con le opere del Cristo, per non parlare della sua morte e risurrezione, (Giovanni 1,14; 2,11; 11,4; 12,23-33) si completò pienamente solo con la sua glorificazione al cielo.
Ebbene allora, come spiegare tale apparente contraddizione? Semplice. Quando in Giovanni 16,7 il Figlio di Dio parla di mandare lo Spirito di Dio egli parla della promessa fatta alla Chiesa intera, cioè a tutti coloro che avrebbero creduto in lui. Tale promessa infatti si adempì a pentecoste, dove per l’appunto tutti i credenti in Cristo furono battezzati, immersi nello Spirito del Signore.
Prima di allora, il “Soffio di Dio” non era dato a ogni salvato, bensì solo ad alcuni, come Zaccaria, padre del Battista, lo stesso Giovanni, sua madre Elisabetta e agli “undici” apostoli del Signore (Luca 1,67; 1,41; Giovanni 20,22).
I credenti della Samaria e di Efeso
Due brani molto utilizzati dai pentecostali per sostenere la loro dottrina dei “due battesimi” sono quelli riguardanti i cristiani samaritani e i credenti di Efeso. Da parte nostra porteremo entrambi i brani biblici dando prima l’interpretazione carismatica e poi quella corretta, iniziando proprio dal brano biblico in cui si parla per l’appunto dei samaritani: “Quando però credettero a Filippo, che annunziava la buona novella delle cose concernenti il regno di Dio e il nome di Gesù Cristo, uomini e donne si fecero battezzare. Anche Simone credette e, dopo essere stato battezzato, stava del continuo con Filippo; e, vedendo le potenti operazioni e i segni che erano fatti, ne rimaneva stupito. Ora gli apostoli che erano a Gerusalemme, quando seppero che la Samaria aveva ricevuta la parola di Dio, mandarono loro Pietro e Giovanni. Giunti là, essi pregarono per loro, affinché ricevessero lo Spirito Santo, perché non era ancora disceso su alcuno di loro, ma essi erano soltanto stati battezzati nel nome del Signore Gesù. Imposero quindi loro le mani ed essi ricevettero lo Spirito Santo” (Atti 8,12-17 ND).
Adesso invece riporteremo il testo, sempre preso dal libro degli atti dove invece si descrive la conversione dei credenti di Efeso: “Ora, mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le località più alte del paese, giunse ad Efeso e, trovati là alcuni discepoli, disse loro: «Avete ricevuto lo Spirito Santo, quando avete creduto?». Quelli gli risposero: «Non abbiamo neppure udito che vi sia uno Spirito Santo». E disse loro: «Con quale battesimo dunque siete stati battezzati?». Essi risposero: «Col battesimo di Giovanni». Allora Paolo disse: «Giovanni battezzò con il battesimo di ravvedimento dicendo al popolo che dovevano credere in colui che veniva dopo di lui, cioè in Cristo Gesù». Udito questo, furono battezzati nel nome del Signore Gesù. E, quando Paolo impose loro le mani, lo Spirito Santo scese su di loro e parlavano in altre lingue e profetizzavano. Or erano in tutto circa dodici uomini” (Atti 19,1-7).
Come possiamo notare, in entrambi i casi si parla di convertiti i quali credettero in Gesù Cristo, furono battezzati e ricevettero lo Spirito Santo mediante l’imposizione delle mani. Ebbene secondo l’insegnamento pentecostale, costoro nel momento in cui credettero avrebbero ricevuto “una misura” di Spirito o come sostiene la dottrina pentecostale, sarebbero stati battezzati “dallo” Spirito, mentre con l’arrivo degli apostoli sarebbero stati immersi “nello” Spirito grazie al Cristo.
