per capirci

GIACOMO 1, 2-4

Fratelli, considerate come motivo di gaudio perfetto le diverse prove alle quali voi potete essere esposti, sapendo che la fede messa
alla prova produce la pazienza. E' necessario però che la pazienza compia perfettamente l'opera sua, affinché voi siate pure perfetti ed
integri, senza mancare in niente.(Giacomo 1; 2-4)

Emmanuel

lunedì 29 aprile 2013

Facciamo parte di un unico corpo

 
Quanto piacere ha un membro del tuo corpo nel vedere un altro membro che soffre? La mano forse gioisce quando il piede calpesta un chiodo? Lo stomaco ride quando c’è un mal di testa? Quanta concorrenza esiste fra le varie membra del nostro corpo? L’occhio si vanta con la bocca, perché l’occhio può vedere e la bocca no?

Chiaramente, un comportamento simile sarebbe assurdo. 
Sarebbe assurdo perché il corpo, pur essendo fatto di tante membra, è un corpo unico. Ogni membro del corpo si impegna per il bene di tutto il corpo.

Ogni membro del corpo ha un ruolo diverso. Però, tutte le membra sono essenziali per il buon funzionamento del corpo e per una buona crescita.

Gesù Cristo è il Capo della Chiesa, ovvero, il capo del corpo. L’unico modo che il corpo ha per godere di buona salute è di ascoltare e ubbidire attentamente al suo Capo. Quindi, ascoltiamo e ubbidiamo alla guida di Cristo Gesù, che troviamo nella Parola di Dio.

Ora voglio approfondire il discorso che noi credenti siamo il corpo di Cristo, considerando i rapporti che dobbiamo avere gli uni con gli altri essendo membra dello stesso corpo.

1Corinzi 12 il Corpo



Un brano chiave che ci aiuta a capire meglio i nostri rapporti gli uni con gli altri come membra del corpo di Cristo è 1Corinzi 12:12-27.

"Poiché, come il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, benché siano molte, formano un solo corpo, così è anche di Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un unico Spirito per formare un unico corpo, Giudei e Greci, schiavi e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un solo Spirito. Infatti il corpo non si compone di un membro solo, ma di molte membra. Se il piede dicesse: «Siccome io non sono mano, non sono del corpo», non per questo non sarebbe del corpo. Se l’orecchio dicesse: «Siccome io non sono occhio, non sono del corpo», non per questo non sarebbe del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ma ora Dio ha collocato ciascun membro nel corpo, come ha voluto. Se tutte le membra fossero un unico membro, dove sarebbe il corpo? Ci son dunque molte membra, ma c’è un unico corpo; l’occhio non può dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; né il capo può dire ai piedi: «Non ho bisogno di voi».  Al contrario, le membra del corpo che sembrano essere più deboli, sono invece necessarie; e quelle parti del corpo che stimiamo essere le meno onorevoli, le circondiamo di maggior onore; le nostre parti indecorose sono trattate con maggior decoro,  mentre le parti nostre decorose non ne hanno bisogno; ma Dio ha formato il corpo in modo da dare maggior onore alla parte che ne mancava, perché non ci fosse divisione nel corpo, ma le membra avessero la medesima cura le une per le altre. Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui. Ora voi siete il corpo di Cristo e membra di esso, ciascuno per parte sua."


Questo brano mette molta enfasi sul fatto che siamo tutti membra dell'unico corpo di Cristo. Siamo diventati membra di questo corpo quando lo Spirito Santo ci ha battezzati in Cristo, e ci ha fatto nascere, spiritualmente, come figli di Dio.

Dobbiamo capire che siamo tutti membri dello stesso corpo. Chiaramente, ci sono delle diversità fra le varie membra, ma ogni membro è parte del corpo, e quindi, ogni membro è importante.

Come sarebbe se il piede, non accontentandosi del suo ruolo, a parere suo meno importante della mano, dicesse che visto che non è una mano, non fa parte del corpo? Comunque farebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse un unico membro, che corpo sarebbe? Se tutto il corpo fosse un gigantesco occhio, certo, potrebbe vedere molto bene, ma non potrebbe udire, non potrebbe camminare, non potrebbe parlare, non avrebbe mani per fare le cose. Se tutto il corpo fosse un grande orecchio, potrebbe sentire bene, ma non potrebbe fare nient’altro.

Ed è così anche per noi. Ognuno di noi ha un ruolo diverso nel corpo, e ognuno ha dei doni e delle capacità, diverse, e ad ognuno Dio dà opportunità diverse,  diverse da ogni altro membro. Però, ogni membro è importante, ed ha un ruolo importante nel corpo. Non bisogna né vantarci, credendo di essere più importante degli altri, né pensare che qualcuno sia inutile. Ogni membro è importante.

Dio ha collocato ogni membro


Quando consideriamo che abbiamo tutti ruoli diversi, e doni e capacità e situazioni diversi, è importante ricordare sempre la verità che troviamo nel v.18. Ma ora Dio ha collocato ciascun membro nel corpo, come ha voluto. 
È Dio stesso che decide come collocare ogni membro del corpo. Cioè, è Dio che decide a chi e quali doni spirituali dare, per esempio, a chi dare il dono di insegnamento, a chi il dono di servire, a chi il dono di incoraggiare, e così per ogni altro dono. È Dio che decide chi dovrebbe essere un pastore, chi dovrebbero essere diaconi, e chi evangelisti. Dio può dare tante capacità ad un credente, e ad un altro meno. Ad uno dà certe prove, ad un altro altre prove. Dio colloca i membri nel corpo secondo il suo piano e il suo desiderio, non secondo il nostro piano. La nostra responsabilità è di impegnarci per il bene degli altri in base a come Dio ci ha collocato nel corpo.

Troviamo lo stesso principio per quanto riguarda i vari ruoli e le varie responsabilità che hanno i membri della famiglia. È Dio che stabilisce il ruolo e la responsabilità del marito, della moglie, dei genitori e dei figli.

A volte, ad un membro della famiglia o all’altro possono sembrare pesanti o ingiusti il suo ruolo e le sue responsabilità. In questi momenti, è importante ricordare che Colui che ha creato la Famiglia non sbaglia mai. Camminiamo per fede in Lui.

Similmente, Dio ha collocato ogni membro del corpo di Cristo al posto giusto, dando i doni, le prove, le responsabilità e le circostanze perfetti, secondo il suo piano eterno. È essenziale che ogni credente abbia fede nella sovrana scelta di Dio.

Non accettare i ruoli stabiliti da Dio è un grave peccato di ribellione. Inoltre, non accettare il nostro ruolo indebolisce tutto il corpo. Se un orecchio dovesse scoraggiarsi perché non è un occhio, e perciò non volesse più impegnarsi ad udire, volendo cercare di vedere, a quel corpo mancherebbe l’udito. Se i piedi dovessero abbandonare il loro lavoro di camminare, per cercare di essere anche loro delle mani in più, quel corpo sarebbe zoppo, e non potrebbe spostarsi.

Oh che possiamo imparare ad accontentarci del ruolo che Dio ci dà di essere, e non solo accontentarci, ma impegnarci a fare il nostro meglio con quello che abbiamo ricevuto da Dio. Solo così la Chiesa può essere sana e compiere tutto quello che Dio le ha dato da compiere. Lasciamo a Dio la scelta di come collocare le membra nel corpo. Via da noi ogni gelosia, ogni lamentela, ogni scontentezza.

La medesima cura gli uni per gli altri


C’è un altra verità importante da riconoscere in questo brano, e la troviamo nei vv. 24,25.

Dio ha formato il corpo in modo da dare maggior onore alla parte che ne mancava,  perché non ci fosse divisione nel corpo, ma le membra avessero la medesima cura le une per le altre. Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui.

Dio vuole che ogni membro del corpo abbia cura delle altre membra. Cioè, ogni membro del corpo, e non solo le guide, dovrebbe impegnarsi a cercare il bene di tutte le altre membra, e non solo di qualcuno preferito.

