per capirci

GIACOMO 1, 2-4

Fratelli, considerate come motivo di gaudio perfetto le diverse prove alle quali voi potete essere esposti, sapendo che la fede messa
alla prova produce la pazienza. E' necessario però che la pazienza compia perfettamente l'opera sua, affinché voi siate pure perfetti ed
integri, senza mancare in niente.(Giacomo 1; 2-4)

Emmanuel

domenica 26 settembre 2010

Amici dei poveri nel cuore di Dio

La parabola del ricco senza nome e del povero Lazzaro è una di quelle pagine che ci portia­mo dentro come sorgente di comportamenti più umani.

Il ricco è senza nome perché si identifica con le sue ric chezze, spesso il denaro di venta come la seconda na tura, la seconda pelle di una persona. Il povero ha il no me dell'amico di Gesù, Laz zaro. Il Vangelo non usa mai dei nomi propri nelle parabole, solo qui fa un'eccezio ne, per dire che ogni povero è un amico di Dio.
«Morì il povero e fu portato nel seno di Abramo, morì il ricco e fu sepolto nell'inferno». In che cosa consiste il peccato del ricco? Nella cul tura del piacere? Negli ec cessi della gola? No. Il suo peccato è l'indifferenza: non un gesto, non una briciola, non una parola al povero Lazzaro. Il vero contrario dell'amore non è l'odio, ma l'indifferenza, per cui l'altro neppure esiste, è solo un'ombra fra i cani. Lazzaro è così vicino da inciampar ci, e il ricco neppure lo vede. Il male più grande che noi possiamo fare è di non fare il bene.
Il povero, è portato in alto; il ricco è sepolto in basso: ai due estremi della società in questa vita, ai due estremi dell'abisso dopo. Allora ca piamo che l'eternità è già iniziata ora, che l'inferno è solo il prolungamento delle nostre scelte senza cuore. Nella parabola Dio non è mai nominato, eppure in tuiamo che era presente, pronto a contare ad una ad una tutte le briciole date al povero Lazzaro, a ricordarle per sempre.
«Ti prego, manda Lazzaro con una goccia d'acqua sul dito (il ricco vede il povero in funzione di se stesso dei suoi interessi) mandalo ad avvisare i miei cinque fratelli...!» «Neanche se vedono un morto tornare si converti ranno!». Non è la morte che conver te, ma la vita stessa. Dio è nella vita. Chi non si è posto il problema di Dio e dei fra telli davanti al mistero ma gnifico e dolente che è la vi ta non se lo porrà nemme no davanti al mistero più piccolo che è la morte.
Non sono i miracoli o le vi sioni a cambiare il cuore. Non c'è miracolo che valga il grido dei poveri: sono pa rola di Dio e carne di Dio: «qualsiasi cosa avete fatto a uno di questi piccoli l'avete fatto a me!» Nella loro fame è Dio che ha fame, nelle lo ro piaghe è Dio che è piaga to. La terra è piena di Lazza ri. Cerchi Dio? Non è nel ric co, benedetto nella sua pro sperità; è nel piccolo, nello straniero, nel più piagato. È lì dove un uomo non ha at torno a sé nessuno, se non dei cani. Lì dove io ho pau ra di essere, Lui c'è. Se Gesù dà al povero il nome del suo amico Lazzaro, ogni povero abbia anche per me un no me d'amico.

padre Ermes Ronchi

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