Vi sono però delle obiezioni da fare a riguardo. Certo è innegabile che i samaritani, ai quali fu annunciato l’evangelo ebbero fede in esso, credendo in Gesù Cristo, il Figlio del Dio vivente. Il problema che sorge però interpretando il passo in senso pentecostale, riguarda proprio la ricezione dello Spirito. Infatti la scrittura afferma chiaramente che quei cristiani ricevettero lo Spirito solo dopo l’arrivo degli apostoli (Atti 8,16-17) e non prima, sia pure con “misura” o in “minima parte”…
A questo punto qualcuno potrebbe domandare: “Dato che nella salvezza l’opera dello Spirito è fondamentale, come avrebbero potuto credere quei cristiani senza ricevere il “Soffio divino?” (1Giovanni 5,1). A tale obiezione così risponde John Mac Arthur:
“Questo verso (Atti 8,16…) non avalla il falso concetto secondo cui i cristiani riceverebbero lo Spirito Santo mediante un’esperienza successiva alla salvezza. Questo era un periodo di transizione in cui la conferma apostolica era necessaria per attestare l’ammissione di un nuovo gruppo all’interno della Chiesa. Data l’animosità che regnava fra Giudei e Samaritani, era necessario che questi ultimi ricevessero lo Spirito alla presenza dei capi della Chiesa di Gerusalemme, al fine di preservare l’unità della chiesa. Il ritardo rivelò altresì il bisogno dei samaritani di porsi sotto l’autorità apostolica. La stessa procedura transitoria avvenne allorché si aggiunsero alla chiesa i non Giudei (10:44-46; cfr. 15:6-12; 19:6).
Qui non si vuole certamente negare l’opera che lo Spirito ha compiuto in quelle persone affinché credessero nel Salvatore, ci mancherebbe. Ciò non toglie comunque che la terza persona della trinità prese dimora in esse, una volta sola e pienamente, unicamente dopo l’arrivo degli apostoli e non prima.
Il Battesimo nello Spirito e le lingue
Nella parola del Signore il dono dello Spirito Santo viene spesso accompagnato dal segno udibile delle "lingue". Il brano in cui più si evidenzia ciò lo troviamo proprio nel capitolo secondo degli atti degli apostoli. Leggiamo il brano biblico: “Come giunse il giorno della Pentecoste, essi erano tutti riuniti con una sola mente nello stesso luogo. E all'improvviso venne dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dove essi sedevano. E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano, e andarono a posarsi su ciascuno di loro. Così furono tutti ripieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi”. (Atti 2,1-4 ND).
La discesa dello Spirito Santo sulla Chiesa del Signore, da come si evince dal brano scritturale appena evidenziato, è stata preceduta da diverse manifestazioni. Alcune di esse visibili e altre udibili. Innanzitutto viene detto che dal cielo veniva sui 120: “… un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dove essi sedevano …”. Spesse volte nella parola di Dio lo Spirito viene associato appunto al vento e non è quindi un fatto nuovo (Ezechiele 37,9-10). Infatti lo Spirito del Signore agisce di sovente come vento potente, il quale si muove in modo imperscrutabile. Nessuna creatura comprende come agisce lo Spirito. Da dove viene e dove si dirige. Si può sentire unicamente la sua presenza ristoratrice e benedetta, oppure gli effetti della sua potenza. Salvifica, quando deve salvare e giudice nel momento in cui adempie i giusti giudizi di Dio sugli empi.
Il vento però non fu la sola manifestazione dello Spirito, bensì vi fu anche altro. La scrittura ispirata continuando a descrivere ciò che accadde afferma: “… E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano, e andarono a posarsi su ciascuno di loro …”. Altra prova evidente della discesa dello Spirito sulla Chiesa primitiva furono proprio “le lingue di fuoco”. Esse comprovavano senz’ombra di dubbio la decisione irrevocabile del “Soffio divino” di prendere dimora in quei cristiani. Non dobbiamo dimenticare come anche il fuoco, così come il vento indicano spesse volte la presenza di Dio (Esodo 3,2-6). Presenza che può essere appunto percepita con i sensi umani.
Infine ci troviamo davanti all’ultima manifestazione dello Spirito Santo descritta sempre dal brano in questione. Il parlare in lingue: “… Così furono tutti ripieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi”.
Le “lingue” descritte nel brano biblico citato, erano lingue conosciute. Ossia linguaggi che non avevano bisogno di essere interpretati al fine di comprenderne il messaggio (Atti 2,6-12). Si, un messaggio in cui si lodava Iddio per le Sue grandi cose. La Sua magnificenza e il Suo Santo nome (Salmo 40,5; 77,11; 96,3; 107,21).