È importante evitare divisioni nel corpo. Certamente, è naturale che ognuno si trovi meglio con certi piuttosto che con altri. Però, non dobbiamo curare solamente coloro con i quali ci troviamo meglio. Invece, dobbiamo cercare il bene di tutti, entro le nostre possibilità e in base ai loro bisogni.

Se il piede viene morso da una vipera, la mano non può ignorare il problema. Il corpo è tutto collegato. Se il cuore o la testa o lo stomaco soffre, tutto il corpo soffre. Dobbiamo avere premura per il bene di tutto il corpo.

Il v.26 ci ricorda di questa realtà, Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono con lui.

Fratelli, apparteniamo tutti allo stesso corpo. Quando un membro soffre, soffriamo tutti con lui. Se un membro è onorato, siamo tutti onorati.

Troviamo questo stesso principio in questo versetto, "Rallegratevi con quelli che sono allegri; piangete con quelli che piangono." (Romani 12:15).

Questo principio non è difficile da capire. Basta pensare ad una famiglia. Se un figlio viene onorato a scuola, questa lode diventa motivo per tutta la famiglia di gioire. Se un figlio viene maltrattato o ferito, tutta la famiglia soffre con lui. Anche noi siamo una famiglia in Cristo. Quindi, anche noi dobbiamo vivere così. Dobbiamo identificarci così tanto gli uni con gli altri, che possiamo gioire con chi gioisce, e piangere con chi piange.

Quando viviamo così, avremo molto più gioia, perché allora le benedizioni degli altri diventeranno motivi di gioia anche per noi.

Amici, se non avete questo cuore per gli altri membri del corpo, pregate Dio, e chiedeteGli di cambiare il vostro cuore. Non avere un vero amore per tutti gli altri membri del corpo è qualcosa di molto grave, come leggiamo qui.

“Se uno dice: «Io amo Dio», ma odia suo fratello, è bugiardo; perché chi non ama suo fratello che ha visto, non può amare Dio che non ha visto. Questo è il comandamento che abbiamo ricevuto da lui: che chi ama Dio ami anche suo fratello.” (1Giov 4:20-21)

Preghiamo affinchè possiamo avere un vero amore gli uni per gli altri, e veramente identificarci gli uni con gli altri, perché siamo tutti membri dello stesso corpo, il corpo di Cristo.

Adoperarci per il bene del corpo


Ho menzionato prima che è Dio che colloca ogni membro nel corpo, ed è Dio che decide quali doni dare ad ogni persona. Ora, voglio considerare come dovremmo impegnare i doni spirituali, le capacità e i mezzi che Dio ci ha dato.

“Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e tutte le membra non hanno una medesima funzione, così noi, che siamo molti, siamo un solo corpo in Cristo, e, individualmente, siamo membra l’uno dell’altro. Avendo pertanto doni differenti secondo la grazia che ci è stata concessa, se abbiamo dono di profezia, profetizziamo conformemente alla fede; se di ministero, attendiamo al ministero; se d’insegnamento, all’insegnare; se di esortazione, all’esortare; chi dà, dia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le faccia con gioia.” (Rom 12:4-8).

Leggiamo anche 1Corinzi 12:7, che parla dello stesso argomento.

“Ora a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune.” (1Cor 12:7).

Infine, un terzo brano che ci aiuta a capire come dobbiamo adoperare quello che abbiamo ricevuto da Dio.

“Come buoni amministratori della svariata grazia di Dio, ciascuno, secondo il dono che ha ricevuto, lo metta a servizio degli altri.” (1Piet 4:10).

Dobbiamo adoperare tutto quello che Dio ci ha dato per il bene di tutto il corpo. A ciascun membro del corpo, Dio dà certe capacità, ovvero, certi doni spirituali. Lo scopo di questi doni è il bene comune. Questo è esattamente quello che fanno le membra del corpo umano. Ogni membro ha un ruolo diverso, ma tutte collaborano per il bene comune.

Quindi, ogni credente dovrebbe impegnarsi, attivamente, a cercare il bene degli altri.

Nel mondo in cui viviamo, è normale che ognuno si impegni a cercare il proprio bene. Ma così non deve essere nel corpo di Cristo. Infatti, se le varie membra di un corpo dovessero vivere così, il corpo morirebbe ben presto. Il corpo più sano è quel corpo in cui ogni membro si impegna per il bene comune, anziché per il proprio bene.


L’amore fraterno


"Quanto all’amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli altri. Quanto all’onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente." (Romani 12:10).

Questo brano ci aiuta a capire il cuore che dobbiamo avere gli uni per gli altri nel corpo di Cristo. Dobbiamo avere un amore fraterno che ci spinge ad essere pieni di affetto gli uni per gli altri.

Questo è quel tenero affetto che dovrebbe esistere in ogni famiglia.

Sappiamo tutti che è abbastanza facile avere vero affetto per certi fratelli, mentre è molto più difficile avere affetto per altri. Che cosa dobbiamo fare quando ci troviamo in una situazione così?

Quando ci è difficile essere pieni di affetto per qualcuno, dobbiamo impegnarci a pregare di più per quella persona, e dobbiamo anche impegnarci a cercare attivamente il suo bene. Inoltre sarebbe molto utile passare del tempo con quella persona. L’affetto non arriva magicamente, non arriva se non c’è un impegno, e non arriva se non abbiamo contatto con quella persona. È anche importante pregare, chiedendo a Dio di cambiare il nostro cuore verso quella persona, e di farci comprendere che facciamo parte dello stesso corpo.

La gara del rendere onore


Oltre a comandarci di essere pieni di affetto gli uni per gli altri, Romani 12:10 ci comanda di onorare gli uni gli altri. “Quanto all’amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli altri. Quanto all’onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente.” (Rom 12:10).

In 1Corinizi 12, abbiamo letto una verità simile:

Dio ha formato il corpo in modo da dare maggior onore alla parte che ne mancava,”

Dio ci comanda a rendere onore gli uni agli altri.

Attenzione: questo comandamento non è legato a quanto onore una persona si merita di per sé. Infatti, come dichiara 1Corinzi 12, si dà maggior onore a quelle parti che ne mancano. Allora, in base a che cosa dobbiamo onorare gli uni gli altri? Dobbiamo onorare gli altri in base al vero valore di ogni altro membro.

Qual è questo grande valore di ogni altro membro? Se ci pensiamo, non è difficile da capire. Se aveste un carissimo amico, che volete onorare, e uno dei suoi figli venisse a trovarvi, chiaramente, essendo questi il figlio del vostro caro amico, lo onorereste trattandolo bene, come se fosse il vostro amico in persona. Questo onore non gli viene dato in base a qualche sua qualità o merito, ma in base al fatto che egli è il figlio del vostro caro amico, e naturalmente quel figlio ha un grande valore per suo padre. Se doveste trattare quel figlio con dispetto, o anche solo se doveste trascurarlo, sarebbe un'offesa grande nei confronti del vostro amico.

Allora, tenendo questo esempio in mente, ricordiamo che ogni membro del corpo di Cristo è un figlio di Dio. L’onore che diamo ad un altro credente non deve dipendere dal suo merito, ma dal fatto che è un figlio di Dio, e quindi, dal fatto che è prezioso per Lui. Disprezzare, o solo trascurare un figlio di Dio, è un’offesa contro Dio.

A livello pratico, in che modo dobbiamo rendere onore gli uni agli altri? Ci sono tanti modi. Per esempio, onoro una persona quando mi vedo con lei, avendo premura di informarmi come sta e di ascoltare quello ha da dire, anziché cercare solamente di raccontare le mie cose.

Si onorano gli altri quando si cerca di prendere il posto meno comodo, lasciando il miglior posto agli altri. Quando ci sono dei lavori da distribuire, o delle cose da preparare per una cena insieme, si dimostra onore per gli altri, non cercando il lavoro o la responsabilità più facile, ma cercando di lasciare quelle cose agli altri.

Dio ci comanda di fare a gara per rendere l’onore gli uni agli altri. Questo riguarda anche le piccole cose di ogni giorno, e non solo quelle grandi. Ricordiamo che onorando i figli di Dio, onoriamo Dio.

Avere le medesime cure


In 1Corinzi 12, abbiamo letto che Dio ha creato il corpo in modo che le membra avessero la medesima cura gli uni per gli altri.

Questa cura comprende sia una cura spirituale, sia una cura pratica e, se serve, anche economica, come viene insegnato in tanti brani.

"provvedendo alle necessità dei santi, esercitando con premura l’ospitalità." (Romani 12:13)

Ma se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede suo fratello nel bisogno e non ha pietà di lui, come potrebbe l’amore di Dio essere in lui?” (1Giov 3:17)

Dobbiamo curare gli uni gli altri base alle necessità e in base alle nostre possibilità. Nella Bibbia, in Atti 5, leggiamo di come tanti credenti a Gerusalemme vendettero campi e proprietà per provvedere economicamente ad altri credenti che ne avevano bisogno. In 2Corinzi 8, Paolo spiega come i credenti di Macedonia avevano dato oltre i loro mezzi, per aiutare i credenti di Gerusalemme, che stavano nel bisogno.

Quindi, l’amore e la cura che dobbiamo avere gli uni per gli altri non è solo simbolica, ma riguarda tutto l’essere nostro: i nostri pensieri, i nostri desideri, le nostre preghiere, i nostri beni e le nostre azioni.

Tutto questo, perché siamo veramente tutti membra dello stesso corpo, il corpo di Cristo Gesù, il nostro Capo.

Applicazione


Oggi, abbiamo considerato brevemente la meravigliosa verità che siamo tutti membra dello stesso corpo, e che quindi siamo membri gli uni degli altri.

Essendo membra dello stesso corpo, Dio ci comanda di avere amore, premura, cura e onore gli uni per gli altri. Questo vuol dire avere una cura vera, in base al bisogno.

Ricordiamo che è Dio che colloca ogni membro del corpo come vuole Lui, con i doni, le capacità, e le prove giuste. Quindi, è molto importante accettare di cuore il ruolo che Dio ci ha dato, e impegnarci a fare del nostro meglio per il bene del corpo con i doni e le capacità che abbiamo. Non dobbiamo mai confrontare le nostre capacità o le nostre prove con quelle degli altri. Piuttosto, lodiamo Dio per le sue vie perfette, e mettiamoci da fare, essendo in questo modo fedeli con quello che abbiamo ricevuto da Dio.

Il corpo sta al suo meglio quando ogni membro si impegna quanto possibile per il bene del resto del corpo. In realtà, quando tutte le membra si sacrificano per il bene comune, tutte le membra staranno bene e cresceranno.

Impegniamoci ad essere pieni di affetto gli uni per gli altri. Quando non ci è facile, ricordiamoci dell’importanza di pregare gli uni per gli altri, e di passare del tempo insieme cercando il bene di quella persona.

Ricordiamo anche quanto è importante onorare gli uni gli altri. Questo onore non dipende dal merito che hanno gli altri, ma piuttosto dipende dal fatto che gli altri sono figli di Dio, e quindi, sono preziosi a Lui. Onorare gli altri equivale a onorare Dio, disprezzare o trascurare gli altri è un’offesa a Dio.

Infine, ricordiamo l’importanza di impegnarci per il bene degli altri, anche in senso pratico. Che beato sarà quel corpo in cui ogni membro si impegna per il progresso di tutto il corpo! Similmente, noi saremo più benedetti quando ogni membro si impegnerà per il bene di tutto il corpo, anziché cercare il proprio.

Quando noi, come corpo, abbiamo cura l’uno per l’altro, quando portiamo i pesi gli uni degli altri, quando abbiamo umiltà, quando abbiamo grande affetto l’uno per l’altro, quando facciamo a gara per rendere onore l’uno all’altro, quando non cerchiamo di calpestare l’uno l’altro, ma invece quando ognuno è pronto a fare il lavoro più umile, allora, come corpo, saremo forti. Allora, come corpo, ogni membro sarà ben curato. Allora, come corpo, saremo pronti a compiere grandi cose per il Signore.

Quando consideriamo il corpo umano, è veramente una meraviglia. Infatti, nel Salmo 139 il Salmista, considerando il suo corpo, dichiara: Salmi 139:14 "Io ti celebrerò, perché sono stato fatto in modo stupendo. Meravigliose sono le tue opere, e l’anima mia lo sa molto bene."

Anche il corpo spirituale, la Chiesa, è una cosa stupenda. Oh che possiamo capire di più la meraviglia di quello che siamo in Cristo. Oh che Dio ci aiuti a capire la realtà che siamo tutti membri dello stesso corpo, il corpo di Cristo Gesù. 
di Marco deFelice


"Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri"  
(Giovanni 13:35)
 
http://consapevolinellaparola.blogspot.it/2013/04/facciamo-parte-di-un-corpo.html

giovedì 25 aprile 2013

L'uomo nella gabbia di ferro

gabbia
La temibile condizione di un uomo spiritualmente in una gabbia 


Nel racconto allegorico di John Bunyan “Il pellegrinaggio del Cristiano”, Cristiano, durante il suo viaggio verso la Città celeste (al cap. VIII), viene invitato da un personaggio di nome “Interprete” (rappresentazione dello Spirito Santo) a considerare diversi aspetti della vita cristiana. Ad un certo punto viene portato di fronte ad un uomo richiuso in una gabbia di ferro da cui non potrà mai più uscire. E’ l’immagine del cristiano formalista ed ipocrita che, di fatto, non ha mai conosciuto una vera conversione e che, pur conoscendo la verità, si è accontentato di una religione superficiale, mentre di fatto, amando i piaceri di questo mondo, anziché Dio, si indurisce sempre di più rispetto a Dio, rifiuta di convertirsi, e, apostatando alla fine dalla fede e disprezzando quanto Dio provvede ai peccatori pentiti, si ritrova in una condizione irreparabile in cui Dio gli rifiuterà la grazia del ravvedimento e della fede.

1. La tenebrosa condizione di un uomo
prigione
E’ possibile che il penoso personaggio qui rappresentato sia un riflesso di uno di quelli presentati nella scena precedente, codardi che non disponibili a combattere coraggiosamente e a lottare per guadagnare l’ingresso della Città Celeste restano prigionieri di se stessi. 


a. E’ privo della luce della speranza


In una cella oscura siede un uomo contenuto in una gabbia di ferro. E’ triste e tutto ripiegato in una condizione di disperata afflizione. La rappresentazione proviene dal Salmo 107:10-12: “Altri dimoravano in tenebre e in ombra di morte, prigionieri nell'afflizione e nelle catene, perché si erano ribellati alle parole di Dio e avevano disprezzato gli avvertimenti dell'Altissimo; perciò egli umiliò i loro cuori nella sofferenza; essi caddero, e nessuno li soccorse”.


b. E’ afflitto al punto da essere disperato


L’uomo spiega a Cristiano che egli è imprigionato nella disperazione. Al tempo di Bunyan disperare significava essere senza speranza in Dio, com’è il caso qui perché l’uomo è stato completamente abbandonato da Dio.


c. E’ chiuso in una gabbia di ferro e non può sfuggire


Il terrore di questa situazione implica che questo carcere indichi la condizione di alcuni nella vita attuale. E’ possibile che Dio rifiuti di soccorrere con la Sua misericordia certi individui? Si, come pure indicano altri scritti di Bunyan, è ciò che qui egli insegna.


d. Non è pronto ad affrontare l’eternità


L’ansia di quest’uomo riguarda la sua preoccupazione di dover affrontare un futuro per lui desolato, senza speranza e senza fine. Nella sua afflizione grida: "O Eternità, Eternità. Come potrò vedermela con la miseria che dovrò affrontare nell’Eternità?"