Le lingue, segno del battesimo nello Spirito
Negli “Atti degli apostoli” in diversi casi le lingue vengono descritte come segno udibile del battesimo nello Spirito, a cominciare proprio dal capitolo secondo già esaminato in precedenza. Non è il solo caso però. Infatti noi evidenzieremo adesso anche altri testi presenti sempre nel libro “degli Atti” dove costateremo come la “glossolalia” ha sempre lo stesso compito. Ossia quello di evidenziare l’avvenuta ricezione dello Spirito del Signore. Il primo di essi è: Atti 10,44-46: “Mentre Pietro stava ancora dicendo queste cose, lo Spirito Santo scese su tutti coloro che udivano la parola. E tutti i credenti circoncisi, che erano venuti con Pietro, rimasero meravigliati che il dono dello Spirito Santo fosse stato sparso anche sui gentili, perché li udivano parlare in altre lingue e magnificare Dio…”
Il secondo testo è invece Atti 19,1-6: “Ora, mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le località più alte del paese, giunse ad Efeso e, trovati là alcuni discepoli, disse loro: «Avete ricevuto lo Spirito Santo, quando avete creduto?». Quelli gli risposero: «Non abbiamo neppure udito che vi sia uno Spirito Santo». E disse loro: «Con quale battesimo dunque siete stati battezzati?». Essi risposero: «Col battesimo di Giovanni». Allora Paolo disse: «Giovanni battezzò con il battesimo di ravvedimento dicendo al popolo che dovevano credere in colui che veniva dopo di lui, cioè in Cristo Gesù». Udito questo, furono battezzati nel nome del Signore Gesù. E, quando Paolo impose loro le mani, lo Spirito Santo scese su di loro e parlavano in altre lingue e profetizzavano”.
Non sempre però la glossolalia è la manifestazione udibile del battesimo e ora evidenzierò pure i testi che comprovano ciò: “Ora gli apostoli che erano a Gerusalemme, quando seppero che la Samaria aveva ricevuta la parola di Dio, mandarono loro Pietro e Giovanni. Giunti là, essi pregarono per loro, affinché ricevessero lo Spirito Santo, perché non era ancora disceso su alcuno di loro, ma essi erano soltanto stati battezzati nel nome del Signore Gesù. Imposero quindi loro le mani ed essi ricevettero lo Spirito Santo. Or Simone, vedendo che per l'imposizione delle mani degli apostoli veniva dato lo Spirito Santo, offrì loro del denaro” (ATTI 8,14-18).
Un altro brano lo troviamo sempre nel libro di Atti: “Anania dunque andò ed entrò in quella casa; e, imponendogli le mani, disse: «Fratello Saulo, il Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale venivi, mi ha mandato perché tu ricuperi la vista e sii ripieno di Spirito Santo». In quell'istante gli caddero dagli occhi come delle scaglie, e riacquistò la vista; poi si alzò e fu battezzato” (Atti 9,17-18).
Come si puo’ notare in nessuno dei due passi evidenziati le "lingue" sono presentate come manifestazione dello Spirito. Di conseguenza se la parola di Dio tace lo stesso dobbiamo fare noi. Oltretutto a conferma di quanto stiamo affermando, così come non tutti erano apostoli, profeti e possessori di doni di guarigione allo stesso modo non tutti parlavano in lingue (1Corinzi 12,29-30).
Ovviamente i pentecostali fanno anche delle obiezioni. Sentiamole:
Obiezione numero 1:
Anche se in Atti 8,14-18 non viene evidenziato che quei credenti parlarono in “lingue”, possiamo comunque essere certi che esercitarono la “glossolalia”. Infatti Simon mago disse agli apostoli se poteva ottenere quel “potere” in cambio di denaro. Segno che quell’uomo aveva notato l’operato di Dio su quei credenti. Dio aveva operato un qualcosa di soprannaturale percepibile dall’uomo. Le lingue appunto.
Risposta:
Anche se Simon mago avesse visto un qualcosa di strano accadere su quei credenti, siamo comunque sul campo delle ipotesi, infatti la scrittura non dice nulla a riguardo. Comunque non necessariamente poteva trattarsi di “lingue”. Basta vedere il capitolo secondo degli “atti degli apostoli”, dove si parla di vento impetuoso e di lingue di fuoco. Quindi Simone può benissimo aver visto tali cose e non per forza la “glossolalia”. Ciò non toglie però, e torno a ripeterlo, che si tratta solo di ipotesi. Opinioni le quali alla luce dei fatti, contano ben poco. Ebbene, cosa dicono i fatti? Nel brano in questione viene detto che quei cristiani parlarono in “lingue”? No! Quindi se la parola di Dio tace lo stesso dobbiamo fare pure noi.