2. Descrizione della condizione di apostasia di quell’uomo


Come un apostata, uno che si è allontanato dalla vera fede, la sua condizione di irrecuperabilità presenta dei problemi comuni per molti. Si tratta di una persona che ha consapevolmente rinnegato la fede che prima aveva, oppure un non credente potenzialmente candidato per la grazia salvifica?


a. Prima professava in modo fiorente la fede cristiana


Dice: “Agli occhi di me stesso e degli altri, ero un cristiano fiorente e professante, ("Quelli sulla roccia sono coloro i quali, quando ascoltano la parola, la ricevono con gioia; ma costoro non hanno radice, credono per un certo tempo ma, quando viene la prova, si tirano indietro" (Luca 8:13)), di belle speranze. Ero convinto di essere decisamente in cammino verso la città celeste e pregustavo già la gioia di arrivare a destinazione”. Per un tempo aveva una certa sicurezza, gioia e piacere alla prospettiva di entrare nella città celeste, (“Quello che ha ricevuto il seme in luoghi rocciosi, è colui che ode la parola e subito la riceve con gioia”(Matteo 13:20)). Era attivo nella vita di una chiesa locale.


b. Più tardi, però, ha trascurato di essere vigilante e sobrio
  1. Ha incoraggiato in sé stesso desideri libidinosi ed ha flirtato con la tentazione con il risultato di trascurare di essere vigilante: (“...però non ha radice in sé ed è di corta durata; e quando giunge la tribolazione o persecuzione a motivo della parola, è subito sviato … Vegliate e pregate, affinché non cadiate in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Matteo 13:21; 26:41)).
  2. Ha peccato contro la chiara conoscenza della Parola e bontà di Dio. ("infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo delle opere sue; perciò essi sono inescusabili, perché, pur avendo conosciuto Dio, non l'hanno glorificato come Dio, né l'hanno ringraziato; ma si sono dati a vani ragionamenti e il loro cuore privo d'intelligenza si è ottenebrato. Benché si dichiarino sapienti, sono diventati stolti, e hanno mutato la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. (...) Oppure disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza e della sua costanza, non riconoscendo che la bontà di Dio ti spinge al ravvedimento?  (...) Considera dunque la bontà e la severità di Dio: la severità verso quelli che sono caduti; ma verso di te la bontà di Dio, purché tu perseveri nella sua bontà; altrimenti, anche tu sarai reciso" (Romani 1:20-23; 2:4; 11:22)).
  3. Ha rattristato lo Spirito di Dio tanto che Egli si è allontanato da lui. (“Appena giunsero a Ghibea, una schiera di profeti si fece incontro a Saul; allora lo spirito di Dio lo investì ed egli si mise a profetizzare in mezzo a loro. Tutti quelli che lo avevano conosciuto prima lo videro profetizzare con i profeti e dicevano l'uno all'altro: «Che è mai accaduto al figlio di Chis? Saul è anche lui tra i profeti?» (...) Lo spirito del SIGNORE si era ritirato da Saul; e uno spirito cattivo, permesso dal SIGNORE, lo turbava(1 Samuele 10:10-11; 16:14)).
  4. Si è così abbandonato alla seduzione del diavolo tanto che il diavolo lo pretende come uno dei suoi discepoli. 

c. Ora è abbandonato da Dio
  1. Ha indurito sempre di più il suo cuore, quando messo a confronto con ciò che la Parola di Dio esige, fino al punto in cui il ravvedimento gli diventa impossibile. “L'uomo che, dopo essere stato spesso ripreso, irrigidisce il collo, sarà abbattuto all'improvviso e senza rimedio” (Proverbi 29:1).
  2. Ha tanto provocato l’ira di Dio da ritrovarsi rifiutato ed abbandonato da Dio (“L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l'ingiustizia; (...) Benché si dichiarino sapienti, sono diventati stolti, e hanno mutato la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Per questo Dio li ha abbandonati all'impurità, secondo i desideri dei loro cuori, in modo da disonorare fra di loro i loro corpi; (...) Perciò Dio li ha abbandonati a passioni infami: infatti le loro donne hanno cambiato l'uso naturale in quello che è contro naturaì (...) Siccome non si sono curati di conoscere Dio, Dio li ha abbandonati in balìa della loro mente perversa sì che facessero ciò che è sconveniente (Romani 1:18, 22-24, 26, 28)), e quindi squalificato dal ricevere nuovamente il dono del ravvedimento.

3. Descrizione dell’uomo riprovato da Dio
condannato
Dopo che Cristiano gli chiede se egli abbia una qualche speranza di uscire da quella sua gabbia di ferro della disperazione, l’uomo risponde: “No, nessuna”. Cristiano, però, gli risponde chiedendogli se egli sia consapevole che Cristo è misericordioso e compassionevole? (“Ecco, noi definiamo felici quelli che hanno sofferto pazientemente. Avete udito parlare della costanza di Giobbe, e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il Signore è pieno di compassione e misericordioso” (Giacomo 5:11)). L’uomo replica mettendo in evidenza le basi della sua disperazione. “La mia vita l’ha crocifisso di nuovo. Ho disprezzato la Sua Persona, ("Non vogliamo che costui regni su di noi" (Luca 19:14)); ho disprezzato la Sua giustizia; ho considerato il Suo sangue come qualcosa di profano; mi sono opposto, insultandolo, allo Spirito della grazia." (“Chi trasgredisce la legge di Mosè viene messo a morte senza pietà sulla parola di due o tre testimoni. Di quale peggior castigo, a vostro parere, sarà giudicato degno colui che avrà calpestato il Figlio di Dio e avrà considerato profano il sangue del patto con il quale è stato santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia?” (Ebrei 10:28-29))
Per questo egli afferma di essersi escluso da tutte le promesse di Dio e che non rimane altro per lui che minacce, temibili prospettive di rimprovero, ardente indignazione ed il certo giudizio che lo consumerà completamente. Cristiano, così, gli chiede quale sia stata la ragione per la quale è giunto a quella miserevole condizione. L’uomo gli risponde che egli ha preferito le seduzioni, i piaceri ed i profitti di questo mondo in cui ha trovato sempre più delizia. Ora, però, tutto questo sta mordendo e rodendo la sua anima come un verme ardente, “...dove il verme loro non muore e il fuoco non si spegne” (Marco 9:48). Alla domanda di Cristiano se egli non potrebbe pentirsi di tutto questo e voltare le spalle a quella sua miserabile condizione, l’uomo risponde: “No, perché Dio mi ha negato il ravvedimento. La Sua Parola non mi dà alcun incoraggiamento a credere”. Dio, così, l’avrebbe rinchiuso in quella gabbia di ferro tanto che nemmeno tutti gli uomini del mondo potrebbero ottenere il suo rilascio. Termina così dicendo: “O Eternità! Eternità! Come potrà mai affrontare la miseria che incontrerò per tutta l’eternità?”.


Il problema, quindi, è non semplicemente la non volontà dell’uomo in gabbia di supplicare Dio per ottenere misericordia, ma la percezione che ha di porsi al di là di qualsiasi speranza di misericordia. Anzi, è Dio stesso che gli nega misericordia e la grazia del ravvedimento, cosa che oggi molti ritengono una proposizione biblica impensabile. 
Si consideri, però, Romani 9:15:18: “Poiché egli dice a Mosè: «Io avrò misericordia di chi avrò misericordia e avrò compassione di chi avrò compassione».  
Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia. La Scrittura infatti dice al faraone: «Appunto per questo ti ho suscitato: per mostrare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato per tutta la terra». Così dunque Egli fa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole”. 


a. Il suo cuore indurito non trova misericordia
  1. Questo prigioniero indurito è pietrificato nella sua anima. La sua posizione è assolutamente priva di speranza, dato che la misericordia di Dio è passata oltre di lui senza fermarsi! Per quale ragione?
  2. Egli ha crocifisso di nuovo il Figlio di Dio esponendolo ad infamia. “...e poi sono caduti, è impossibile ricondurli di nuovo al ravvedimento perché crocifiggono di nuovo per conto loro il Figlio di Dio e lo espongono a infamia” (Ebrei 6:6).
  3. Egli ha disprezzato la Persona del Signore Gesù (Luca 19:14) e la Sua giustizia salvifica (“Ora però, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata la giustizia di Dio, della quale danno testimonianza la legge e i profeti: vale a dire la giustizia di Dio mediante la fede in Gesù Cristo, per tutti coloro che credono - infatti non c'è distinzione (...) Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione (Romani 3:21-22; 1 Corinzi 1:30)).
  4. Ha considerato come profano il sangue del patto ed insultato lo Spirito della grazia (“Chi trasgredisce la legge di Mosè viene messo a morte senza pietà sulla parola di due o tre testimoni. Di quale peggior castigo, a vostro parere, sarà giudicato degno colui che avrà calpestato il Figlio di Dio e avrà considerato profano il sangue del patto con il quale è stato santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia?(Ebrei 10:28-29)).
  5. Come conseguenza dell’aver disprezzato le promesse di Dio, l’unica sua prospettiva è quella di essere consumato da spaventose minacce, un certo giudizio e una ardente indignazione “...ma una terribile attesa del giudizio e l'ardore di un fuoco che divorerà i ribelli” (Ebrei 10:27).

b. Il suo cuore in gabbia è chiuso al rimorso

In che modo è sopraggiunta questa condizione di prigionia, e come si sente ora rispetto all’attuale frutto dei suo travaglio?
  1. Come cristiano professante era alla continua ricerca dei piaceri e profitti di questo mondo (“...insensibili, sleali, calunniatori, intemperanti, spietati, senza amore per il bene, traditori, sconsiderati, orgogliosi, amanti del piacere anziché di Dio” (2 Timoteo 3:3-4)). In questo egli aveva pure qualche soddisfazione temporanea. Il suo trinceramento, però, diventa sempre più rigido.
  2. Come cristiano squalificato, ora è trafitto da amara afflizione, come se un verme infuocato lo tormentasse per rammentargli la sua grande follia.

c. Al suo cuore incredulo è negato il ravvedimento
  1. Sebbene quest’uomo non voglia ravvedersi, è anche vero che egli non può ravvedersi. Solo la grazia sovrana se gli fosse impartita produrrebbe in lui una trasformazione al suo cuore. (“...e lo ha innalzato con la sua destra, costituendolo Principe e Salvatore, per dare ravvedimento a Israele, e perdono dei peccati (...) udite queste cose, si calmarono e glorificarono Dio, dicendo: «Dio dunque ha concesso il ravvedimento anche agli stranieri affinché abbiano la vita»(Atti 5:31; 11:18)).
  2. Il ravvedimento non è la risposta dell’uomo autonomo, ma una risposta individuale operata dalla sovrana grazia di Dio (“...Deve istruire con mansuetudine gli oppositori nella speranza che Dio conceda loro di ravvedersi per riconoscere la verità, in modo che, rientrati in se stessi, escano dal laccio del diavolo, che li aveva presi prigionieri perché facessero la sua volontà” (2 Timoteo 2:25-26)).
  3. In assenza dell’impartizione divina del cambiamento di cuore che è comunemente chiamato ravvedimento non vi può essere alcun incoraggiamento a credere da parte della Parola.  
  4. Tale comprensione proviene solo attraverso la rigenerazione ed illuminazione da parte dello Spirito Santo (“Ho ancora molte cose da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata; quando però sarà venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annuncerà le cose a venire. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà. Tutte le cose che ha il Padre, sono mie; per questo ho detto che prenderà del mio e ve lo annuncerà. (...) Ma l'uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché esse sono pazzia per lui; e non le può conoscere, perché devono essere giudicate spiritualmente. L'uomo spirituale, invece, giudica ogni cosa ed egli stesso non è giudicato da nessuno” (Giovanni 16:12-15; 1 Corinzi 2:14-15)).

4. La miserabile condizione dell’uomo in gabbia è un ammonimento


Interprete spiega a Cristiano come la miseravole condizione di quest’uomo sia un ammonimento perenne. Al che Cristiano risponde: "Possa Dio aiutarmi a vigilare e ad essere sobrio, e prego che io possa ripudiare la causa delle afflizioni di quest’uomo." Dopodiché Cristiano chiede di poter riprendere il viaggio.


Questa terribile scena è presentata per incoraggiare il pellegrino a vigilare, a pregare e ad essere sobrio. Vegliate, state fermi nella fede, comportatevi virilmente, fortificatevi. (...) Non dormiamo dunque come gli altri, ma vegliamo e siamo sobri; poiché quelli che dormono, dormono di notte, e quelli che si ubriacano, lo fanno di notte. Ma noi, che siamo del giorno, siamo sobri, avendo rivestito la corazza della fede e dell'amore e preso per elmo la speranza della salvezza. Dio infatti non ci ha destinati a ira, ma ad ottenere salvezza per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, il quale è morto per noi affinché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. (...) 
"La fine di tutte le cose è vicina; siate dunque moderati e sobri per dedicarvi alla preghiera (1 Corinzi 16:13; 1 Tessalonicesi 5:6-10; 1 Pietro 4:7)
Altrimenti ci si troverà ad essere come Esaù: “che nessuno sia fornicatore, o profano, come Esaù che per una sola pietanza vendette la sua primogenitura. Infatti sapete che anche più tardi, quando volle ereditare la benedizione, fu respinto, sebbene la richiedesse con lacrime, perché non ci fu ravvedimento” (Ebrei 12:16-17)
Bunyan stesso, da giovane, si era trovato a lottare in una condizione simile a quella di Esaù e gli era stato provveduto questo ammonimento. In questo modo Dio ammonisce i Suoi eletti e, attraverso questi ammonimenti, li preserva.


Conclusione


a. L’uomo in gabbia è un’apostata


Non era un vero credente che temporaneamente si allontani dal giusto cammino del Signore. Chi si allontana temporaneamente dalla retta via mostra segni di genuino dispiacimento, in particolare fame e sete di giustizia personale. Non è il caso, però, di questo ciarlatano che aveva fatto una qualche esperienza di religione, senza però mostrare segno alcuno di autentica conversione.“Perciò io vi dico: ogni peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini; ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chiunque parli contro il Figlio dell'uomo, sarà perdonato; ma a chiunque parli contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato né in questo mondo né in quello futuro. (...)Quelli sulla roccia sono coloro i quali, quando ascoltano la parola, la ricevono con gioia; ma costoro non hanno radice, credono per un certo tempo ma, quando viene la prova, si tirano indietro. (...) Perché sarebbe stato meglio per loro non aver conosciuto la via della giustizia, che, dopo averla conosciuta, voltar le spalle al santo comandamento che era stato dato loro. È avvenuto di loro quel che dice con verità il proverbio: «Il cane è tornato al suo vomito», e: «La scrofa lavata è tornata a rotolarsi nel fango».(...) Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; perché se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma ciò è avvenuto perché fosse manifesto che non tutti sono dei nostri(Matteo 12:31-32; Luca 8:13; 2 Pietro. 2:21-22; 1 Giovanni 2:19).


b. Quest’uomo rappresenta i credenti falsi, contraffatti


Sono poche oggi le chiese in cui risuonano chiari ammonimenti come questo. Eppure rimane un pensiero che fa riflettere e cioè che una persona può ben essere viva nella carne ed attivamente religiosa ma rimanere al tempo stesso irrecuperabilmente perduta agli occhi di Dio. La ragione di questo è che una tale persona è stata abbandonata da Dio alla sua inesorabile follia.


"Per questo Dio li ha abbandonati all'impurità, secondo i desideri dei loro cuori, in modo da disonorare fra di loro i loro corpi;essi, che hanno mutato la verità di Dio in menzogna e hanno adorato e servito la creatura invece del Creatore, che è benedetto in eterno.... Siccome non si sono curati di conoscere Dio, Dio li ha abbandonati in balìa della loro mente perversa, sì che facessero ciò che è sconveniente
(Romani 1:24-25,28)


Liberamente adattato da internet


 http://consapevolinellaparola.blogspot.it/2013/04/luomo-nella-gabbia-di-ferro.html

domenica 14 aprile 2013

La vera Sapienza


Una definizione elementare dice che la saggezza consiste nel "fare il miglior uso possibile della conoscenza che si ha a disposizione".