Obiezione numero 2:
Possiamo essere certi che Paolo in Atti 9,17-18; e 22,16; parlò in “lingue” anche se il brano non lo evidenzia. Questo lo sappiamo dalle stesse sue epistole, dove più volte ci rivela di avere tale capacità datagli ovviamente dal Signore.
Risposta:
L’apostolo Paolo parlava indubbiamente in altre lingue, nessuno nega questo. Il punto in questione però è un altro. Saulo di Tarso incominciò ad esercitare la glossolalia quando ricevette lo Spirito Santo? Cosa ci dice la Sacra scrittura? Essa non afferma nulla, nemmeno in questo caso. Vi è silenzio da parte sua a riguardo. Di conseguenza, come abbiamo sottolineato nella risposta alla prima obiezione, noi dobbiamo fare lo stesso. Paolo non parlò in “lingue” quando fu “riempito di Spirito Santo”, bensì ebbe tale dono in seguito. Quando la parola di Dio riporta casi di credenti che, una volta immersi nello Spirito, parlarono in “lingue”, non fa altro che riportare fedelmente l’accaduto. Lo stesso vale per quei cristiani, i quali invece non ebbero, perlomeno in quel momento, la glossolalia. Infatti se i convertiti di cui parla il Sacro testo in Atti 8,14-18; e 9,17-18 avessero parlato in "lingue", l’avvenimento sarebbe stato riportato così com’è stato fatto in altri casi. Non vi è nessun motivo valido per pensare il contrario. La Sacra scrittura, fedelmente al suo autore non muta. Nemmeno nel suo modo di comportarsi con i lettori.
Obiezione numero 3:
Quando la parola del Signore parla di persone che nonostante siano state battezzate con lo Spirito, non hanno parlato in “lingue”, in quel caso si riferisce a credenti battezzati “dallo” Spirito Santo, ossia della salvezza. Invece quando descrive credenti i quali hanno esercitato la “glossolalia” dopo essere stati riempiti nel “Soffio divino”, allora in quel caso si riferisce al battesimo “nello“ Spirito. Opera del Cristo successiva alla redenzione.
Risposta:
Tale affermazione si basa sull’errata dottrina pentecostale dei “due battesimi”, il battesimo “dello” e “nello” Spirito. Errore già discusso precedentemente. Come abbiamo visto la Bibbia non sostiene tale artificiosa distinzione, per il semplice fatto che non esiste. Essa infatti ci parla di un solo battesimo dello, nello o con lo Spirito (Matteo 3,11; Atti 2,4; 1Corinzi 12,13). Grazie ad esso la Chiesa viene appunto immersa nello Spirito di Dio. Oltretutto secondo la tesi carismatica, quando un convertito riceverebbe il battesimo dello Spirito non dovrebbe essere immerso in esso, bensì ne riceverebbe solo una “misura”. Invece in Atti 9,17-18 Paolo viene riempito di Spirito Santo esperienza che il pentecostalismo identifica con il battesimo “nello” Spirito, successivo alla salvezza. Eppure l’apostolo, lo stesso non ha parlato in “lingue”.
Obiezione numero 4:
Quando l’apostolo Paolo in 1Corinzi 12,30 dice che non tutti i cristiani esercitano la glossolalia, si riferisce al “dono delle lingue” e “non” al “segno di esse”. Infatti le “lingue” intese come “segno” del battesimo “nello” Spirito vengono date a tutti i cristiani. Tale tipo di glossolalia, costituita da più “linguaggi”, è sconosciuta. Invece il “dono delle lingue” è comprensibile ed interpretabile.
Risposta:
Incominciamo subito col dire che non tutti i pentecostali la pensano allo stesso modo sul “dono” e il “segno delle lingue”. Io vi ho evidenziato l’interpretazione della maggioranza. Infatti vi è una minoranza di loro i quali invece sostengono come il “segno delle lingue” consiste in una sola “lingua” conosciuta e interpretabile, mentre il “dono”, consiste in più “lingue” sempre parlate anche dagli uomini e in grado di essere comprese.