Tu, ti consideri saggio o saggia? Questa domanda non mira a capire se usi o no la parola “saggio” quando pensi a te stesso, ma quanto ti fidi del tuo ragionamento. Se per abitudine, ti affidi quasi ciecamente ai tuoi ragionamenti e al tuo discernimento, a come le cose sembrano a te, allora, che tu te ne renda conto oppure no, ti consideri saggio o saggia.
Ecco quello che la Parola di Dio dichiara a chi si considera saggio ai propri occhi:
Non ritenerti savio ai tuoi occhi, temi l’Eterno e ritirati dal male;” (Proverbi 3:7) 
“Hai visto un uomo che si crede saggio? C’è maggiore speranza per uno stolto che per lui,” (Proverbi 26:12 ) 
“Guai a quelli che sono saggi ai loro occhi e intelligenti davanti a loro stessi!” (Isaia 5:21)
Chi crede di essere saggio per conto suo ha una sapienza terrena. Esiste però un altro tipo di sapienza, la sapienza che viene da Dio. Qui, vogliamo considerare queste due forme di sapienza e i loro frutti. La mia preghiera è che ognuno di noi possa ricercare la sapienza che viene da Dio.

Che cos'è la sapienza

Iniziamo considerando che cos'è la saggezza, ovvero la sapienza. La saggezza è diversa dall’intelligenza.
Essere intelligenti, di solito, vuol dire conoscere fatti. Una persona molto intelligente sa tante cose, e spesso conosce la risposta alla domanda che le viene posta. Il mondo stima molto gli uomini intelligenti, coloro che sanno fare, che sono molto competenti in qualche campo. È importante ricordare che, per quanto qualcuno sia esperto in un certo ambito, è ignorante in tantissime altre materie. Comunque sia, il mondo premia l’intelligenza.
Tuttavia, il fatto di essere intelligenti, di sapere tante cose, non significa saper usare quell'intelligenza per scopi buoni. Si può usare l’intelligenza a fin di bene o per un fine malvagio. Ci sono malviventi che hanno una grande conoscenza grazie alla quale compiono atti disonesti. Ci sono persone brave a capire come fare per guadagnare tanto denaro o altro, però poi arrivano al giudizio finale spiritualmente povere. L'intelligenza non reca loro alcun vero beneficio eterno.
Invece, possedere la sapienza significa saper usare l’intelligenza, le varie capacità e i mezzi che uno ha per i traguardi migliori, quelli che portano veri benefici eterni.
Ossia, essere saggi vuol dire saper adoperare la propria intelligenza ed altre capacità per traguardi veramente buoni, anzi, per le mete migliori. Il contrario della sapienza è la stoltezza.
Allora, una persona può essere molto intelligente, ma allo stesso tempo, molta stolta, se usa la sua intelligenza per ottenere risultati che alla fine saranno distrutti per sempre. Per esempio, Gesù ci insegna che se qualcuno impiega la sua intelligenza per cercare di stare bene in questa vita e trascura la sua condizione spirituale, non prestando attenzione agli avvertimenti che Dio gli dà, quell'uomo rimarrà sotto il giudizio eterno, e tutto quello per cui avrà faticato non gli gioverà a nulla. Questa è vera stoltezza. Una persona simile è intelligente, ma non saggia.
Chiaramente, gli uomini non vogliono ritenersi stolti ai propri occhi. Perciò, hanno inventato una sapienza umana, terrena. La sapienza terrena porta un frutto terribile, mentre la sapienza dall'alto, che viene da Dio dà un frutto meraviglioso. In questo scritto, vogliamo capire meglio qual'è la vera sapienza, quella che procede da Dio, e vogliamo confrontarla con la sapienza terrena. Il mio scopo è di stimolare ciascuno di noi a ricercare la vera sapienza.

Giacomo 3:13-18

Il passo che vogliamo esaminare è Giacomo 3:13-18. All'inizio di questo capitolo, Giacomo parla del pericolo di considerarsi saggi ai propri occhi, e di voler essere maestri senza pensare alle conseguenze di eventuali insegnamenti sbagliati. Chi si comporta così è stolto, non saggio.
Chi è savio e intelligente fra voi? Mostri con la buona condotta le sue opere fatte con mansuetudine di sapienza. Ma se nel vostro cuore avete amara gelosia e spirito di contesa, non vantatevi e non mentite contro la verità. Questa non è la sapienza che discende dall’alto, ma è terrena, animale e diabolica. Dove infatti c’è invidia e contesa, lì c’è turbamento ed ogni sorta di opere malvagie. Ma la sapienza che viene dall’alto prima di tutto è pura, poi pacifica, mite, docile, piena di misericordia e di frutti buoni, senza parzialità e senza ipocrisia. Or il frutto della giustizia si semina nella pace per quelli che si adoperano alla pace.” (Giacomo 3:13-18)
Questo brano confronta la sapienza terrena, che porta al male, con la sapienza proveniente da Dio, che produce bene e benedizioni.
Riflettiamo sui due tipi di sapienza e impegniamoci ad avere la vera sapienza, che viene da Dio.

La sapienza terrena


sapienza

Consideriamo per prima quella che il passo chiama “sapienza terrena”, la sapienza del mondo. Che cos'è la sapienza del mondo o, per meglio dire, ciò che il mondo considera sapienza? Come possiamo riconoscere questa sapienza? Quali sono alcuni dei suoi frutti?

Amara gelosia e spirito di contesa

Iniziamo con il v.14, che ci aiuta a riconoscere la sapienza terrena.
Ma se nel vostro cuore avete amara gelosia e spirito di contesa, non vantatevi e non mentite contro la verità.” (Giacomo 3:14)
Alcune delle caratteristiche della sapienza terrena sono la gelosia e uno spirito di contesa. La gelosia in sé è già molto negativa e malvagia. Qui, viene aggiunto l’aggettivo “amara”. La gelosia ci porta a stare male quando gli altri stanno bene, anche se non manchiamo di nulla. Provare amara gelosia vuol dire avere il cuore agitato quando qualcuno sta meglio di te. Chi ha questa gelosia nel cuore non può stare bene quando gli altri sono contenti, e nemmeno quando le cose procedono bene per lui, perché egli teme che qualcun altro potrebbe stare meglio. La gelosia rovina i rapporti fra le persone.
La parola che viene tradotta con l'espressione “spirito di contesa” è un termine greco che veniva usato per descrivere chi entrava in politica per motivi egoistici e che cercava di portare avanti il suo programma a qualsiasi costo, anche calpestando gli altri. La stessa parola viene impiegata in Filippesi 1:16, quando Paolo descrive coloro che predicavano il vangelo mentre egli era in prigione, e che cercavano così di fargli del male.
“Alcuni invero predicano Cristo anche per invidia e contesa, ma vi sono anche altri che lo predicano di buon animo. Quelli certo annunziano Cristo per contesa, non puramente, pensando di aggiungere afflizione alle mie catene,” (Fil 1:15-16)
La sapienza del mondo porta ad avere uno spirito che cerca il proprio bene, e non quello degli altri, il che produce contese. Questo è completamente contrario allo spirito mostrato da Cristo, e che Dio ci comanda di avere, in Filippesi 2:3,4:
non facendo nulla per rivalità o vanagloria, ma con umiltà, ciascuno di voi stimando gli altri più di se stesso. Non cerchi ciascuno unicamente il proprio interesse, ma anche quello degli altri.” (Fil 2:3-4)
Cercare il proprio bene, a costo di calpestare gli altri, e provare gelosia sono chiari frutti della sapienza terrena.
Notate la seconda parte del v. 14.
Ma se nel vostro cuore avete amara gelosia e spirito di contesa, non vantatevi e non mentite contro la verità.” (Giacomo 3:14)
Che cosa vuol dire: “non mentite contro la verità”? Il contesto è il seguente: se uno proclama di avere sapienza, mentre ha nel cuore amara gelosia e uno spirito di contesa, allora, non deve vantarsi, affermando di essere saggio, perché comportandosi in quel modo, mente contro la verità. È uno stolto.
Notiamo anche il v.15:
Questa non è la sapienza che discende dall’alto, ma è terrena, animale e diabolica.” (Giacomo 3:15)
La sapienza che porta a provare gelosia e ad avere uno spirito di contesa non viene dall'alto, dal cielo, ma piuttosto è terrena, animale e diabolica. Non ha niente a che fare con Dio. Riflettiamo su questi aspetti della sapienza umana.

 E' terrena

La sapienza terrena non va oltre questa vita. Non è capace di considerare e capire veramente le cose di Dio, ma si limita alle cose di questa terra. Perciò, non può essere vera sapienza, perché la vita non è limitata alle cose terrene. Visto che la vera vita ha più a che fare con l’eternità che con questo mondo, una cosiddetta sapienza che non giunge fino alle realtà celesti è stoltezza, e non vera sapienza.

E' animale

La sapienza del mondo è anche animale. La parola greca tradotta come “animale” è usata anche in 1Corinzi 2:14, dove è resa con l'aggettivo “naturale”.
Or l’uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché sono follia per lui, e non le può conoscere, poiché si giudicano spiritualmente.” (1Corinzi 2:14)
Questo termine indica le qualità dell’uomo che assomigliano alle caratteristiche delle bestie. In altre parole, la sapienza del mondo rende l’uomo simile a una bestia che non sa distinguere le cose di vero valore.
Gesù parla di questo tipo di persona in Matteo 7:6:
Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con i piedi e poi si rivoltino per sbranarvi.” (Mat 7:6)
Gesù non sta disprezzando le persone chiamandole “porci”, ma piuttosto sta spiegando che, come il porco non sa minimamente apprezzare una perla, che è di grande valore, così gli uomini naturali non sanno apprezzare i tesori di Dio. La sapienza terrena non riesce a comprendere il vero valore delle cose che provengono da Dio.
Come il porco preferisce il fango alle perle, così la sapienza terrena porta una persona a preferire le cose che non hanno alcun valore eterno a quelle di vero valore.

E'diabolica

Oltre ad essere terrena ed animale, la sapienza terrena è anche diabolica. Essa deriva dalla potenza di Satana.
In Efesini 2:1,2,  ci viene spiegata la condizione dell’uomo naturale, che costituisce quella di ogni credente prima della sua salvezza.
Egli ha vivificato anche voi, che eravate morti nei falli e nei peccati, nei quali già camminaste, seguendo il corso di questo mondo, secondo il principe della potestà dell’aria, dello spirito che al presente opera nei figli della disubbidienza,” (Efe 2:1-2)
Per natura, gli uomini seguono il corso di questo mondo, secondo la guida del principe della potestà dell’aria, ovvero di Satana. Quindi, la sapienza terrena è diabolica. Non reca alcun vero bene eterno.
Il mondo esalta la sapienza terrena, ma essa è appunto solo terrena, animale e diabolica, e non dobbiamo desiderarla, anche se ci porta ad ottenere l’approvazione del mondo.

Compie anche opere malvagie

Il v.16 ci spiega altre qualità della sapienza del mondo. Leggiamolo.
Dove infatti c’è invidia e contesa, lì c’è turbamento ed ogni sorta di opere malvagie.” (Giacomo 3:16)
La sapienza terrena, che produce invidia e contese, porta al turbamento o ad ogni sorta di opere malvagie. Cioè, quando alla radice ci sono invidia e contesa, il frutto finale sarà turbamento anziché pace, e si avranno opere malvagie di ogni sorta, anziché vere buone opere. I buoni rapporti verranno distrutti, e la vita sarà segnata da tanti tipi di peccati.
La sapienza del mondo può sembrare una cosa da desiderare, e infatti, è molto ricercata nel mondo. Tuttavia, genera tanti frutti terribili nella vita.

La sapienza dall’alto


discernimento

Passiamo ora a considerare la sapienza dall'alto. Come la sapienza terrena produce un frutto cattivo, così la sapienza dall'alto dà un frutto buono, che permette di distinguerla. Giacomo ci elenca le qualità che fanno parte della sapienza che viene da Dio. Questa è la sapienza che ognuno di noi dovrebbe ricercare ardentemente.

Essa controlla tutta la nostra vita

La prima cosa da capire è che la sapienza che viene dall'alto controlla la vita di chi ce l'ha. Notate che Giacomo inizia con la domanda, nel v.13, “chi è savio e intelligente fra voi?”. La parola greca tradotta qui come “intelligente”, in tutto il NT, viene usata solo in questo punto, e anziché avere il significato di possedere un'intelligenza normale, questo termine vuol dire “essere un vero esperto, che sa applicare la sua conoscenza alla vita pratica”. Ossia, l'intelligenza normale riguarda maggiormente la conoscenza di vari fatti, che non sempre incide sulla vita pratica. Invece, l'intelligenza dall'alto è un’intelligenza che viene applicata in ogni campo della vita.
Allora, quando parliamo della sapienza dall’alto, dobbiamo capire che si tratta di una sapienza che guida tutto il nostro comportamento. Non è una semplice conoscenza intellettuale, ma una sapienza che dirige il nostro modo di parlare, di agire e di pensare in ogni situazione della vita.

Un comportamento che dimostra vera sapienza

Il v.13 parla del frutto stupendo che la vera sapienza produce.
Chi è savio e intelligente fra voi? Mostri con la buona condotta le sue opere fatte con mansuetudine di sapienza.” (Giacomo 3:13)
Chi ha la sapienza dall’alto avrà anche una buona condotta, buona secondo il metro di Dio. Non solo, ma le sue buone opere saranno compiute con mansuetudine di sapienza. Il termine “mansuetudine” è molto importante.
Essere mansueti vuol dire vivere umilmente, con fede in Dio, al punto di accettare tutto quello che la Sua provvidenza ci dà, senza lamentarci o resistervi. Significa, perciò, avere pace e accettare quando gli altri peccano contro di noi, sapendo che Dio, con lo scopo di purificarci, permette il male che essi ci fanno,, e sapendo per fede che Dio ci libererà al Suo tempo perfetto. Essere mansueti quindi è il contrario di lottare per far valere i propri diritti o spingere per promuovere i propri interessi.
L'unico modo di essere veramente mansueti è di avere fede nella bontà di Dio e nel suo sovrano controllo sulle nostre vite. La persona mansueta non si preoccupa di se stessa, né si agita quando viene offesa o se le si fa del male. La mansuetudine è un frutto dello Spirito Santo.
Essere mansueti vuol dire rimanere calmi nella tempesta, non per forza di volontà, ma tramite una forte fede in Dio.
Perciò, chi è veramente savio e intelligente, lo dimostrerà compiendo buone opere con mansuetudine di sapienza. La vera sapienza, che viene dall'alto, vuol dire essere veramente mansueti.

Altri stupendi frutti della sapienza

La vera sapienza produce altri meravigliosi frutti nella vita, alcuni dei quali sono elencati da Giacomo nel v.17.
Ma la sapienza che viene dall’alto prima di tutto è pura, poi pacifica, mite, docile, piena di misericordia e di frutti buoni, senza parzialità e senza ipocrisia.” (Giacomo 3:17)
Consideriamo ciascuno di questi frutti.

 E' pura

La qualità più importante della vera sapienza, ciò che la caratterizza prima di tutto, è che essa è pura. Le altre qualità sono essenziali, ma per prima cosa, la vera sapienza è pura.
La parola greca tradotta con “pura” è “Agnos”, che deriva dal termine “Agios”, il cui significato è “purezza, santità”. Essere santi vuol dire essere separati da tutto ciò che è impuro e non secondo la Parola di Dio.
Quindi, la qualità fondamentale della vera sapienza è la purezza, la santità, cioè la conformità alla Parola di Dio, e di conseguenza, la separazione da tutto quello che è peccato.