Ebbene cosa si può dire di fronte a quest’altra sottile distinzione fatta dalla “teologia” pentecostale? Essa non è assolutamente presente nelle Sacre scritture. Nella parola di Dio non troviamo infatti alcuna distinzione di questo genere. Basta leggere i brani in cui viene evidenziato il parlare in "lingue" per notare ciò. Nel secondo capitolo del “libro degli atti” ad esempio abbiamo visto come i cristiani una volta battezzati nello Spirito incominciarono a parlare in lingue (Atti 2,4). Dal brano di Atti degli apostoli possiamo trarre senza dubbio tali conclusioni:
1) La “glossolalia” di cui parla il testo scritturale serviva proprio come segno dell’avvenuta ricezione dello Spirito Santo.
2) Contrariamente a quanto afferma la dottrina pentecostale del “segno delle lingue”, le “lingue” di “Atti capitolo 2”, erano perfettamente comprensibili, al punto che non c’era nemmeno bisogno di interpretarle per capirne il senso (Atti 2,6-11). Senza considerare che i cristiani non parlavano solamente un solo “linguaggio estatico”, bensì più di uno.
3) Molti pentecostali si sono resi conto delle difficoltà che tale brano reca alla loro dottrina. Infatti se i “linguaggi” esercitati da quei cristiani non solo erano più di uno, ma addirittura erano compresi persino da non credenti, ciò contrasterebbe con gl’insegnamenti pentecostali del “segno delle lingue” sopra esposto. Essi quindi hanno cercato di “risolvere” il problema affermando come in quell’occasione la Chiesa ebbe contemporaneamente il “segno e il dono delle lingue”.
Ebbene, solo chi è condizionato da preconcetti può vedere tale interpretazione in quel brano. La scrittura ispirata evidenzia unicamente questo. La Chiesa fu riempita di Spirito e come conseguenza parlò in “lingue” delle cose grandi di Dio. Messaggi che furono compresi dalla popolazione sottostante. La parola del Signore non dice altro e ne lo lascia minimamente intendere.
4) Ritornando su 1 Corinzi 12,30; è stato già detto che per il pentecostalismo, la “glossolalia” descritta nel passo della prima lettera ai cristiani di Corinto, parlerebbe del “dono delle lingue” non dato a tutti il quale non dovrebbe essere confuso con il “segno delle stesse” evidenziato più volte nel libro degli “atti degli apostoli”.
Le lingue un “dono”? E chi dice il contrario! Certo che lo sono. E stato Dio a darle al suo popolo. Come potrei affermare il contrario? La parola “dono” indica per l’appunto, dare, donare o regalare. Il problema nasce quando i pentecostali parlano del cosiddetto “segno delle lingue” affermando come queste ultime invece non lo sarebbero.
Come!? Non sono un dono di Dio? Allora quale sarebbe la loro origine? Stiamo per caso scherzando? Tutti i “linguaggi estatici” di cui parla la scrittura sono sia un "segno", infatti si manifestano in modo udibile che un dono o carisma proveniente ovviamente dal Signore.
Conclusione
Prendendo semplicemente la parola del Signore come punto di riferimento, invece che false dottrine le quali non fanno altro che provocare confusione nel popolo di Dio, è decisamente meglio al fine di conoscere quale sia la verità di Dio sulle “lingue”.