Altre qualità:

Su questa base, proseguiamo verso le altre qualità che fanno parte della vera sapienza, proveniente da Dio.
E' pacifica: la vera sapienza è pacifica. Quest'aggettivo indica chi ama e promuove la pace. Di natura, l’uomo non è pacifico. Si agita, si arrabbia, serba rancore e tanti altri sentimenti negativi che possono portare alla divisione. La sapienza del mondo ha uno spirito di gelosia e di contesa. Essere pacifici è il contrario di tutto questo. Essere pacifici vuol dire impegnarsi per promuovere la vera pace con gli altri, e anche la pace fra l’uomo e Dio. Questo fa parte della vera sapienza.
E' mite: un'altra qualità è di essere mite: questo termine descrive una persona che non ha alcun desiderio di vendetta. Quando subisce un'ingiustizia, lei rimane calma, fidandosi di Dio e trovando la sua pace e la sua gioia in Lui.
Questa è la qualità che vediamo in Gesù quando si trova davanti al sinedrio e poi davanti ai soldati romani. Leggo Isaia 53;7:
“Maltrattato e umiliato, non aperse bocca. Come un agnello condotto al macello, come pecora muta davanti ai suoi tosatori non aperse bocca.” (Isaia 53:7)
Chi è mite, porta pace e riduce la tensione ovunque vada.
E' docile: la vera sapienza è docile: questa qualità dipinge chi si sottomette facilmente alle regole e alle richieste che gli vengono imposte, come ad esempio un ragazzo che entra a fare parte dell'esercito, e accetta senza problema le varie regole della vita militare. Egli fa tutto ciò che gli viene detto, senza sentirsi aggravato e a prescindere dal fatto che ogni cosa sia giusta oppure no.
Perciò, per un credente essere docile vuol dire accettare senza problema i comandamenti del Signore, e quello che la provvidenza di Dio permette nella sua vita. Questa è vera sapienza, perché le vie del Signore sono perfette e sono per il nostro bene. La vera sapienza riconosce questa realtà, anche quando non capisce il perché di una situazione. La fede in Dio, fa sì che il credente è docile poiché egli sa che Dio non sbaglia mai.
È piena di misericordia: la vera sapienza è piena di misericordia. Mostrare misericordia significa avere riguardo per coloro che soffrono o si trovano in situazioni difficili, e anche essere pronti a perdonare. Dio dimostra tanta misericordia con ciascuno di noi. La vera sapienza riconosce questo fatto, e perciò è piena di misericordia verso gli altri.
È piena di frutti buoni: la sapienza che viene dall’alto è anche piena di frutti buoni. Se la vita di una persona non è piena di frutti buoni, non c'è vera sapienza. Notate nella preghiera di Paolo per i credenti, in Filippesi 1 come la vera conoscenza e il vero discernimento, che fanno parte della sapienza, sono collegati ai frutti della giustizia.
“E per questo prego che il vostro amore abbondi sempre di più in conoscenza e in ogni discernimento, affinché discerniate le cose eccellenti e possiate essere puri e senza macchia per il giorno di Cristo ripieni di frutti di giustizia che si hanno per mezzo di Gesù Cristo, alla gloria e lode di Dio.” (Fil 1:9-11)
Quando cresciamo in vera sapienza, che è anche conoscenza e discernimento, essa ci porta necessariamente ad essere ripieni di frutti di giustizia. Questi frutti portano gloria e lode a Dio. Chi ha la sapienza che viene dall’alto, avrà una vita piena di buoni frutti.
È senza parzialità: la vera sapienza è senza parzialità. Essere parziali vuol dire fare delle distinzioni sbagliate e prendere decisioni per interessi, anziché compiere ciò che è giusto. Dio non usa parzialità, ed è un grave peccato essere parziali. La vera sapienza porta ad essere imparziali in tutti i nostri rapporti.
È senza ipocrisia: infine, la vera sapienza è senza ipocrisia. Non porta una maschera, non fa sembrare una cosa diversa da quella che è. La sapienza terrena spesso cerca di fingere per ottenere qualcosa. Anzi, la sapienza terrena considera molto importante e intelligente essere in grado di nascondere i veri sentimenti e pensieri, per arrivare ad affrontare meglio una situazione. Tale mentalità è veramente diabolica, ed è il contrario dell’amore cristiano. Avere vera sapienza dall’alto vuol dire essere completamente senza ipocrisia. Questo è il comportamento che viene benedetto da Dio.
Quindi, chi ha vera sapienza dall'alto non cerca di sfruttare una situazione per soddisfare i propri interessi, come fa chi ha una sapienza terrena. Piuttosto, chi ha vera sapienza si fida di Dio, sapendo che Egli lo curerà nel migliore dei modi, secondo il suo piano perfetto, per i suoi scopi eterni.
Chi ha la sapienza dall'alto segue Dio in tutto, ed è docile, mite, pieno di misericordia e di buoni frutti. 
Questi sono alcuni dei buoni frutti della sapienza dall'alto.

Il frutto della giustizia

Il v.18 conclude il brano con una verità molta bella.
Or il frutto della giustizia si semina nella pace per quelli che si adoperano alla pace.” (Giacomo 3:18)
La vita di fede, vissuta con la sapienza dall'alto, è una vita ricolma della giustizia di Dio. Questa giustizia produce molto frutto che si semina nella pace. Colui che è pieno di sapienza dall'alto avrà pace con Dio, avrà pace nei suoi rapporti con gli altri, e aiuterà alcuni ad essere in pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo. Chi vive secondo la sapienza dall’alto si adopererà per la pace.
Adoperarsi per la pace vuol dire proclamare e promuovere il Vangelo, perché solamente tramite la salvezza per fede in Gesù si può ottenere pace con Dio e poi pace con gli altri. Se vogliamo portare pace nel mondo, dobbiamo riconoscere che l’unica vera pace deve iniziare dalla pace con Dio, e che l’unico modo di avere la pace con Dio è per mezzo della salvezza in Gesù Cristo. Chi non ha il perdono dei propri peccati non ha pace con Dio, e non potrà mai avere vera pace. Quindi, adoperatevi per la pace, vivete per proclamare il Vangelo di Gesù Cristo. Chi vive così avrà una vita piena del frutto della giustizia e piena di vera pace.

Conclusione

E' chiaro che esiste un contrasto infinito fra quella che il mondo considera sapienza e la vera sapienza, la sapienza che viene dall’alto.
La sapienza del mondo porta a vivere per cercare di stare bene in questa vita, ignorando le realtà eterne, e produce una vita piena di gelosia, contese e tante altre cose malvagie. In realtà, la sapienza terrena è vera stoltezza.
La sapienza dall'alto, invece, è pura e genera mansuetudine, umiltà, e fede in Dio in ogni situazione. Essa produce tanti buoni frutti. Chi ha questa sapienza non cerca di difendersi, ma piuttosto, si adopera al compimento di buone opere e per la pace. 
Capire la distinzione fra la sapienza terrena e la sapienza dall'alto è essenziale, ma è ancora più importante porsi la domanda seguente: quale sapienza stai cercando nella tua vita? Stai cercando di combattere per i tuoi diritti, di difenderti da offese e torti subiti e di fare strada nella vita?
Oppure, ti stai umilmente fidando di Dio, dei Suoi tempi, e della Sua provvidenza, impegnandoti per il bene degli altri e per la gloria di Dio?
Vi esorto a ricercare la sapienza dall'alto, in Cristo Gesù. Umiliatevi, fidatevi di Dio. Non combattete per quelli che vi sembrano i vostri diritti; piuttosto, diventate miti e mansueti, e lasciate che Dio combatta per voi nel suo tempo e nel suo modo. Voi, lottate contro la vostra carne e il vostro peccato. Così, avrete la sapienza dall'alto, con il suo buon frutto. E così conoscerete la pace di Dio!
Questo è possibile per chi ha Gesù Cristo come Salvatore e Signore. Quindi, prima di tutto, cercate Gesù come Salvatore. Poi, seguite le orme di Gesù per vivere giorno per giorno secondo la sua volontà, e quindi con saggezza, finché non vedrete Dio.
di Marco deFelice
 

"Temere il Signore, questo è sapienza, e fuggire il male è intelligenza"
(Giobbe 28:28 )
 
 http://consapevolinellaparola.blogspot.it/2013/04/la-vera-sapienza.html

ciao

per tutti coloro che mi vogliono bene un invito a riflettere

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