Questo carisma, secondo le scritture, è uno dei doni o manifestazioni dello Spirito Santo descritti da Paolo nel capitolo dodicesimo della prima epistola ai cristiani di Corinto (1Corinzi 12,7-11). Esso aveva molteplici funzioni nell’ambito della Chiesa. Innanzitutto vi erano “lingue” di diverso tipo. C’erano “lingue” le quali erano immediatamente comprensibili da parte dell’uditorio. Ossia non vi era il bisogno d’interpretarle (Atti 2,4-11). Altre invece avevano bisogno di ricevere l’interpretazione affinché potessero essere comprese da chi le udiva (1Corinzi 14,13). La "glossolalia", come dicevo in precedenza, aveva diverse utilità nel popolo di Dio. Essa serviva come segno del battesimo nello Spirito, anche se ciò non avveniva sempre (Atti 2,1-4, 1Corinzi 12,29-30). Mediante le “lingue” si lodava e si benediceva Dio e il Signore stesso mandava messaggi di benedizione ed esortazione alla Chiesa e non solo (Atti 2,11; 1Corinzi 14,21). Ovviamente il Signore aveva dato tale dono al suo popolo affinché ne ricevesse edificazione. Di conseguenza ogni qualvolta l’Onnipotente si manifestava al suo popolo mediante i “linguaggi estatici” era necessario che il messaggio in essi contenuto, di giudizio, di misericordia o di altro tipo, fosse compreso dagli uditori (1Corinzi 14,7-11).
Ecco. Questo è il semplice e chiaro insegnamento biblico sulle “lingue”. Nulla a che vedere con la falsa dottrina pentecostale sulla “glossolalia”, piena di sottigliezze e sofismi utilizzati con lo scopo insensato di adattare la parola di Dio alle le proprie opinioni preconcette.
Cerchiamo quindi di farci guidare dalle Sacre scritture per conoscere le splendide verità in esse esposte e solo allora potremo essere benedetti da Dio e crescere davanti a Lui in sapienza e grazia.
Le “lingue”. Esistono ancora oggi, oppure sono cessate?
“L'amore non viene mai meno, ma le profezie saranno abolite, le lingue cesseranno e la conoscenza sarà abolita” (1Corinzi 13,8).
Lo scopo dei doni dello Spirito
Dalla parola di Dio sappiamo che per moltissimo tempo la nazione d’Israele è stata scelta dal Signore come suo popolo. Ad essi l’Onnipotente rivelò la Sua legge, facendo poi costruire in seguito il tempio a Gerusalemme, capitale dello stato d’Israele. Si, il tempio, luogo in cui avrebbe dimorato la sua presenza, segno del suo sostegno agli ebrei e centro della vera adorazione. Lo stesso Mosè, colui per mezzo del quale Yahvé rivelò i suoi precetti agl’israeliti, ricevette da Dio la capacità di operare segni e prodigi (Esodo 4,1-9). Miracoli che servirono come prova ulteriore della volontà divina di scegliere Israele come Suo popolo.
Non fu l’unica volta però che il Signore si servì dei segni miracolosi per tale scopo. Infatti egli li utilizzò, questa volta mediante gli apostoli e loro collaboratori, al fine di far comprendere agli uomini di buona volontà che dopo secoli in cui aveva dato il suo appoggio ai giudei, adesso aveva ritirato loro la sua approvazione dandola questa volta alla Chiesa fondata su Suo Figlio Gesù Cristo. Adesso l’adorazione benedetta dal Padre celeste era quella cristiana e Dio stesso lo confermò con opere potenti (Ebrei 2,2-4). L’intervento soprannaturale del Creatore era necessario. A Gerusalemme vi era ancora il tempio e gli ebrei leviti continuavano a praticare i ritualismi prescritti nella legge mosaica. Questo poteva causare incertezza e tentennamento ai dubbiosi ed ecco il perché dell’intervento divino.
Oggi ovviamente la situazione è differente. Il santuario è scomparso e cosa ancora più importante nessun israelita potrebbe dimostrare di essere levita della discendenza di Aaronne e quindi autorizzato ad officiare nel tempio medesimo. Infatti solo costoro potevano diventare sacerdoti del Dio Altissimo (Numeri 3,9-10). Quindi i doni miracolosi, lingue comprese, non sono più necessarie per rivelare ai pii che la vera adorazione approvata da Dio non è più quella ebraica, bensì cristiana.
Cessati, come?
“Ora i segni dell'apostolo sono stati messi in opera fra voi con grande pazienza, con segni e prodigi e con potenti operazioni” (2Corinzi 12,12).
I segni dell’apostolo. Ecco cos’erano i doni dello Spirito, “lingue”, “guarigioni” e altro ancora. Segni che per grazia di Dio, appartenevano al ministero apostolico. Certo, questi doni potevano essere esercitati anche da credenti i quali non possedevano tale ministero come noteremo più avanti, ciò non toglie che solo gli apostoli potevano trasmettere questi doni ad altri cristiani. Come lo sappiamo?
Leggendo il “libro degli Atti”, il quale ci racconta proprio il cammino iniziale della Chiesa, possiamo notare chiaramente come lo Spirito Santo, con i suoi doni, lingue comprese, era trasmesso solo in presenza di Paolo o di altri credenti in possesso del ministero apostolico (Atti 2,1-4.14; 8,14-18; 10,44-46; 19,6). A conferma di quanto stiamo sostenendo possiamo prendere l’esempio Filippo. Quest’evangelista ebbe il privilegio di portare la parola di Dio ai samaritani (Atti 8,5). Egli era un uomo di grande fede e pieno di Spirito Santo. La scrittura ci dice che fu uno dei sette uomini scelti dagli apostoli per adempiere al compito di aiutare le vedove le quali purtroppo non ricevevano un adeguata assistenza giornaliera. Per questo motivo fu incaricato a servire alle mense (Atti 6,1,-6). Filippo ebbe da Dio persino il privilegio di guarire gl’infermi ed espellere i demoni. (Atti 8,5-7). La cosa che ci preme evidenziare però è questa: anche se per grazia di Dio poteva esercitare le opere miracolose, Filippo non poteva comunque trasmetterle ad altri credenti. Tale privilegio apparteneva unicamente agli apostoli. Infatti dopo che lo stesso Filippo annunciò la “buona notizia del Regno di Dio” ai samaritani, la Chiesa dovette mandare a Samaria, Pietro e Giovanni affinché quei credenti potessero ricevere Lo Spirito di Dio e quindi pure i suoi doni miracolosi.
Persino Simon mago si rese conto e riconobbe che solo chi possedeva il ministero apostolico aveva tale autorità, come mostrano le sue stesse parole: “…«Date anche a me questo potere, affinché colui sul quale imporrò le mani riceva lo Spirito Santo» (Atti 8,19). A loro, unicamente agli apostoli Pietro e Giovanni, Simone chiese tale privilegio cercando persino di poterlo acquistare con il denaro. Egli ottenne però giustamente solo un rifiuto sdegnato dello stesso Pietro (Atti 8,20-23).
I segni soprannaturali. Da quanto abbiamo detto fino ad ora erano strettamente connessi con l’apostolato. Ciò vuol dire che fino a quando sarebbero esistiti gli apostoli, nella Chiesa ci sarebbero stati cristiani in grado di operare prodigi e capaci di parlare in altre lingue. Ebbene tenendo conto di questo è giusto porsi una domanda chiarificatrice. Il ministero apostolico è cessato o sussiste ancora oggi? La risposta è no. Esso è cessato con la morte di Paolo e dei “dodici”, come spiega chiaramente questo studio:http://gaetano.wikispaces.com/Esistono+oggi+gli+apostoli%3F
APPENDICE
Vi è un brano presente nel vangelo di Marco, molto usato dai carismatici per “provare” l’attuale esistenza dei doni miracolosi, “lingue” comprese. Esso si trova precisamente nel capitolo sedicesimo. Riportiamone il contenuto:
“E questi sono i segni che accompagneranno quelli che hanno creduto: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno nuove lingue; prenderanno in mano dei serpenti anche se berranno qualcosa di mortifero, non farà loro alcun male; imporranno le mani agli infermi, e questi guariranno” (Marco 16,17-18).
Incominciamo subito col dire che tali versi fanno parte della cosiddetta “conclusione lunga” (Marco 16,9-20).
Tale conclusione, pur presente in molti manoscritti, manca in quelli più antichi.
Infatti non è presente nel “Codice Sinaitico greco del quarto secolo dopo Cristo e che si trova al British Museum”, nel “Manoscritto Vaticano 1209, greco, sempre del quarto secolo (d.C.) dove viene invece conservato alla Città del Vaticano”, nel “Codice Siriaco Sinaitico del quarto-quinto secolo (d.C.) e infine nella “Versione Armena, del quinto secolo”.
A conferma di ciò dice lo stesso John Mac Arthur: “Se alcuni riportano questo brano, precisano tuttavia che esso è assente nei mss. più antichi, laddove altri mss. presentano segni aggiunti dai copisti per indicare che il passo era considerato apocrifo. I padri della chiesa del quarto secolo, Eusebio e Girolamo osservarono come le prove intrinseche al brano giocano anch’esse a sfavore della paternità di Marco. La cesura fra i vv. 8 e 9 è brusca e inopportuna. La particella greca tradotta con “ora” (nel testo greco il verso 1 riporta: “Ora passato il sabato…”) sottintende una continuità rispetto alla narrazione precedente. Ciò che segue, tuttavia, non è una continuazione del racconto delle donne di cui al v. 8, bensì una descrizione dell’apparizione di Gesù a Maria Maddalena (cfr. Giovanni 20,11-18. Il participio passato maschile al v. 9 (nel testo gr.) richiederebbe di essere preceduto da un “egli”, ma il soggetto del v. 8 è “le donne”. Benché Maria Maddalena sia già stata menzionata tre volte (v. 1; 15,40,47), il v. 9 la presenta come se fosse la prima volta. Se l’autore del v. 9 fosse Marco, si sarebbe ricordato solamente a questo punto che Gesù aveva scacciato sette demoni da questa donna? L’angelo parlò di un’apparizione di Gesù ai suoi discepoli in Galilea, ma tutte le apparizioni descritte nei vv. 9-20 avvennero nella zona di Gerusalemme. Infine, la presenza in questi vv. di svariati termini gr. non riscontrabili altrove in questo Vangelo proverebbe che non è stato Marco a scriverli. I vv. 9-20 rappresentano un tentativo, risalente a un’epoca remota (essi erano già noti ai padri della chiesa del 2° secolo. Ireneo, Taziano e, forse, a Giustino martire), di completare il Vangelo di Marco. Se è vero che questi vv. riassumono alcune verità presenti altrove nel N.T., d’altra parte è bene che essi siano sempre usati contestualmente al raffronto con il resto della Scrittura; nessuna dottrina dovrebbe essere formulata esclusivamente in base ad essi. Ciò nonostante, malgrado tutte le considerazioni a favore dell’inattendibilità di questo brano, è pur sempre possibile incorrere in errori. E’ quindi bene tenere conto del suo significato e lasciarlo nel testo …”.
Nel complesso quindi sappiamo per certo che i passi di Marco 16,9-20 non sono presenti nei manoscritti più antichi e ciò è veramente molto indicativo. Da parte mia condivido comunque e appieno le tesi del MacCarthur compresa la sua prudente conclusione. Una cosa è certa è importante tener conto sempre del contesto scritturale prima cogliere l’esatta spiegazione del brano in questione. Così si eviteranno possibili errori interpretativi.
Ebbene, tenendo conto del contesto, questi segni furono promessi alla comunità apostolica (Matteo 10,1; 2Corinzi 12,12) e si verificarono tutti tranne il bere veleno … Tale promessa però non riguardava tutti i credenti di tutte le età (1Corinzi 12,29,30; 13,8). Infatti, come abbiamo già visto, essendo essi stessi legati all’apostolato, alla fine sono cessati con esso.
Conclusione
I doni miracolosi occuparono senza dubbio un posto preminente e importante nella Chiesa primitiva. Iddio manifestandosi ai suoi e al popolo incredulo con opere potenti e divinamente soprannaturali, mostrò la Sua grandezza, il Suo pieno appoggio ai discepoli di Suo Figlio. Iddio aveva rigettato Israele in quanto nazione per la sua durezza di cuore. Ora il punto di rifermento per il Suo popolo era la Chiesa di Gesù Cristo. Solo in essa i pii potevano trovare l’approvazione del Creatore. Ricevere le sue benedizioni. Tutti dovevano comprendere tale sacrosanta verità ed è per questo motivo che Iddio nel continuo confermava l’evangelo della grazia con le sue potenti manifestazioni. Quale grazia ha ricevuto la Chiesa di Cristo! Sapere che l’amore del Padre la segue di continuo e che mai si dipartirà da essa. Siamo tutti noi consci di questo?
Il Padre celeste possa veramente far comprendere a tutti i Suoi figli l’importanza di tale privilegio. Quello di esser diventati membra della Sua famiglia e discepoli del Suo Figlio. A Lui sia la gloria in Cristo Gesù il benedetto in eterno!
da: Voce che grida
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